Sentenza n. 156 del 2005

 

ORDINANZA N. 156

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME  DEL  POPOLO  ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Fernanda   CONTRI                                                   Presidente

-  Guido        NEPPI MODONA                                    Giudice

-  Piero Alberto      CAPOTOSTI                                            ”

-  Annibale    MARINI                                                            ”

-  Franco       BILE                                                                  ”

-  Giovanni Maria  FLICK                                                      ”

-  Francesco  AMIRANTE                                                      ”

-  Ugo           DE SIERVO                                                      ”

-  Romano     VACCARELLA                                                ”

-  Paolo         MADDALENA                                                 ”

-  Alfio          FINOCCHIARO                                                ”

-  Alfonso     QUARANTA                                                     ”

-  Franco       GALLO                                                              ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 3, commi 1 e 2, del decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198 (Disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443) promossi con due ordinanze del 10 gennaio 2003 dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sui ricorsi proposti da Alcatel Italia S.p.A. contro il Comune di Ostuni ed altra, rispettivamente iscritte ai nn. 160 e 161 del registro ordinanze 2003 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2003.

Visti gli atti di costituzione della Alcatel Italia s.p.a. e della Wind Telecomunicazioni s.p.a. nonché gli atti d’intervento della TIM s.p.a – Telecom Italia Mobile e del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 2005 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.

Ritenuto che con due ordinanze (r.o. nn. 160 e 161 del 2003) del 10 gennaio 2003 il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, ha sollevato, con identica motivazione, in sede cautelare, questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 1 e 2, del decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198 (Disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443), per violazione degli artt. 3, 117, terzo comma, e 118, primo comma, della Costituzione;

che la controversia da cui è sorto l’incidente di costituzionalità riguarda la legittimità di un provvedimento dirigenziale – con il quale il Comune di Ostuni ha negato alla Alcatel Italia s.p.a., ricorrente nel giudizio a quo, l’autorizzazione per la installazione e l’esercizio dell’impianto di telefonia mobile sul lastrico solare di un immobile – nonché delle prescrizioni regolamentari e urbanistiche adottate dal suddetto Comune e poste a base del citato provvedimento;

che gli atti impugnati, rileva il giudice rimettente, si fondano su quanto previsto non solo dagli strumenti urbanistici e dal regolamento organizzativo del sistema di teleradiocomunicazioni adottati dal Comune, ma anche dall’art. 10, comma 2, della legge della Regione Puglia 8 marzo 2002, n. 5 (Norme transitorie per la tutela dall’inquinamento elettromagnetico prodotto da sistemi di telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell’intervallo di frequenza fra 0hz e 300 GHz), che vieta espressamente la localizzazione degli impianti di telecomunicazioni nelle aree di pregio storico, culturale e testimoniale (disposizione, peraltro, oggetto di sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale: sentenza n. 307 del 2003);

che il Tribunale amministrativo ritiene fondate le censure mosse dal ricorrente nei confronti degli atti impugnati, atteso che quest’ultimi sarebbero in contrasto con quanto statuito dall’art. 3, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 198 del 2002;

che, alla stregua dell’articolo testé citato, «le categorie di infrastrutture di telecomunicazioni, considerate strategiche ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, sono opere di interesse nazionale, realizzabili esclusivamente sulla base delle procedure definite dal presente decreto, anche in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c), della legge 22 febbraio 2001, n. 36. Le infrastrutture di cui all’articolo 4, ad esclusione delle torri e dei tralicci relativi alle reti di televisione digitale terrestre, sono compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e sono realizzabili in ogni parte del territorio comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento»;

che, tuttavia, rileva il rimettente, tali norme violerebbero gli artt. 3, 117, terzo comma e 118, primo comma, della Costituzione;

che, innanzitutto, le suddette disposizioni, qualificando gli impianti di teleradiocomunicazioni alla stregua di infrastrutture strategiche e di preminente interesse nazionale, avrebbero «reso un guscio vuoto il provvedimento autorizzatorio edilizio di spettanza dell’autorità comunale»;

che, in secondo luogo, sarebbero state violate le competenze di Regioni ed enti locali in materia di legislazione e pianificazione urbanistica e governo del territorio; a tal proposito, si puntualizza che l’installazione sul territorio delle stazioni radio-base di telefonia mobile inciderebbe, oltre che sulla tutela dell’ambiente, su una pluralità di materie rientranti in ambiti di competenza concorrente, tra cui "ordinamento della comunicazione”,  "tutela della salute” e  "governo del territorio”;

che, infine, premesso che la norma impugnata «disciplina esaustivamente l’aspetto attinente all’inserimento urbanistico delle stazioni radio-base per telefonia cellulare sul territorio comunale», la stessa si porrebbe in contrasto anche con l’art. 3 della Costituzione «che impone la ragionevolezza delle scelte legislative»;

che, per quanto attiene alla rilevanza, il giudice a quo sottolinea come l’eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma impugnata potrebbe condurre al "definitivo” rigetto dell’istanza cautelare, che il Tribunale rimettente dà atto di avere già respinto «ad tempus» in attesa del giudizio di questa Corte;

che si è costituita, in un solo giudizio (r.o. n. 160 del 2003), l’Alcatel Italia s.p.a chiedendo che la questione sollevata venga dichiarata inammissibile o infondata;

che si è, altresì, costituita, in entrambi i giudizi, Wind Telecomunicazioni s.p.a, interventore ad adiuvandum nei giudizi a quibus, chiedendo che venga dichiarata «l’improponibilità, l’inammissibilità e l’infondatezza» delle questioni di legittimità costituzionale sollevate;

che si è, infine, costituita, in entrambi i giudizi, la TIM – Telecom Italia Mobile s.p.a., la quale dopo avere dedotto l’esistenza di un proprio interesse ad intervenire nel presente giudizio – essendo licenziataria per l’installazione e l’esercizio degli impianti di telecomunicazioni per l’espletamento del servizio pubblico di comunicazione radiomobile in tecnica GSM e UMTS – ha chiesto la declaratoria di inammissibilità e infondatezza della questione sollevata;

che è intervenuto, in entrambi i giudizi, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha rilevato, innanzitutto, in relazione all’art. 3 della Costituzione, come la disposizione impugnata non opererebbe alcuna discriminazione, risultando del tutto razionale;

che, in relazione all’assunta violazione delle competenze regionali, la difesa erariale sottolinea che il contenuto dell’art. 3 atterrebbe essenzialmente alla materia dell’ambiente, rientrante nell’ambito della competenza legislativa esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in quanto mirerebbe a garantire l’osservanza dei limiti di esposizione alle emissioni elettromagnetiche;

che in ogni caso, sottolinea la difesa erariale, ancorché si dovesse ritenere che vi sia una incidenza anche sulle altre materie di competenza concorrente indicate dal giudice rimettente, la questione sollevata dovrebbe nondimeno essere rigettata, atteso che il d.lgs. n. 198 del 2002 si sarebbe limitato a fissare principi fondamentali; né potrebbe ritenersi che siano state lese le funzioni amministrative regionali, considerato che anche in presenza di una competenza concorrente lo Stato sarebbe legittimato ad intervenire a livello normativo quando si tratta di salvaguardare esigenze unitarie;

che, quanto all’assunta violazione delle prerogative dei Comuni in materia di pianificazione del territorio e di ordinamento degli enti locali, l’Avvocatura dello Stato sottolinea che le norme impugnate non pregiudicano le competenze di tali enti a valutare la sussistenza dei presupposti per l’emanazione delle autorizzazioni alla installazione delle infrastrutture di telecomunicazioni, essendosi limitate ad introdurre regole di semplificazione e snellimento amministrativo.

Considerato che, data l’identità delle questioni, i relativi giudizi vanno riuniti e definiti con unica pronuncia;

che, successivamente alla pronuncia delle ordinanze di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 303 del 2003, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il decreto legislativo n. 198 del 2002 per contrasto con l’art. 76 della Costituzione;

che in quella occasione si è rilevato che l’art. 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive), che figura nel titolo del d.lgs. n. 198 del 2002 ed è richiamato nel preambolo, ha conferito al Governo il potere di individuare infrastrutture pubbliche e private ed insediamenti produttivi strategici di interesse nazionale a mezzo di un programma formulato su proposta dei Ministri competenti, sentite le Regioni interessate, ovvero su proposta delle Regioni, sentiti i Ministri competenti;

che la circostanza che non vi fosse alcuna menzione di tale programma nel decreto impugnato rendeva evidente l’eccesso di delega e dunque la illegittimità del decreto stesso;

che sempre in data successiva alle ordinanze di rimessione sono entrati in vigore il decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche) e il decreto-legge 14 novembre 2003, n. 315 (Disposizioni urgenti in tema di composizione delle commissioni per la valutazione di impatto ambientale e di procedimenti autorizzatori per le infrastrutture di comunicazione elettronica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 16 gennaio 2004, n. 5, che hanno, tra l’altro, ridisciplinato il settore relativo alle infrastrutture di comunicazioni elettroniche;

che, in particolare, l’art. 4, comma 1, del predetto decreto n. 315 del 2003 ha stabilito che: «i procedimenti di rilascio di autorizzazione alla installazione di infrastrutture di comunicazioni elettroniche iniziati ai sensi del decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198, ed in corso alla data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 303 del 1° ottobre 2003, sono disciplinati dal decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259. I termini procedimentali, ferma restando la loro decorrenza dalla data di presentazione della domanda o della denuncia di inizio attività, sono computati ai sensi degli articoli 87 e 88 del medesimo decreto legislativo n. 259 del 2003»;

che, pertanto, alla luce delle considerazioni che precedono, gli atti vanno restituiti al giudice rimettente affinché valuti se le sollevate questioni di legittimità costituzionale siano tuttora rilevanti.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2005.

F.to:

Fernanda CONTRI, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore