Ordinanza n. 355 del 2004

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ORDINANZA N.355

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Valerio          ONIDA                                                                         Presidente

- Carlo             MEZZANOTTE                                                             Giudice

- Fernanda      CONTRI                                                                               “

- Guido           NEPPI MODONA                                                               “

- Piero Alberto CAPOTOSTI                                                                      “

- Annibale       MARINI                                                                               “

- Franco          BILE                                                                                     “

- Giovanni Maria FLICK                                                                             “

- Francesco     AMIRANTE                                                                        “

- Ugo              DE SIERVO                                                                        “

- Romano        VACCARELLA                                                                  “

- Paolo            MADDALENA                                                                   “

- Alfonso        QUARANTA                                                                       “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 138 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e dell’art. 5-bis del decreto-legge 23 novembre 2001, n. 411 (Proroghe e differimenti di termini), convertito, con modificazioni, in legge 31 dicembre 2001, n. 463 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 23 novembre 2001, n. 411, recante proroghe e differimenti di termini), promosso dal Tribunale di Bologna nel procedimento penale a carico di G. C. con ordinanza del 4 febbraio 2003, iscritta al n. 254 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 2003.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 luglio 2004 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto che, con ordinanza del 4 febbraio 2003, il Tribunale di Bologna, nel corso di un procedimento penale per il reato di cui all’art. 20, lettera b), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, ha sollevato, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 138 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e dell’art. 5-bis del decreto-legge 23 novembre 2001, n. 411 (Proroghe e differimenti di termini), convertito, con modificazioni, in legge 31 dicembre 2001, n. 463 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 23 novembre 2001, n. 411, recante proroghe e differimenti di termini), nella parte in cui, in violazione dei principi e criteri direttivi stabiliti dalla legge-delega 8 marzo 1999, n. 50 (Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi - legge di semplificazione 1998), hanno, rispettivamente, stabilito e differito l’entrata in vigore del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, al 1° gennaio 2002 ed al 30 giugno 2002;

che, secondo il giudice a quo, il d.P.R. n. 380 del 2001, in attuazione della legge-delega n. 50 del 1999, ha riordinato la disciplina della materia edilizia, abrogando alcune norme, tra le quali l’art. 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, recante la previsione di sanzioni penali per alcuni illeciti edilizi, peraltro “reintrodotte” dall’art. 44 dello stesso d.P.R. n. 380 del 2001;

che, ad avviso del rimettente, l’art. 138 del d.P.R. n. 380 del 2001 aveva stabilito l’entrata in vigore delle norme contenute nel testo unico a decorrere dal 1° gennaio 2002, termine poi prorogato al 30 giugno 2002 dall’art. 5-bis del decreto-legge n. 411 del 2001, introdotto dalla legge di conversione n. 463 del 2001;

che, secondo l’ordinanza di rimessione, poiché la legge di conversione n. 463 del 2001, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 gennaio 2002, avrebbe differito con l’art. 5-bis l’entrata in vigore del d.P.R. n. 380 del 2001 a nove giorni dopo la data originariamente fissata, per tale periodo di tempo le norme del testo unico sarebbero state vigenti e ciò avrebbe determinato l’abrogazione delle sanzioni penali stabilite dall’art. 20 della legge n. 47 del 1985, con la conseguente difficoltà di individuare la norma penale applicabile ai processi in corso, in quanto l’art. 5-bis, cit., non avrebbe potuto determinare la reviviscenza di una disposizione abrogata e, in tal modo, la materia sarebbe rimasta «priva di disciplina»;

che, ad avviso del Tribunale, la fissazione dell’entrata in vigore del testo unico al 1° gennaio 2002 e la sua successiva proroga al 30 giugno 2002 violerebbero i principi ed i criteri direttivi stabiliti dalla legge-delega n. 50 del 1999, la quale non avrebbe attribuito al Governo il potere di stabilire il differimento dell’entrata in vigore dei testi unici previsti, cosicché sarebbe rilevante la questione di legittimità costituzionale proposta, «in quanto non è dato stabilire con chiarezza (…) la norma applicabile in concreto anche ai fini di cui all’art. 2 c.p.»;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per l’inammissibilità e, in linea gradata, per la manifesta infondatezza della questione, poiché la fissazione del termine di entrata in vigore del decreto delegato rientrerebbe nella discrezionalità del Governo ed il suo differimento sarebbe stato giustificato dalle numerose novità introdotte dal testo unico.

Considerato che il Tribunale di Bologna impugna, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, l’art. 138 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) nella parte in cui ha fissato al 1° gennaio 2002 l’entrata in vigore delle norme in esso contenute, nonché l’art. 5-bis del decreto-legge 23 novembre 2001, n. 411 (Proroghe e differimenti di termini), convertito, con modificazioni, in legge 31 dicembre 2001, n. 463 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 23 novembre 2001, n. 411, recante proroghe e differimenti di termini), il quale ha differito detto termine al 30 giugno 2002, in quanto, a suo avviso, la legge-delega 8 marzo 1999, n. 50 (Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi - legge di semplificazione 1998) non avrebbe attribuito al Governo il potere di differire l’entrata in vigore del testo unico;

che, secondo un principio più volte affermato da questa Corte e che va qui ribadito, l'esercizio della funzione legislativa delegata si esaurisce con l'emanazione del decreto presidenziale entro il termine fissato dalla legge di delega, mentre la sua pubblicazione, pur indispensabile per l'entrata in vigore dell'atto legislativo, costituisce un fatto esterno e successivo all'esercizio della funzione stessa e pertanto non necessariamente deve avvenire nel termine suddetto (ex plurimis, ordinanza n. 425 del 2002; sentenza n. 425 del 2000);

che, pertanto, poiché il d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, è stato emanato e anche pubblicato entro il termine -e cioè il 31 dicembre 2002- stabilito dalla legge n. 50 del 1999 per l’esercizio della delega ed entro detto termine è stata anche fissata la data di entrata in vigore del testo unico, la censura riferita all’art. 138 del d. P.R. n. 380 del 2001 è manifestamente infondata;

che la censura avente ad oggetto l’art. 5-bis del decreto-legge n. 411 del 2001, introdotto dalla legge di conversione n. 463 del 2001, è del pari manifestamente infondata, in quanto è stata sollevata in riferimento ad un parametro costituzionale del tutto inconferente, e cioè l’art. 76 della Costituzione, tenuto conto che la norma impugnata non è stata emanata nell’esercizio della funzione legislativa delegata con la legge n. 50 del 1999 e non essendo detto parametro neppure riferibile al profilo con il quale il rimettente, prospettando una difficoltà nell’identificazione della norma penale applicabile ai processi in corso, pone in realtà una questione meramente interpretativa della disciplina in materia di successione nel tempo delle leggi penali recata dall’art. 2 c. p.;

che, pertanto, tutte le censure sono manifestamente infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 138 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e dell’art. 5-bis del decreto-legge 23 novembre 2001, n. 411 (Proroghe e differimenti di termini), convertito, con modificazioni, in legge 31 dicembre 2001, n. 463 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 23 novembre 2001, n. 411, recante proroghe e differimenti di termini), sollevata, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, dal Tribunale di Bologna con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 novembre 2004.

Valerio ONIDA, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 25 novembre 2004.