Ordinanza n. 396 del 2004

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ORDINANZA N. 396

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

-         Valerio                          ONIDA                                  Presidente

-         Carlo                             MEZZANOTTE                    Giudice

-         Guido                           NEPPI MODONA                     "

-         Piero Alberto                CAPOTOSTI                              "

-         Annibale                       MARINI                                     "

-         Franco                           BILE                                           "

-         Giovanni Maria FLICK                                                    "

-         Francesco                      AMIRANTE                               "

-         Ugo                               DE SIERVO                               "

-         Romano                        VACCARELLA                        "

-         Paolo                             MADDALENA                          "

-         Alfio                             FINOCCHIARO                        "

-         Alfonso                         QUARANTA                             "

-         Franco                           GALLO                                      "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 96, comma 1, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) e dell’art. 6, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 134 (Modifiche alla legge 30 luglio 1990, n. 217, recante istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), promossi con due ordinanze del 26 maggio 2003 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Ancona e del 13 gennaio 2003 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Forlì rispettivamente iscritte ai nn. 788, 789 e 1032 del registro ordinanze 2003 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40 e n. 49, prima serie speciale, dell’anno 2003.

Visti l’atto di costituzione di Calogero Lo Castro e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 17 novembre 2004 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.

Ritenuto che con due identiche ordinanze in data 26 maggio 2003 (nn. 788 e 789 del registro ordinanze 2003), il giudice del Tribunale di Ancona (rispettivamente nella funzione di giudice dell’udienza preliminare e di giudice per le indagini preliminari) ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 96, comma 1, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) e dell’art. 6, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 134 (Modifiche alla legge 30 luglio 1990, n. 217, recante istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), riprodotto nel suddetto t.u., nella parte in cui prevedono per il giudice l’obbligo di provvedere sull’istanza di ammissione al patrocinio entro i dieci giorni dalla sua presentazione, a pena di nullità assoluta della decisione, ai sensi dell’art. 179, comma 2, del codice di procedura penale;

che nella prima ordinanza (reg. ord. n. 788 del 2003), il giudice a quo premette che – nelle more della richiesta di rinvio a giudizio dell’imputato – in data 31 marzo 2003 veniva depositata nella cancelleria istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, la quale, essendo stata dapprima assegnata per errore a magistrato diverso, veniva ad esso trasmessa, quale magistrato tabellarmente competente, solo il successivo 29 aprile;

che nella seconda ordinanza (reg. ord. n. 789 del 2003), il giudice a quo premette che l’indagato, in data 31 luglio 2002, depositava istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in relazione a procedimento per il quale la Procura della Repubblica richiedeva l’archiviazione il successivo 26 agosto e che, essendo stata la suddetta istanza dapprima assegnata per errore a magistrato diverso, veniva ad esso trasmessa, quale magistrato tabellarmente competente, solo il 30 settembre dello stesso anno;

che il giudice a quo, premesso che le istanze erano state sottoposte alla sua attenzione ben oltre i dieci giorni dalla presentazione e che, pertanto, pur in presenza dei presupposti di merito e formali, egli non poteva più legittimamente ammettere i richiedenti al patrocinio, si sofferma sulla non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità;

che, secondo il remittente, l’art. 3 della Costituzione sarebbe innanzitutto violato sotto il profilo del difetto di ragionevolezza, atteso che il mancato rispetto di una norma acceleratoria a garanzia dell’istante, sempre imputabile al giudice o al proprio ufficio di supporto, è sanzionato con la nullità assoluta del provvedimento di ammissione tardivo, mentre ben avrebbe potuto il legislatore prevedere il silenzio-assenso;

che, inoltre, l’art. 3 della Costituzione sarebbe violato per disparità di trattamento dei cittadini, a seconda che l’istanza sia stata presentata prima o dopo l’entrata in vigore dell’art. 6, comma 1, della legge n. 134 del 2001 (poi recepito nel t.u.), che, novellando l’art. 6 della legge 30 luglio 1990, n. 217, ha introdotto la sanzione della nullità;

che la norma impugnata violerebbe anche l’art. 24, secondo comma, della Costituzione, impedendo al cittadino in disagiate condizioni economiche di esercitare l’inviolabile diritto di difesa, attraverso la sanzione della nullità per un ritardo ascrivibile all’organo pubblico;

che lo stesso art. 24 della Costituzione sarebbe violato altresì nel suo terzo comma, atteso che il diritto costituzionalmente garantito di usufruire del patrocinio a spese dello Stato sarebbe condizionato, non alla diligenza dell’avente diritto, ma all’efficienza dell’organo deputato alla decisione e del suo ufficio di cancelleria;

che in entrambi i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata, per essere stata la questione sollevata sulla base di un erroneo presupposto interpretativo, non avendo considerato il remittente che la sanzione della nullità – specificamente finalizzata alla garanzia dell’effettività del diritto di difesa – concerne gli atti processuali compiuti dopo l’inutile decorso del termine di dieci giorni dalla presentazione dell’istanza e non il provvedimento di ammissione che lo stesso giudice, pur ritenendone esistenti i presupposti, non adotta essendogli pervenuta l’istanza successivamente per un disguido della cancelleria;

che nel procedimento relativo alla seconda ordinanza (r.o. n. 789) si è costituito l’imputato nel processo a quo, chiedendo che sia dichiarata la non fondatezza della questione;

che con ordinanza del 13 gennaio 2003 (reg. ord. n. 1032 del 2003), il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Forlì ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 96 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115;

che il giudice a quo premette: a) che l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato era stata depositata l’8 gennaio 2003 in relazione ad un procedimento penale pendente; b) che ai sensi dell’art. 96 del d.P.R. n. 115 del 2002, il magistrato competente deve decidere sull’istanza, a pena di nullità assoluta ai sensi dell’art. 179, comma 2, cod. proc. pen., entro dieci giorni dal deposito in cancelleria, anche (comma 4) se ha ritenuto di chiedere le informazioni di cui ai commi 2 e 3 dello stesso art. 96; c) che nel caso di istanza formulata in udienza il magistrato deve decidere immediatamente in tutte le suddette ipotesi, sempre a pena di nullità assoluta;

che lo stesso giudice sostiene la violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione per irragionevolezza e lesione del diritto di difesa, atteso che il termine di decadenza non colpisce l’inattività della parte, ma del giudice competente a decidere, e rispetto all’inattività del quale la parte, che pure ne sopporta le conseguenze, non ha alcun rimedio, e che, nelle ipotesi in cui siano necessarie informazioni, la parte è esposta al rischio dell’inattività di tali organi accertatori;

che un altro profilo di irragionevolezza è individuato dal giudice a quo nella circostanza che è prevista la sanzione della nullità tipica della giurisdizione contenziosa penale, mentre il procedimento per la concessione del patrocinio – che si riferisce a tutti i processi – rientra nella giurisdizione non contenziosa;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, manifestamente infondata, per essere stata la questione sollevata in termini astratti ed ipotetici, atteso che il giudice, anziché decidere sull’istanza, si pone preventivamente il problema delle conseguenze del mancato rispetto del termine da parte sua e per effetto della richiesta di informazioni, ai sensi dei commi 2 e 3 dell’art. 96 citato, senza peraltro chiarire se ricorrano i presupposti per tali ultime richieste;

che, secondo la difesa erariale, è erroneo il presupposto interpretativo del remittente, ritenendo questi che il mancato rispetto del termine ridonderebbe in pregiudizio dell’istante.

Considerato che due ordinanze sono identiche e che la terza pone una questione analoga, con la conseguenza che i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi congiuntamente;

che il giudice del Tribunale di Ancona, con due identiche ordinanze (reg. ord. nn. 788 e 789 del 2003), solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 96, comma 1, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e dell’art. 6, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 134, riprodotto nel suddetto t.u., nella parte in cui prevedono per il giudice l’obbligo di provvedere sull’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato entro i dieci giorni dalla sua presentazione, a pena di nullità assoluta della decisione, ai sensi dell’art. 179, comma 2, del cod. proc. pen., prospettando la violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione;

che il giudice del Tribunale di Forlì (reg. ord. n. 1032 del 2003), solleva questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 96, nella parte in cui prevede l’obbligo per il giudice di decidere sull’istanza entro dieci giorni dal deposito in cancelleria (comma 1), anche (comma 4) se ha ritenuto di chiedere le informazioni di cui ai commi 2 e 3, nonché nella parte in cui, nel caso di istanza formulata in udienza, prevede l’obbligo per il giudice di decidere immediatamente in tutte le suddette ipotesi, sempre a pena di nullità assoluta, ai sensi dell’art. 179, comma 2, cod. proc. pen., in riferimento agli stessi parametri costituzionali;

che, al momento dell’emanazione delle ordinanze di rimessione, l’art. 6, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 134 – che, nel novellare l’art. 6 della legge 30 luglio 1990, n. 217, ha introdotto la sanzione di nullità – era stato trasfuso nell’art. 96 suddetto, ed espressamente abrogato a partire dalla data di entrata in vigore di quest’ultima norma;

che entrambi i giudici remittenti, nel prospettare sotto vari profili la violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, partono dal presupposto interpretativo che la nullità prevista dalla disposizione impugnata colpirebbe il provvedimento che essi sono chiamati a prendere sull’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato;

che questa Corte, in pronunce concernenti la stessa disposizione (sentenza. n. 304 del 2003 e ordinanza n. 94 del 2004), ha affermato che la nullità è evidentemente finalizzata a garantire l’effettività del diritto di difesa dei non abbienti nel procedimento penale cui l’istanza si riferisce, sul presupposto che la nullità concerna gli atti del processo principale e non il sub- procedimento per l’ammissione al beneficio;

che – come la dottrina non ha mancato di rilevare – se si riferisse la nullità al sub- procedimento l’interpretazione sarebbe in contrasto proprio con la ratio dell’intervento del legislatore, volta a garantire l’effettività del diritto di difesa;

che, anche secondo la giurisprudenza di legittimità, la sanzione di nullità riguarda gli atti del processo penale, non il provvedimento che decide sull’istanza;

che le questioni vanno dichiarate, pertanto, manifestamente infondate, in quanto basate su un erroneo presupposto interpretativo (ordinanze n. 294 e n. 100 del 2003).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 96, comma 1, e dell’art. 96 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) e dell’art. 6, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 134 (Modifiche alla legge 30 luglio 1990, n. 217, recante istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice del Tribunale di Ancona, rispettivamente nella funzione di giudice dell’udienza preliminare e di giudice per le indagini preliminari, e dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Forlì, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 2004.

Valerio ONIDA, Presidente

Alfio FINOCCHIARO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 21 dicembre 2004.