Ordinanza n. 117 del 2005

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ORDINANZA N. 117

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

-         Fernanda                       CONTRI                                Presidente

-         Guido                           NEPPI MODONA                Giudice

-         Piero Alberto                CAPOTOSTI                              "

-         Annibale                       MARINI                                     "

-         Franco                           BILE                                           "

-         Giovanni Maria             FLICK                                       "

-         Francesco                      AMIRANTE                               "

-         Ugo                               DE SIERVO                               "

-         Romano                        VACCARELLA                        "

-         Paolo                             MADDALENA                          "

-         Alfio                             FINOCCHIARO                        "

-         Alfonso                         QUARANTA                             "

-         Franco                           GALLO                                      "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 6 marzo 2003, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’onorevole Amedeo Matacena nei confronti del dott. Vincenzo Macrì, promosso dal Tribunale di Reggio Calabria, sez. seconda civile, con ricorso depositato il 15 novembre 2004 ed iscritto al n. 276 del registro ammissibilità conflitti.

Udito nella camera di consiglio del 26 gennaio 2005 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.

Ritenuto che, con ricorso depositato il 15 novembre 2004, il Tribunale di Reggio Calabria, seconda sezione civile, nel corso di un giudizio per la quantificazione del danno – a seguito di sentenza penale irrevocabile di condanna per il reato di diffamazione e di condanna al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede – promosso dal magistrato Vincenzo Macrì nei confronti, tra gli altri, del deputato Amedeo Matacena, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla delibera adottata il 6 marzo 2003, con la quale, in conformità alla proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere, è stato dichiarato che i fatti per i quali il suddetto deputato è stato sottoposto a procedimento penale per il reato di diffamazione a mezzo stampa in danno del Macrì riguardano opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari, e sono, quindi, insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che il Tribunale ricorrente espone che il Macrì aveva convenuto in giudizio il deputato Matacena (unitamente al giornalista De Virgilio) chiedendo la liquidazione dei danni alla personalità morale, lesa dagli articoli pubblicati nel novembre e nel dicembre del 1995 nella “Gazzetta del Sud”, riproducenti le dichiarazioni per le quali il predetto deputato era stato condannato in sede penale – con contestuale rinvio alla quantificazione dei danni in sede civile – con sentenza del 7 dicembre 2001, divenuta irrevocabile, riferita anche a fatti omogenei di altro procedimento riunito;

che negli articoli di stampa si affermava che il Macrì «aveva gestito l’operazione Olimpia, che era stato rinviato a giudizio per aver manipolato pentiti e collaboratori…..”, «che le tesi della magistratura inquirente erano assolutamente false…» (pubblicazione del 29 novembre 1995), e che lo stesso Macrì «ha una concezione stalinista della giustizia», che le sue dichiarazioni «dimostrano in modo lampante quale è il suo modo di maneggiare pentiti e collaboratori», ed, inoltre, di aver richiesto «una perizia psichiatrica nei confronti del Macrì» (pubblicazione del 3 dicembre 1995);

che, nelle more del giudizio, è stata adottata la delibera del 6 marzo 2003, con la quale – in conformità alla proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere e superando la questione preliminare di inammissibilità relativa al passaggio in giudicato della sentenza penale – è stato dichiarato che i fatti per i quali il suddetto deputato è stato sottoposto a procedimento penale per il reato di diffamazione a mezzo stampa riguardano opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari, e sono, quindi, insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che, secondo il ricorrente, i comportamenti cui è tenuta l’autorità giudiziaria per effetto della disciplina attuativa dell’art. 68 della Costituzione, contenuta nell’art. 3 della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), intervenuta medio tempore, non possono riferirsi al caso in esame, essendosi la Camera già pronunciata con la citata delibera;

che lo stesso giudice precisa di dover prendere atto della soluzione assunta dalla Camera in ordine alla questione di inammissibilità, la quale ha ritenuto la propria valutazione non preclusa dall’intervenuto giudicato;

che, sempre secondo il Tribunale, la predetta deliberazione lede la sfera di attribuzioni dell’autorità giurisdizionale ordinaria in quanto «sia pur non considerando il ristretto ambito del giudizio di cui il presente Giudice è investito in forza della richiamata pronuncia di irrevocabilità» è basata su un’erronea valutazione dei presupposti della prerogativa alla luce dei principî affermati dalla Corte costituzionale (sentenze n. 10 e n. 11 del 2000), dal momento che le dichiarazioni di cui si tratta non sono in alcun modo ricollegabili ad iniziative parlamentari tipiche adottate dal deputato e, inoltre, trascendendo la «valutazione oggettiva ed estranea agli interessi dedotti in giudizio», non possono ritenersi connesse con l’esercizio delle funzioni parlamentari;

che il rimettente chiede che questa Corte dichiari che non spettava alla Camera dei deputati la valutazione della condotta attribuita all’onorevole Amedeo Matacena, in quanto estranea alle previsioni dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, ed annulli la relativa delibera.

Considerato che, in questa fase del giudizio, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la Corte costituzionale è chiamata a deliberare, senza contraddittorio, se “esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza”, restando impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche in punto di ammissibilità;

che nella fattispecie sussistono i requisiti soggettivo ed oggettivo del conflitto;

che, quanto al requisito soggettivo, devono ritenersi legittimati ad essere parti del presente conflitto, sia il Tribunale di Reggio Calabria, seconda sezione civile, in quanto organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente, per il procedimento di cui è investita, la volontà del potere cui appartiene, sia la Camera dei deputati, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la propria volontà in ordine all’applicabilità dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che, quanto al profilo oggettivo, sussiste la materia del conflitto, dal momento che il ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantita, da parte della citata deliberazione della Camera dei deputati di cui chiede l’annullamento;

che, pertanto, esiste la materia del conflitto, la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzioni proposto dal Tribunale di Reggio Calabria, seconda sezione civile, nei confronti della Camera dei deputati con l’atto indicato in epigrafe;

dispone:

a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al Tribunale di Reggio Calabria, seconda sezione civile, ricorrente;

b) che, a cura del ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione, per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, presso la cancelleria della Corte entro il termine di venti giorni dalla notificazione, previsto dall’art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il  7 marzo 2005.

Fernanda CONTRI, Presidente

Alfio FINOCCHIARO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 18 marzo 2005.