Ordinanza n. 132 del 2005

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ORDINANZA N. 132

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Fernanda                    CONTRI                                             Presidente

-  Guido                        NEPPI MODONA                               Giudice

-  Piero Alberto             CAPOTOSTI                                             “

-  Annibale                    MARINI                                                    “

-  Franco                       BILE                                                          “

-  Giovanni Maria         FLICK                                                       “

-  Francesco                  AMIRANTE                                             “

-  Ugo                           DE SIERVO                                             “

-  Romano                     VACCARELLA                                       “

-  Paolo                          MADDALENA                                        “

-  Alfio                          FINOCCHIARO                                      “

-  Alfonso                      QUARANTA                                           “

-  Franco                       GALLO                                                     “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 279 e 295 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza del 6 febbraio 2004 dal Tribunale di Piacenza, nel procedimento civile vertente tra Aris s.p.a. e Astra s.p.a., iscritta al n. 484 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2004.

 

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

  udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 2005 il Giudice relatore Romano Vaccarella.

 

  Ritenuto che, con ordinanza del 6 febbraio 2004, il Tribunale di Piacenza ha sollevato, in riferimento al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 279 e 295 del codice di procedura civile;

 

  che il giudizio, nel corso del quale il dubbio è stato prospettato, venne intentato da Aris s.p.a. nei confronti di Astra s.p.a., al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti per non avere la controparte adempiuto all’accordo in base al quale, a fronte dell’esecuzione, a titolo gratuito, da parte della società attrice, di un complesso lavoro di restyling sullo scafo di un carro armato, Astra s.p.a. si era impegnata, ove l’appalto per le modifiche fosse stato ad essa affidato, a subappaltarne la realizzazione ad Aris;

 

  che, emessa sentenza non definitiva in ordine all’an debeatur, la causa era stata rimessa in istruttoria per l’espletamento di consulenza tecnica e, a seguito del deposito della stessa, nuovamente riservata in decisione;

 

  che, essendo stata la sentenza parziale appellata e trovandosi il rimettente nella necessità di disporre la riapertura della fase istruttoria al fine di chiedere dei chiarimenti al consulente tecnico di ufficio, tale «enorme e costosissimo lavoro» – osserva il giudice a quo – ben potrebbe essere «posto in non cale da una pronuncia difforme in sede di gravame, con conseguente necessità di impugnazione della emananda nuova sentenza»;

 

  che, a giudizio del rimettente, mentre in un giudizio relativo al solo an debeatur, nel quale la determinazione del quantum deve avvenire in un separato processo, «ricorrono gli estremi della sospensione necessaria, ex art. 279 cod. proc. civ.» (rectius: ex art. 295 cod. proc. civ.), in caso di appello «avverso sentenza interlocutoria con rimessione in istruttoria» la sospensione è subordinata all’esistenza di una concorde istanza delle parti, oltre che ad una positiva valutazione della fondatezza della «ritenuta pregiudizialità» da parte del giudice: e ciò senza che il decidente possa esercitare alcun sindacato in ordine al presumibile esito del gravame né intervento di sorta sulla decisione adottata;

 

  che da ciò deriverebbe che due fattispecie processuali sostanzialmente identiche, in quanto difformi nel solo fatto che, nell’un caso, la determinazione del quantum deve avvenire in un nuovo giudizio, nell’altro, nello stesso processo, sono trattate in modo irragionevolmente difforme, con violazione dell’art. 3 della Costituzione, da parte del «combinato disposto degli artt. 279 e 295 cod. proc. civ.» (rectius: dell’art. 279, quarto comma, cod. proc. civ.) nella parte in cui, in caso di impugnazione immediata avverso sentenza non definitiva che statuisca sull’an debeatur, subordina la facoltà del giudice di primo grado di sospendere l’ulteriore istruzione per la liquidazione del quantum all’istanza concorde delle parti, con disciplina irrazionalmente diversa rispetto a quella applicabile, ex art. 295 cod. proc. civ., all’ipotesi di sentenza che definisca la causa relativamente all’an debeatur, con devoluzione a separato processo della determinazione del quantum;

 

  che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale, dopo aver osservato che il giudice non è legittimato a dubitare delle proprie sentenze le quali, una volta emesse, costituiscono dati dell’ordinamento indisponibili da parte di chi le ha pronunciate, segnala che la proposta questione è del tutto identica, senza alcun elemento di novità, ad altra già decisa da questa Corte con sentenza n. 182 del 1996; dal che la richiesta che la sollevata questione venga dichiarata manifestamente infondata.

 

  Considerato che il Tribunale di Piacenza dubita, in riferimento all’art. 3 Cost., della legittimità costituzionale del «combinato disposto degli artt. 279 e 295 cod. proc. civ.» (rectius: dell’art. 279, quarto comma, cod. proc. civ.) nella parte in cui, in caso di impugnazione immediata avverso sentenza non definitiva che statuisca sull’an debeatur, subordina la facoltà del giudice di primo grado di sospendere l’ulteriore istruzione per la liquidazione del quantum all’istanza concorde delle parti, con disciplina irragionevolmente diversa rispetto a quella applicabile, ex art. 295 cod. proc. civ., all’ipotesi di sentenza che definisca la causa relativamente all’an debeatur, con devoluzione a separato giudizio della determinazione del quantum;

 

  che la questione sollevata è manifestamente infondata avendo il rimettente prospettato argomentazioni sostanzialmente identiche a quelle che sono state oggetto di puntuale disamina nella sentenza di questa Corte n. 182 del 1996 (in particolare, paragrafi 2, 2.1., 2.2., 2.3., 2.3.1. del “Considerato in diritto”), totalmente ignorata dal rimettente;

 

  che a quanto rilevato dalla sentenza n. 182 del 1996 può aggiungersi che, anche recentemente, le sezioni unite della Corte di cassazione hanno ribadito (sentenza n. 14060 del 2004) l’inapplicabilità dell’art. 295 cod. proc. civ. all’ipotesi di autonomo giudizio sull’an seguito, in pendenza di impugnazione, da separato giudizio per la determinazione del quantum; ipotesi questa, è appena il caso di rilevare, che, in quanto non espressamente disciplinata dalla legge, dovrebbe modellarsi su (e non già fungere da modello per) quella esplicitamente prevista di sentenza non definitiva sull’an e sulla relativa disciplina di cui all’art. 279, comma quarto, cod. proc. civ.

 

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

  dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 279, quarto comma, del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, dal Tribunale di Piacenza con l’ordinanza in epigrafe.

 

  Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2005.

Fernanda CONTRI, Presidente

Romano VACCARELLA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 25 marzo 2005.