Ordinanza n. 113 del 2005

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ORDINANZA N. 113

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA                 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO             

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Fernanda                  CONTRI                                    Presidente

- Guido                       NEPPI MODONA                     Giudice

- Piero Alberto            CAPOTOSTI                                     "

- Annibale                   MARINI                                            "

- Franco                      BILE                                                  "

- Giovanni Maria        FLICK                                               "

- Francesco                 AMIRANTE                                      "

- Ugo                          DE SIERVO                                      "    

-  Romano                   VACCARELLA                               "

- Paolo                        MADDALENA                                 "

- Alfio                         FINOCCHIARO                               "

- Alfonso                    QUARANTA                                    "

- Franco                      GALLO                                             "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 137 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), promosso con ordinanza del 9 luglio 2003 dal Tribunale di Savona nel procedimento disciplinare nei confronti del notaio Marasco Fabrizio, iscritta al n. 391 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell’anno 2004.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 gennaio 2005 il Giudice relatore Fernanda Contri.

 Ritenuto che il Tribunale di Savona, con ordinanza emessa il 9 luglio 2003, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 54, 97 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 137 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), “nella parte in cui determina l’ammontare delle ammende notarili”;

che il collegio rimettente, investito di un procedimento disciplinare a carico di un notaio, osserva come l’irrisorietà della misura edittale delle sanzioni pecuniarie previste dalla norma impugnata renda del tutto inutile l’attività demandata all’amministrazione della giustizia, sotto il profilo sia finanziario che organizzativo-funzionale, in palese contrasto con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione e snaturando inoltre la volontà del legislatore di disciplinare i tratti pubblicistici dell’attività notarile con un sistema sanzionatorio ormai privo di contenuto;

che, ad avviso del giudice a quo, non dovrebbe temersi il vuoto normativo derivante da una eventuale pronuncia di incostituzionalità, in quanto l’assenza totale di una misura sanzionatoria determinerebbe una situazione preferibile, poiché eviterebbe inutili costi a carico dell’amministrazione ed eliminerebbe i pregiudizi di immagine dell’apparato statuale anche in ambito comunitario;

che il Tribunale rimettente ritiene la norma in oggetto lesiva anche dell’art. 54 della Costituzione, che impone ai cittadini cui sono affidate pubbliche funzioni il dovere di adempierle con disciplina, in quanto tale dovere sarebbe incompatibile con l’assenza di un effettivo sistema sanzionatorio, posto quale garanzia di disciplina;

che sussisterebbe inoltre una violazione del principio di giusto processo, dal momento che la misura irrisoria delle sanzioni pecuniarie trasformerebbe il procedimento disciplinare in una “farsa”, nonché dei principî di eguaglianza e di ragionevolezza, poiché solo per la categoria di professionisti in esame la condotta illecita resterebbe priva di una effettiva sanzione;

che il rimettente sottolinea infine come la giurisprudenza costituzionale abbia ritenuto sindacabile l’esercizio del potere discrezionale del legislatore nei casi in cui non sia stato rispettato il limite della ragionevolezza;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, rilevando la manifesta infondatezza della sollevata questione, sulla quale la Corte si è già pronunciata in tutte le prospettazioni evidenziate.

Considerato che la norma censurata dal Tribunale di Savona è stata più volte sottoposta a scrutinio di costituzionalità da questa Corte che, pur constatando la irrisorietà della misura delle sanzioni pecuniarie ivi stabilite, ha ritenuto preclusa ogni possibilità di intervento, poiché la determinazione dei precetti così come il tipo e l’entità delle rispettive sanzioni costituiscono scelte spettanti alla discrezionalità del legislatore (ordinanze n. 377 del 2004, n. 18 del 2003, n. 274 e n. 279 del 2002);

che  nelle richiamate pronunce si è anche affermata l’estraneità dei principî costituzionali contenuti negli artt. 54 e 97 Cost. alla materia delle sanzioni disciplinari, sia in relazione alla previsione dei precetti sia in ordine alle conseguenti sanzioni;

che la pronuncia auspicata dal giudice rimettente, ad avviso del quale dovrebbe essere dichiarata la illegittimità costituzionale dell’art. 137 della legge n. 89 del 1913 “nella parte in cui determina l’ammontare delle ammende notarili”, provocherebbe una situazione di diseguaglianza e di grave pregiudizio all’interno del sistema sanzionatorio, poiché rimarrebbero del tutto privi di conseguenze disciplinari, ancorché di consistenza irrisoria, comportamenti più gravi di quelli per i quali è prevista la sanzione dell’avvertimento o della censura;

che appare opportuno comunque sottolineare come nel sistema disciplinare   stabilito per i notai “il profilo sanzionatorio morale” – che secondo il rimettente non costituirebbe nemmeno un risultato concreto dell’azione disciplinare – derivi non tanto dalla entità della sanzione medesima quanto dalla stessa sottoposizione al procedimento disciplinare, ove si consideri che l’applicazione delle pene disciplinari dall’ammenda alla sospensione e fino alla destituzione spetta al tribunale civile all’esito di un procedimento che prevede l’intervento obbligatorio del pubblico ministero;

che pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice a quo, la misura irrisoria delle sanzioni pecuniarie non equivale a trasformare il procedimento disciplinare in una “farsa”, perché esso reca in sé comunque un notevole grado di afflittività;

che, infine, non è nemmeno invocabile la violazione del principio di eguaglianza, in relazione alla dedotta circostanza che solo per la categoria di professionisti in esame la condotta illecita resterebbe priva di una effettiva sanzione, data l’assenza di termini omogenei di comparazione;

che, infatti, il sistema disciplinare dei notai prevede oltre alle pene disciplinari dell’avvertimento, della censura, della sospensione e della destituzione, anche la sanzione dell’ammenda, che non è invece contemplata per gli illeciti disciplinari di altre categorie professionali;

che la questione sollevata risulta manifestamente infondata sotto tutti i profili.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 137 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 54, 97 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Savona con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2005.

Fernanda CONTRI, Presidente e Redattore

Depositata in Cancelleria il 18 marzo 2005.