Ordinanza n. 387 del 2004

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ORDINANZA N. 387

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

- Valerio                   ONIDA                                       Presidente

- Carlo                      MEZZANOTTE                          Giudice

- Guido                     NEPPI MODONA                      "

- Piero Alberto          CAPOTOSTI                              "

- Annibale                 MARINI                                     "

- Franco                    BILE                                           "

- Giovanni Maria      FLICK                                         "

- Francesco               AMIRANTE                               "

- Ugo                        DE SIERVO                               "

- Romano                  VACCARELLA                         "

- Paolo                      MADDALENA                          "

- Alfio                       FINOCCHIARO                        "

- Alfonso                  QUARANTA                              "

- Franco                    GALLO                                       "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 80 e 81 del d.P.R. del 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), promosso con ordinanza dell’11 aprile 2003 dal Giudice di pace di Lamezia Terme sul ricorso proposto da F.C., iscritta al n. 472 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 2003.

 

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

  udito nella camera di consiglio del 17 novembre 2004 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

 

Ritenuto che il Giudice di pace di Lamezia Terme solleva, in riferimento agli artt. 3 e 24, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 80 e 81 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), nella parte in cui prevedono che la scelta del difensore, da parte dell’imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, «debba avvenire all’interno di un apposito elenco nel quale la relativa iscrizione sarà ammessa se ricorre il requisito dell’anzianità professionale di sei anni»;

 

che, a parere del giudice rimettente, tale disciplina si porrebbe in contrasto con il principio di uguaglianza, in quanto l’imputato ammesso a fruire del patrocinio a spese dello Stato non sarebbe integralmente libero di scegliere il proprio difensore di fiducia, ma subirebbe – a differenza degli altri imputati – i limiti derivanti dalle specifiche condizioni soggettive che, in base alle disposizioni censurate, il difensore stesso deve soddisfare: in particolare, quella di una anzianità di iscrizione nell’albo speciale, diversa e maggiore rispetto a quella richiesta per il difensore di ufficio;

che, secondo il giudice a quo, si profilerebbe anche una evidente violazione del principio di ragionevolezza, in quanto, ponendo a raffronto la disciplina impugnata con quella ordinaria prevista dal codice di rito, si genererebbe una conseguenza «assurda»: il professionista, nominato difensore di ufficio di un imputato che non benefici del gratuito patrocinio, potrà svolgere la sua funzione «indipendentemente da qualsiasi iscrizione in elenchi e da qualsiasi anzianità professionale»; invece, se esso è nominato difensore di fiducia dallo stesso imputato ammesso al beneficio, potrà assolvere il suo mandato soltanto se in possesso dei particolari requisiti di anzianità o, in alternativa, previa «rinuncia dell’imputato al beneficio del gratuito patrocinio»;

che la disciplina oggetto di impugnativa – osserva conclusivamente il giudice rimettente – si porrebbe in contrasto anche con l’art. 24, terzo comma, della Costituzione, in quanto il diritto di difesa non sarebbe assicurato «in modo pieno ed assoluto», dal momento che gli imputati non abbienti non godrebbero della «libertà di vedersi tutelati, assistiti e difesi da professionisti verso i quali nutrono personale fiducia ed hanno maggiore rapporto confidenziale»;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

Considerato che il Giudice di pace di Lamezia Terme ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 80 e 81 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nella parte in cui prevedono che l’imputato, ammesso al patrocinio a spese dello Stato, possa nominare il proprio difensore solo scegliendolo tra gli iscritti negli appositi elenchi istituiti preso i Consigli dell’Ordine del distretto di corte di appello: elenchi per la iscrizione nei quali è prescritta – fra i vari requisiti – una anzianità professionale non inferiore a sei anni;

che tale disciplina risulterebbe in contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto l’imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato subirebbe una limitazione nella scelta del proprio difensore, a differenza di quanto accade per tutti gli altri imputati: limitazione in sé priva di ragionevolezza, apparendo, ad avviso del giudice a quo, «assurda ed ingiustificata la pretesa di una maggiore anzianità professionale per i difensori dei “non abbienti” cui lo Stato riconosce il diritto alla copertura delle spese, rispetto alle persone “abbienti” o rispetto agli stessi “non abbienti” ma non richiedenti il gratuito patrocinio, per i quali la difesa potrà essere prestata liberamente da giovani avvocati, anche se appena iscritti negli albi professionali»;

che, sempre ad avviso del giudice rimettente, la normativa censurata violerebbe anche l’art. 24, terzo comma, della Carta fondamentale, in quanto, nel limitare la facoltà di scelta del proprio difensore di fiducia per gli imputati “non abbienti”, lo Stato avrebbe «negato» il diritto di difesa, «prescrivendo e regolamentando in modo preclusivo e contrastante il possesso dei requisiti per beneficiarne»;  

che analoga questione, sollevata in riferimento agli stessi parametri e relativa alla disciplina dettata dall’art. 17-bis della legge 30 luglio 1990, n. 217, introdotto dall’art. 17 della legge 29 marzo 2001, n. 134 – poi trasfusa nelle disposizioni oggetto della odierna impugnativa – è stata dichiarata manifestamente infondata da questa Corte, sul rilievo che la previsione di uno speciale elenco nell’ambito del quale l’imputato, istante per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, possa nominare il proprio difensore, «risulta ragionevolmente orientata ad assicurare la migliore qualità professionale della prestazione medesima, attraverso una selezione dei patrocinatori garantita tanto dall’attitudine ed esperienza maturate in ragione di una sperimentata anzianità professionale, quanto da correttezza deontologica, comprovata dall’assenza di sanzioni disciplinari» (v. l’ordinanza n. 299 del 2002);

che pertanto – ha osservato questa Corte – non può ritenersi superato, nella specie, il limite della ragionevolezza nell’esercizio della discrezionalità legislativa, avuto riguardo, fra l’altro, ai peculiari connotati pubblicistici che caratterizzano il patrocinio a spese dello Stato, mentre nessuna violazione appare ravvisabile sul versante del diritto di difesa, risultando comunque «assicurata un’ampia possibilità di scelta del difensore tra i difensori iscritti» negli appositi elenchi (v. le ordinanze n. 299 del 2002 e n. 374 del 2003);

che, pertanto, non prospettando l’ordinanza di rimessione profili nuovi o diversi da quelli già esaminati, la questione proposta deve essere dichiarata manifestamente infondata.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 80 e 81 del d.P.R 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24, terzo comma, della Costituzione, dal Giudice di pace di Lamezia Terme con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'1  dicembre 2004.

Valerio ONIDA, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Depositata in Cancelleria il 14 dicembre 2004.