Sentenza n. 201 del 2005

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 201

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Fernanda                   CONTRI                       Presidente

-  Guido                        NEPPI MODONA         Giudice

-  Piero Alberto             CAPOTOSTI                     “

-  Annibale                    MARINI                            “

-  Franco                       BILE                                  “

-  Giovanni Maria         FLICK                               “

-  Francesco                  AMIRANTE                      “

-  Ugo                           DE SIERVO                      “

-  Romano                     VACCARELLA                “

-  Paolo                         MADDALENA                 “

-  Alfio                          FINOCCHIARO               “

-  Alfonso                     QUARANTA                    “

-  Franco                       GALLO                             “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 1, commi 1, 4 e 5, del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195 (Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari), convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2002, n. 222, promosso con ricorso della Provincia autonoma di Bolzano, notificato l’11 dicembre 2002, depositato in cancelleria il 19 successivo ed iscritto al n. 94 del registro ricorsi 2002.

  Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nell’udienza pubblica del 22 febbraio 2005 il Giudice relatore Franco Gallo;

  uditi gli avvocati Salvatore Alberto Romano e Roland Riz per la Provincia autonoma di Bolzano e l’avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato al Presidente del Consiglio dei ministri l’11 dicembre 2002 e depositato il 19 dicembre 2002, la Provincia autonoma di Bolzano ha proposto questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, commi 1, 4 e 5, del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195 (Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari), convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2002, n. 222, per violazione delle competenze provinciali di cui agli articoli 9, numeri 4 e 5, 10 e 16 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), agli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 280 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di disciplina delle commissioni comunali e provinciali per il collocamento al lavoro), agli articoli 3 e 4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 gennaio 1980, n. 197 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione in materia di igiene e sanità approvate con decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474), nonché all’articolo 117 della Costituzione, in relazione all’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).

1.1. – La Provincia ricorrente sostiene che la normativa denunciata, in quanto applicabile su tutto il territorio nazionale, attribuisce alle prefetture (le cui funzioni sono esercitate nella Provincia stessa dal Commissario del Governo, in base all’art. 87 dello statuto speciale) «funzioni assai rilevanti in materia di collocamento e di instaurazione di rapporti di lavoro con le imprese degli extracomunitari».

Espone la ricorrente che tali norme stabiliscono: a) che le imprese aventi alle loro dipendenze lavoratori extracomunitari in posizione irregolare nei tre mesi precedenti all’entrata in vigore del decreto-legge possono denunciare entro l’11 novembre 2002 la sussistenza dei rapporti di lavoro irregolari alla Prefettura-Ufficio territoriale del Governo competente per territorio, mediante la presentazione di una dichiarazione (comma 1 dell’articolo 1 del decreto-legge); b) che la Prefettura-Ufficio territoriale del Governo tiene un registro informatizzato di coloro che hanno presentato le dichiarazioni e dei lavoratori extracomunitari ai quali le dichiarazioni si riferiscono e verifica l’ammissibilità e la ricevibilità delle stesse, comunicandole al “centro per l’impiego” competente per territorio, mentre la Questura accerta se sussistono motivi ostativi all’eventuale rilascio del permesso di soggiorno per un anno (comma 4); c) che, successivamente, la Prefettura-Ufficio territoriale del Governo invita le parti a presentarsi per stipulare il “contratto di soggiorno” per lavoro subordinato e per il contestuale rilascio del permesso di soggiorno (comma 5).

1.2. – La ricorrente delinea, quindi, il quadro delle proprie competenze legislative nel periodo anteriore alla riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, richiamando lo statuto speciale, che riconosce alle Province autonome una competenza concorrente in materia di «apprendistato, libretti di lavoro, categorie e qualifiche dei lavoratori» (articolo 9, numero 4) e in materia di «costituzione e funzionamento di commissioni comunali e provinciali di controllo sul collocamento» (articolo 9, numero 5) e riconosce anche una competenza legislativa integrativa in materia di «collocamento e avviamento al lavoro, con facoltà di avvalersi – fino alla costituzione dei propri uffici – degli uffici periferici del Ministero del lavoro per l’esercizio dei poteri amministrativi connessi con le potestà legislative spettanti alle Province stesse in materia di lavoro» (articolo 10). A tali competenze legislative si aggiungerebbero le corrispondenti competenze amministrative – in base al principio del parallelismo espresso dall’art. 16 dello stesso statuto – e le ulteriori competenze amministrative delegate dallo Stato.

Sempre con riferimento al periodo precedente alla riforma del titolo V, la Provincia ricorrente richiama le norme di attuazione dello statuto relativamente alle competenze provinciali in materia di collocamento (d.P.R. 22 marzo 1974, n. 280), alla delega di funzioni amministrative statali in materia di vigilanza e tutela del lavoro (d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197), articolo 3, primo comma, e d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, recante “Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità”, articolo 3, numero 12), al trasferimento alla Provincia autonoma dell’ispettorato provinciale del lavoro (d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197, articolo 4).

La stessa ricorrente menziona, inoltre, le norme istitutive di uffici per l’esercizio delle competenze amministrative di cui sopra (articolo 9 ed allegato A, punto 19, della legge provinciale 23 aprile 1992, n. 10, recante norme sul “Riordinamento della struttura dirigenziale della Provincia autonoma di Bolzano”, ed allegato 1, punto 19, del decreto del Presidente della Giunta provinciale 25 giugno 1996, n. 21).

1.3. – Il ricorso delinea, poi, il quadro delle competenze provinciali con riferimento al periodo successivo alla riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, richiamando l’articolo 117, terzo comma, Cost., che attribuisce alla competenza legislativa concorrente la materia della tutela e sicurezza del lavoro, dalla ricorrente intesa come comprensiva dei servizi per l’impiego e l’inserimento dei lavoratori nelle aziende.

Sostiene la Provincia autonoma che la competenza riconosciuta dalle norme denunciate non può essere fatta rientrare nella materia dell’ordinamento civile, di competenza esclusiva dello Stato, né nelle altre materie attribuite alla Provincia dallo statuto, ma, per la parte non compresa nella “tutela e sicurezza del lavoro”, deve ritenersi riconducibile alla competenza residuale generale di cui al quarto comma dell’art. 117 Cost., in base al meccanismo fissato dall’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.

Le competenze relative all’instaurazione di regolari rapporti di lavoro degli extracomunitari rientrano, ad avviso della ricorrente, nel complesso delle competenze legislative e amministrative provinciali, precedentemente in parte delegate alla Provincia, ma ormai divenute interamente proprie della stessa, a seguito della citata riforma del titolo V. Tale ricostruzione sarebbe confermata dall’assetto normativo delineato dal comma 1 della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), che ha introdotto nell’art. 22 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), il comma 16, il quale farebbe salve le competenze spettanti alla Provincia autonoma in materia di instaurazione dei rapporti di lavoro dei lavoratori stranieri. La ricorrente sostiene che, proprio per l’esistenza di tali competenze provinciali, i contratti di soggiorno per lavoro subordinato di cui agli articoli 5-bis e 22 del citato d.lgs. n. 286 del 1998 sono sempre stati sottoscritti non presso gli uffici del Commissario del Governo, ma presso gli uffici della Provincia (e, in particolare, presso la Ripartizione XIX – Ufficio del lavoro, le cui competenze sono indicate dal menzionato allegato 1, punto 19, del decreto del Presidente della Giunta provinciale 25 giugno 1996, n. 21).

Secondo la Provincia, tale assetto di competenze amministrative è stato illegittimamente modificato dalla normativa statale denunciata, che le ha sottratto le funzioni relative alla stipula dei contratti di lavoro degli extracomunitari in posizione irregolare e le funzioni strettamente connesse.

1.4. – Nella parte finale del ricorso, si osserva, con riferimento al denunciato comma 1 dell’art. 1 del d.l. n. 195 del 2002, che «la legge statale (se competente) avrebbe quanto meno dovuto […] prevedere […] che tali denunce, finalizzate alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro, fossero presentate presso il competente ufficio dell’amministrazione della Provincia». Analoghi rilievi di incostituzionalità, relativi all’attribuzione delle competenze ad uffici statali anziché ad uffici provinciali, sono proposti con riferimento agli altri due commi denunciati.

2. – Si è costituita l’Avvocatura generale dello Stato, per il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo il rigetto del ricorso.

Sostiene l’Avvocatura che il decreto-legge n. 195 del 2002 disciplina il lavoro degli extracomunitari con specifico riferimento alla legalizzazione di posizioni irregolari di soggetti immigrati clandestinamente. Ciò è confermato dal fatto che il procedimento di regolarizzazione contiene un subprocedimento di competenza della Questura, per l’accertamento della sussistenza dei requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno (art. 1, comma 4, ultimo periodo), che è condizione essenziale per la stipula del contratto di lavoro (art. 1, comma 5).

Non vale, pertanto, ad avviso dell’Avvocatura, il parallelismo richiamato dalla ricorrente fra la disciplina denunciata e l’art. 22 del decreto legislativo n. 286 del 1998, come integrato dalla legge n. 189 del 2002, che si riferisce non alla regolarizzazione dell’immigrazione clandestina, ma semplicemente alla stipula di contratti di lavoro di stranieri già regolarmente residenti in Italia.

L’Avvocatura osserva, in conclusione, che le norme oggetto del ricorso devono essere inquadrate nella materia dell’immigrazione, riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato dall’art. 117, comma secondo, lettera b), Cost.

3. – Con successiva memoria, la stessa Avvocatura precisa che la disciplina censurata rientra anche nella materia della “condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea”, riservata allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost.

4. – Con memoria depositata nell’imminenza dell’udienza, la Provincia autonoma contesta la riconducibilità della disciplina denunciata alla materia dell’immigrazione.

4.1. – In primo luogo, ad avviso della ricorrente, la finalità del decreto-legge contenente le norme denunciate non è il controllo del fenomeno migratorio, ma la regolarizzazione dei rapporti di lavoro sommersi, per realizzare la massima estensione delle garanzie previste per tutti i lavoratori. Il fatto che il decreto-legge in questione riguardi i lavoratori extracomunitari irregolari non escluderebbe, ma semmai confermerebbe che le norme denunciate debbono essere ricondotte all’àmbito materiale della tutela del lavoro anziché a quello dell’immigrazione, anche in forza dell’applicazione del criterio della prevalenza della finalità perseguita, enunciato da ultimo dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 50 del 2005.

4.2. – In secondo luogo, la Provincia nega che, ai fini dell’individuazione della materia cui ricondurre la disciplina oggetto di causa, possa avere rilievo la competenza della Questura per il rilascio del permesso di soggiorno, prevista dal denunciato comma 4. Infatti, tale competenza, che non ha a che vedere con la finalità principale del decreto-legge, deve essere ascritta alla materia dell’immigrazione e deve essere esclusa dall’ambito del giudizio di legittimità costituzionale, limitato «ai profili legati all’attività della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo, proprio perché è dall’affidamento ad essa dei compiti legati alla procedura di regolarizzazione del lavoro irregolare degli extracomunitari che discende il vulnus per le competenze provinciali».

Considerato in diritto

1. – La Provincia autonoma di Bolzano ha proposto questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, commi 1, 4 e 5, del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195 (Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari), convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2002, n. 222, per violazione delle competenze provinciali di cui agli articoli 9, numeri 4 e 5, 10 e 16 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, recante “Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige”), alle correlative norme di attuazione di tale statuto (articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 280, recante “Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di disciplina delle commissioni comunali e provinciali per il collocamento al lavoro”; articoli 3 e 4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 gennaio 1980, n. 197, recante “Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione in materia di igiene e sanità approvate con decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474”), nonché all’articolo 117 della Costituzione, in relazione all’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).

La ricorrente muove dall’identificazione delle competenze legislative riconosciutele dallo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, da un lato, e dal nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione, dall’altro.

A tal fine richiama, innanzi tutto, il citato statuto speciale, che, oltre a conferirle una competenza concorrente con quella statale in materia di «apprendistato, libretti di lavoro, categorie e qualifiche dei lavoratori» (articolo 9, numero 4) e di «costituzione e funzionamento di commissioni comunali e provinciali di controllo sul collocamento» (articolo 9, numero 5), le affida una competenza legislativa integrativa in materia di «collocamento e avviamento al lavoro, con facoltà di avvalersi – fino alla costituzione dei propri uffici – degli uffici periferici del Ministero del lavoro per l’esercizio dei poteri amministrativi connessi con le potestà legislative spettanti alle Province stesse in materia di lavoro» (articolo 10). A queste competenze legislative si aggiungerebbero le corrispondenti competenze amministrative – in base al principio del parallelismo espresso dall’art. 16 dello stesso statuto – e le ulteriori competenze amministrative delegate dallo Stato.

La Provincia menziona, poi, le competenze legislative che le derivano dall’articolo 117, comma terzo, Cost., nella formulazione introdotta dal nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione, che prevede la competenza legislativa concorrente con lo Stato nella materia della tutela e sicurezza del lavoro, comprensiva dei servizi per l’impiego e l’inserimento dei lavoratori nelle aziende.

Secondo la ricorrente, tale complessiva ricostruzione sarebbe confermata dall’assetto normativo delineato dall’art. 18, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), che ha introdotto nell’art. 22 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) il comma 16, in base al quale sono fatte salve le competenze spettanti alla Provincia autonoma in materia di instaurazione dei rapporti di lavoro dei lavoratori stranieri. Del resto, prosegue la Provincia, proprio per l’esistenza di tali competenze provinciali, i contratti di soggiorno per lavoro subordinato di cui agli articoli 5-bis e 22 del citato decreto legislativo n. 286 del 1998 sono sempre stati sottoscritti presso gli uffici della Provincia stessa e non presso gli uffici del Commissario del Governo.

Ad avviso della Provincia ricorrente, dunque, le norme censurate ledono le descritte competenze provinciali, perché attribuiscono alle prefetture (le cui funzioni sono esercitate nelle Province autonome dal Commissario del Governo, in base all’art. 87 dello statuto speciale) còmpiti rilevanti in materia di collocamento e di instaurazione di rapporti di lavoro degli extracomunitari, prevedendo: a) che le imprese aventi alle loro dipendenze lavoratori extracomunitari in posizione irregolare possono denunciare la sussistenza dei rapporti di lavoro irregolari alla Prefettura-Ufficio territoriale del Governo competente per territorio, mediante la presentazione di una dichiarazione (comma 1 dell’articolo 1 del decreto-legge); b) che la Prefettura-Ufficio territoriale del Governo tiene un registro informatizzato di coloro che hanno presentato le dichiarazioni e dei lavoratori extracomunitari ai quali le dichiarazioni si riferiscono e verifica l’ammissibilità e la ricevibilità delle stesse, dandone comunicazione al “centro per l’impiego” competente per territorio, mentre la Questura accerta se sussistono motivi ostativi all’eventuale rilascio del permesso di soggiorno per un anno (comma 4 dell’art. 1); c) che, successivamente, la Prefettura-Ufficio territoriale del Governo invita le parti a presentarsi per stipulare il “contratto di soggiorno” per lavoro subordinato e per il contestuale rilascio del permesso di soggiorno (comma 5 dello stesso articolo).

2. – La questione, in riferimento ai profili prospettati, non è fondata.

La normativa censurata va ricondotta alla materia dell’immigrazione, riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera b), della Costituzione e non contemplata tra le attribuzioni statutarie della Provincia ricorrente.

2.1. – I commi 1, 4 e 5 dell’art. 1 del d.l. n. 195 del 2002, sia per la parte denunciata (relativa alle competenze della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo) che per quella non denunciata (relativa alle competenze della Questura), disciplinano un particolare procedimento di legalizzazione del lavoro irregolare degli immigrati extracomunitari per i casi di mancanza od invalidità del permesso di soggiorno, senza incidere né sulla disciplina generale della regolarizzazione del lavoro in quanto tale, né sulle sopra indicate competenze legislative statutarie. In particolare, il comma 1 disciplina la prima fase del suddetto procedimento, attribuendo alla Prefettura-Ufficio territoriale del Governo la competenza a ricevere le dichiarazioni con le quali le imprese, aventi alle loro dipendenze lavoratori extracomunitari in posizione irregolare, denunciano la sussistenza dei rapporti di lavoro irregolari. Il comma 4, poi, regola una successiva fase, prevedendo la verifica, da parte della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo, dell’ammissibilità e ricevibilità di dette dichiarazioni e l’accertamento, da parte della Questura, della sussistenza di motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno per un anno. Il comma 5 disciplina la fase finale del procedimento, attribuendo alla stessa Prefettura-Ufficio territoriale del Governo il compito di convocare le parti presso di sé per stipulare il “contratto di soggiorno” per lavoro subordinato e per ottenere il contestuale rilascio del permesso di soggiorno.

L’esame congiunto di tali norme rende evidente che esse delineano un procedimento unitario, volto, attraverso il coessenziale apporto delle competenze di due organi dell’amministrazione periferica dello Stato (la Prefettura-Ufficio territoriale del Governo e la Questura), a disciplinare il soggiorno dei lavoratori clandestini extracomunitari ed a legalizzarne contestualmente il lavoro; e dunque a regolare aspetti caratteristici della materia dell’immigrazione, di esclusiva competenza legislativa dello Stato.

È appena il caso di sottolineare che le attività di controllo affidate alla Questura si correlano inscindibilmente, nell’àmbito dell’unità funzionale del descritto procedimento, a quelle affidate alla Prefettura-Ufficio territoriale del Governo, rendendo del tutto irrilevante la circostanza – sulla quale, invece, si insiste nel ricorso – che la Provincia autonoma abbia censurato solo le norme relative alla competenza della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo e non anche quelle relative alla competenza della Questura.

2.2. – La riconducibilità delle disposizioni censurate alla materia dell’immigrazione è ulteriormente evidenziata dal fatto che esse si inseriscono organicamente in un più ampio contesto normativo riguardante tale materia, costituito sia dalle altre norme non denunciate contenute nel d.l. n. 195 del 2002, sia, soprattutto, dal decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

Quanto al d.l. n. 195 del 2002, è sufficiente considerarne l’art. 2, che regola particolari aspetti della disciplina del soggiorno degli immigrati, quali quelli relativi ai provvedimenti di allontanamento o di espulsione dei lavoratori extracomunitari (commi 1 e 2) ed ai rilievi fotodattiloscopici di questi ultimi (comma 3).

Quanto al collegamento con il t.u. delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione, va rilevato che il comma 3 dell’articolo 1 del citato decreto-legge connette espressamente tutta la materia disciplinata dallo stesso articolo 1 (e, quindi, anche i commi denunciati) alla regolamentazione generale dell’immigrazione. Esso – attraverso il rinvio al combinato disposto degli artt. 5-bis e 22 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione – stabilisce, infatti, che il “contratto di soggiorno” per lavoro subordinato a tempo indeterminato e il contratto di lavoro di durata non inferiore ad un anno debbono essere stipulati presso lo sportello unico per l’immigrazione istituito nell’àmbito della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo e debbono contenere, quali condizioni per il rilascio di un valido permesso di soggiorno, proprio quelle clausole richieste dal testo unico per soddisfare l’esigenza, tipicamente pubblicistica, di regolare le condizioni del soggiorno e del rientro in patria dell’immigrato e di facilitare i relativi controlli (clausole che hanno ad oggetto «la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio per il lavoratore» e «l’impegno al pagamento da parte del datore di lavoro delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel paese di provenienza» – art. 5-bis, comma 1, rispettivamente lettere a e b).

Né vale a radicare in capo alla Provincia autonoma la competenza in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari il fatto che, in forza del comma 16 del citato art. 22 del testo unico, la suddetta disciplina dei contratti di lavoro degli immigrati è applicabile «alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome ai sensi degli statuti e delle relative norme di attuazione». Quest’ultima espressione, in qualunque modo interpretata, non può in ogni caso essere intesa come attributiva di nuove competenze legislative alla Provincia autonoma; e ciò per l’essenziale rilievo che essa è inserita in un atto avente forza di legge ordinaria – il d.lgs. n. 286 del 1998, recante il più volte citato testo unico – pertanto inidoneo ad integrare le competenze legislative previste dallo statuto speciale o a derogare all’art. 117, secondo comma, lettera b), Cost.

2.3. – Aver ricompreso la normativa denunciata nella materia dell’immigrazione, di esclusiva competenza legislativa dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera b), Cost., preclude, ovviamente, ogni diretta incidenza della stessa normativa nella materia della tutela del lavoro, riservata dal terzo comma dello stesso articolo alla potestà legislativa concorrente delle regioni ad autonomia ordinaria.

2.4. – Deve altresì escludersi la competenza legislativa statutaria invocata dalla Provincia ricorrente, in quanto gli àmbiti settoriali ai quali quest’ultima riporta la normativa denunciata («apprendistato, libretti di lavoro, categorie e qualifiche dei lavoratori», di cui all’articolo 9, numero 4, dello statuto; «costituzione e funzionamento di commissioni comunali e provinciali di controllo sul collocamento», di cui all’articolo 9, numero 5, dello statuto ed agli artt. 2 e 3 del d.P.R. n. 280 del 1974; «collocamento e avviamento al lavoro», di cui all’articolo 10 dello statuto; ispezione del lavoro, di cui agli artt. 3 e 4 del d.P.R. n. 197 del 1980) sono riconducibili alla materia della tutela del lavoro e del rapporto di lavoro in quanto tale (ordinamento civile), non certo a quella della regolarizzazione del lavoro degli immigrati extracomunitari, attinente, per le già esposte ragioni, all’immigrazione.

2.5. – Neppure sussiste la competenza legislativa residuale di cui all’art. 117, quarto comma, Cost. invocata dalla ricorrente, limitatamente alla (non meglio precisata) materia «non […] ricompresa nella competenza […] relativa alla “tutela e sicurezza del lavoro”», con riferimento alla “clausola” di maggior favore prevista in via transitoria dall’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. L’accertata esclusiva competenza legislativa dello Stato, infatti, non solo vieta che le norme denunciate rientrino nella competenza residuale, ma non consente in alcun modo, in materia di immigrazione, di effettuare la comparazione richiesta dal citato art. 10 tra le forme di autonomia garantite dalla Costituzione e quelle statutarie.

2.6. – Va, infine, esclusa la denunciata interferenza tra la disciplina censurata e le competenze amministrative riconosciute alla Provincia ricorrente dall’articolo 16 dello statuto speciale. Tale norma, che pone un necessario parallelismo fra competenze legislative e competenze amministrative, non è infatti operante per la rilevata mancanza di competenze legislative statutarie della Provincia in materia di immigrazione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, commi 1, 4 e 5, del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195 (Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari), convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2002, n. 222, sollevata – in riferimento agli articoli 9, numeri 4 e 5, 10 e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), agli articoli 2 e 3 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 280 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di disciplina delle commissioni comunali e provinciali per il collocamento al lavoro), agli articoli 3 e 4 del d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione in materia di igiene e sanità approvate con decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474), nonché all’articolo 117 della Costituzione in relazione all’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) – dalla Provincia autonoma di Bolzano con il ricorso in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2005.

Fernanda CONTRI, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 26 maggio 2005.