Ordinanza n. 212 del 2005

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ORDINANZA N. 212

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Piero Alberto              CAPOTOSTI                         Presidente

- Guido                         NEPPI MODONA                   Giudice

- Annibale                     MARINI                                       "

- Franco                         BILE                                             "

- Giovanni Maria           FLICK                                          "

- Francesco                    AMIRANTE                                 "

- Ugo                             DE SIERVO                                 "

- Romano                      VACCARELLA                           "

- Paolo                           MADDALENA                            "

- Alfio                           FINOCCHIARO                          "

- Franco                         GALLO                                        "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 109, comma 1, del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale di Velletri, sezione distaccata di Albano Laziale, nel procedimento penale a carico di N. M., con ordinanza del 30 ottobre 2003, iscritta al n. 562 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 2004.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 20 aprile 2005 il Giudice relatore Francesco Amirante.

Ritenuto che nel corso di un procedimento penale a carico di un cittadino rumeno il Tribunale di Velletri, sezione distaccata di Albano Laziale, ha sollevato, in riferimento all’art. 111, terzo comma, della Costituzione, due questioni di legittimità costituzionale dell’art. 109, comma 1, del codice di procedura penale;

che il giudice a quo – dopo aver affermato che il difensore dell’imputato «ha eccepito la nullità del decreto di citazione a giudizio osservando che né il decreto, né l’avviso di conclusione delle indagini preliminari sono stati tradotti in lingua rumena o in altra lingua» compresa dall’imputato medesimo, fondando l’eccezione sull’art. 111, terzo comma, Cost., e sull’art. 6, terzo comma, lettera a), della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (ratificata con legge 4 agosto 1955, n. 848) – osserva che la legge non include tra le cause di nullità la mancata traduzione degli atti del procedimento penale in una lingua compresa dall’imputato, così come non prevede alcun obbligo di accertamento preventivo circa la comprensione o meno, da parte del medesimo, della lingua italiana;

che in base a tali rilievi il Tribunale ritiene rilevanti e non manifestamente infondate due questioni relative all’art. 109, comma 1, cod. proc. pen.: la prima riguardante la norma nella parte in cui «non prevede che siano nulli gli atti del procedimento penale compiuti in lingua italiana ove l’imputato straniero non la comprenda»; la seconda attinente alla «parte in cui non prevede che, a tale scopo, fin dal primo atto del procedimento lo straniero sia interpellato circa la conoscenza o meno della lingua italiana»;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo la manifesta infondatezza della questione.

Considerato che il Tribunale di Velletri, sezione distaccata di Albano Laziale, ha sollevato, in riferimento all’articolo 111, terzo comma, della Costituzione, due questioni di legittimità costituzionale concernenti l’art. 109, comma 1, cod. proc. pen.: la prima, in quanto non prevede la nullità degli atti del procedimento penale compiuti in lingua italiana, ove l’imputato straniero non la comprenda; la seconda, perché non prevede che, fin dal primo atto del procedimento, lo straniero sia interpellato allo scopo di accertare l’eventuale mancata conoscenza della lingua italiana;

che il giudice remittente espone come, nel corso di un procedimento penale a carico di un cittadino rumeno, il difensore dell’imputato abbia dedotto la nullità del decreto di citazione a giudizio rilevando la mancata traduzione in rumeno o in altra lingua conosciuta dall’imputato del decreto stesso e dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari;

che il giudice remittente espone altresì che il difensore dell’imputato ha evocato l’art. 6, terzo comma, lettera a), della legge 4 agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale firmato a Parigi il 20 marzo 1952), nonché l’art. 111, terzo comma, della Costituzione;

che entrambe le questioni sono manifestamente inammissibili per carenza di motivazione;

che riguardo alla seconda (mancata previsione dell’interpello dell’imputato), la descrizione della fattispecie è incompleta, poiché l’ordinanza non riferisce se vi siano stati altri atti del processo e se l’imputato abbia eventualmente fruito dell’assistenza di un interprete (art. 143 cod. proc. pen.), né le ragioni ostative per il giudice a quo all’interpello dell’imputato o all’accertamento, con altri mezzi, se questi conoscesse o meno la lingua italiana;

che, per quanto concerne la prima questione, la rilevanza è eventuale e subordinata all’accertamento della mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputato;

che, pertanto, le questioni vengono proposte in modo astratto e senza pertinenti riferimenti al giudizio a quo;

che manca altresì una motivazione congrua sulla non manifesta infondatezza di entrambe, dal momento che l’ordinanza si limita a indicare il parametro che assume violato, senza alcuna ulteriore esplicitazione delle ragioni di doglianza.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 109, comma 1, del codice di procedura penale sollevate, in riferimento all’art. 111, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Velletri, sezione distaccata di Albano Laziale, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2005.

Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente

Francesco AMIRANTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 26 maggio 2005.