Ordinanza n. 182 del 2005

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ORDINANZA N. 182

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Fernanda                CONTRI                                     Presidente

- Piero Alberto          CAPOTOSTI                              Giudice

- Guido                     NEPPI MODONA                      "

- Annibale                 MARINI                                     "

- Franco                    BILE                                           "

- Giovanni Maria      FLICK                                         "

- Francesco               AMIRANTE                               "

- Romano                  VACCARELLA                         "

- Paolo                      MADDALENA                          "

- Alfio                       FINOCCHIARO                        "

- Alfonso                  QUARANTA                              "

- Franco                    GALLO                                       "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 13, commi 3 e 5-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), promosso con ordinanza del 25 novembre 2002 dal Tribunale di Catania nel procedimento relativo a L.Q.M.L., iscritta al n. 231 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2004.

Udito nella camera di consiglio del 9 marzo 2005 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Ritenuto che con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Catania ha sollevato, in riferimento agli artt. 13 e 24 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale:

a) dell’art. 13, comma 5-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), introdotto dall’art. 2 del decreto-legge 4 aprile 2002, n. 51 (Disposizioni urgenti recanti misure di contrasto all’immigrazione clandestina e garanzie per soggetti colpiti da accompagnamento alla frontiera), convertito, con modificazioni, in legge 7 giugno 2002, n. 106, nella parte in cui prevede che il provvedimento con il quale è disposto l’accompagnamento coattivo dello straniero alla frontiera è «immediatamente esecutivo», in luogo di prevedere che esso è esecutivo solo dopo la convalida del giudice;

b) del «combinato disposto» dei commi 3 e 5-bis dell’art. 13 del decreto legislativo n. 286 del 1998, nella parte in cui il comma 3 prevede che il decreto di espulsione in esecuzione del quale viene adottato l’ordine di accompagnamento coattivo è «immediatamente esecutivo», in luogo di prevedere che esso è esecutivo solo dopo il decorso del termine per la sua impugnazione o il rigetto dell’impugnazione medesima;

che il giudice a quo premette di essere investito della richiesta di convalida, ex art. 13, comma 5-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998, di un decreto emesso dal questore di Catania il 21 novembre 2002, con il quale era stato disposto l’accompagnamento alla frontiera di una cittadina colombiana, colpita da provvedimento di espulsione adottato dal prefetto in pari data ai sensi del comma 2, lettera a), dello stesso art. 13;

che la richiesta di convalida era stata peraltro depositata alle ore 11,40 del 22 novembre 2002, allorché il decreto da convalidare era stato già eseguito, essendo l’accompagnamento alla frontiera avvenuto tramite imbarco su un aereo partito alle ore 10,10 dello stesso giorno;

che, di conseguenza, il giudizio di convalida appariva ormai del tutto inutile: e ciò quantunque esso fosse verosimilmente destinato a concludersi in senso negativo, stante il difetto di qualsiasi prova circa la sussistenza dei requisiti per l’adozione del provvedimento in questione;

che, ciò premesso, il rimettente rileva come il comma 5-bis dell’art. 13 del d.lgs. n. 286 del 1998 – che prevede la comunicazione, entro quarantotto ore, al tribunale in composizione monocratica, del provvedimento con il quale è disposto l’accompagnamento alla frontiera, per la sua convalida nelle quarantotto ore successive, ove ne sussistano i requisiti – sia stato introdotto dall’art. 2 del decreto-legge n. 51 del 2002, convertito, con modificazioni, in legge n. 106 del 2002, al fine di assicurare il rispetto dell’art. 13 Cost., la cui violazione ad opera del d.lgs. n. 286 del 1998 era apparsa evidente dopo la sentenza di questa Corte n. 105 del 2001;

che, tuttavia, la disciplina introdotta con il citato comma 5-bis rispetterebbe solo formalmente il disposto dell’art. 13 Cost., mentre nella sostanza svuoterebbe di significato la garanzia da esso prefigurata: prevedendo, infatti, l’immediata esecutività del provvedimento, e consentendo al questore di comunicarlo all’autorità giudiziaria per la convalida entro quarantotto ore dall’adozione, la norma censurata farebbe sì che il provvedimento stesso possa essere sottoposto al controllo del giudice quando è già stato eseguito, col risultato di rendere del tutto priva di effetti la mancata convalida;

che risulterebbe altresì compromesso l’art. 24 Cost., giacché quello stesso diritto di difesa che – secondo quando affermato da questa Corte con sentenza n. 198 del 2000 – compete allo straniero, ancorché presente illegalmente sul territorio nazionale, nei confronti del provvedimento di espulsione, non potrebbe non essergli riconosciuto anche in rapporto al giudizio di convalida del decreto di accompagnamento coattivo alla frontiera;

che si dovrebbe inoltre dubitare anche della legittimità costituzionale del comma 3 dell’art. 13 del d.lgs. n. 286 del 1998, nella parte in cui dispone che il decreto di espulsione è, come l’ordine di accompagnamento coattivo, provvisoriamente esecutivo;

che se, infatti, il controllo di legittimità sull’ordine di accompagnamento coattivo deve estendersi alla sussistenza dei suoi presupposti, il giudice della convalida dell’accompagnamento dovrebbe poter verificare l’esistenza di un decreto di espulsione legittimo;

che è ben vero che il decreto di espulsione è soggetto ad un controllo giurisdizionale distinto ed autonomo rispetto a quello inerente al provvedimento di accompagnamento coattivo: ma in un sistema che consente – come nel caso oggetto del giudizio a quo – di notificare congiuntamente allo straniero decreto di espulsione e ordine di accompagnamento coattivo, eseguendo quest’ultimo a poche ore di distanza dalla notifica, nessun valore presuntivo potrebbe di fatto attribuirsi alla mancata attivazione della procedura di impugnazione;

che rimarrebbe di conseguenza da stabilire come il giudice possa valutare la legittimità di un accompagnamento coattivo alla frontiera fondato su un decreto di espulsione in ordine al quale il destinatario non ha avuto – a fronte della immediata eseguibilità di entrambi i provvedimenti e delle concrete modalità con cui essi sono stati in fatto eseguiti – alcuna possibilità di formulare rilievi;

che in base al terzo comma dell’art. 13 Cost., d’altro canto, la legge può attribuire all’autorità di pubblica sicurezza il potere di adottare provvedimenti provvisori in materia di libertà personale, soggetti a convalida da parte dell’autorità giudiziaria, solo «in casi eccezionali di necessità ed urgenza»: mentre nessuna necessità ed urgenza potrebbe ravvisarsi nelle ipotesi oggetto della disciplina censurata, dato che non ogni straniero può essere ritenuto, in quanto tale, pericoloso per la pubblica sicurezza;

che sotto diverso profilo, poi, il meccanismo procedurale previsto dal terzo comma dell’art. 13 Cost. potrebbe essere efficacemente adottato solo in rapporto a provvedimenti dei quali possa essere ipotizzata tanto l’esecuzione provvisoria che l’utile revoca;

che, per converso, l’espulsione dello straniero non presenterebbe né l’una né l’altra caratteristica, perché esaurisce i suoi effetti con l’esecuzione stessa, la quale determina, a sua volta, una situazione irreversibile, e dalle conseguenze tanto più gravi allorché l’espulso invocasse a sostegno della sua pretesa di rimanere nel territorio dello Stato fatti idonei a fondare il diritto all’asilo o al riconoscimento dello status di rifugiato;

che quanto, infine, alla rilevanza della questione, essa discenderebbe dal fatto che, in caso di accoglimento, il giudizio a quo si concluderebbe – anziché con un inutile rigetto della richiesta di convalida – con una dichiarazione di «non luogo a provvedere» per impossibilità di una decisione «efficace».

Considerato che, successivamente all’ordinanza di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 222 del 2004, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 13, comma 5-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, introdotto dall’art. 2 del decreto-legge 4 aprile 2002, n. 51, convertito, con modificazioni, in legge 7 giugno 2002, n. 106, nella parte in cui non prevede che il giudizio di convalida debba svolgersi in contraddittorio prima dell’esecuzione del provvedimento di accompagnamento alla frontiera, con le garanzie della difesa;

che, di seguito a tale pronuncia, l’art. 1, comma 1, del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241 (Disposizioni urgenti in materia di immigrazione), convertito, con modificazioni, in legge 12 novembre 2004, n. 271, ha sostituito il citato comma 5-bis dell’art. 13 del d.lgs. n. 286 del 1998, prevedendo che il provvedimento con il quale è disposto l’accompagnamento dello straniero alla frontiera deve essere comunicato immediatamente, e comunque entro quarantotto ore dalla sua adozione, al giudice di pace territorialmente competente; che l’esecuzione del provvedimento del questore di allontanamento dal territorio nazionale è sospesa fino alla decisione sulla convalida; che l’udienza di convalida si svolge in camera di consiglio, con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito; che l’interessato è anch’esso tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene udienza;

che gli atti vanno quindi restituiti al giudice a quo per un nuovo esame della rilevanza alla luce del mutato quadro normativo.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Catania.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 maggio 2005.

F.to:

Fernanda CONTRI, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2005.