Ordinanza n. 336 del 2004

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.336

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

-  Carlo                                   MEZZANOTTE                          Presidente

-  Fernanda                             CONTRI                                        Giudice

-  Piero Alberto                       CAPOTOSTI                                       "

-  Annibale                              MARINI                                              "

-  Franco                                 BILE                                                    "

-  Giovanni Maria                   FLICK                                                 "

-   Francesco                           AMIRANTE                                       "

-   Ugo                                    DE SIERVO                                       "

-   Romano                              VACCARELLA                                 "

-   Paolo                                  MADDALENA                                  "

-   Alfio                                   FINOCCHIARO                                "

-  Alfonso                               Quaranta                                      "

-   Franco                                GALLO                                               "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 70 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’articolo 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), promosso con ordinanza del 29 marzo 2003 dalla Corte d’appello di Firenze nel procedimento penale a carico di A.M. ed altro, iscritta al n. 701 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2003.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 29 settembre 2004 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

  Ritenuto che con l’ordinanza in epigrafe la Corte d’appello di Firenze ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 70 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’articolo 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), nella parte in cui non ha depenalizzato il reato previsto dall’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46 (Attuazione della direttiva 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici), che punisce con sanzione penale chi effettua la pubblicità di dispositivi medici senza l’autorizzazione di cui all’art. 21 del medesimo decreto legislativo, ovvero in difformità dalla stessa;

  che il giudice a quo premette di essere investito dell’appello proposto dal pubblico ministero avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Lucca aveva assolto due persone — imputate della contravvenzione di cui all’art. 201 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie), in relazione all’art. 21 del d.lgs. n. 46 del 1997, per aver pubblicizzato senza autorizzazione un «apparecchio biomedicale» su un’emittente televisiva — con la formula «perché il fatto non è previsto dalla legge come reato»;

che ad avviso del giudice di primo grado, il fatto oggetto di giudizio risultava riconducibile tanto alla fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 201 del testo unico delle leggi sanitarie — depenalizzata dall’art. 70 del d.lgs. n. 507 del 1999 — quanto a quella di cui agli artt. 21, comma 2, e 23, comma 2, del d.lgs. n. 46 del 1997, in tema di pubblicità non autorizzata di dispositivi medici, che aveva invece conservato l’originaria natura penale: norme tra le quali avrebbe dovuto applicarsi, peraltro, unicamente la prima, in quanto più favorevole all’imputato;

  che tale conclusione, secondo la Corte rimettente, non sarebbe corretta: escluso, infatti, che l’avvenuta depenalizzazione della prima fattispecie abbia comportato — in assenza di qualsiasi indicazione normativa in tal senso — l’abrogazione o la depenalizzazione anche della seconda, il conflitto tra le due norme non potrebbe essere risolto in base al principio del favor rei, dato che, in tal modo, si perverrebbe ad «una, non consentita, interpretatio abrogans» della figura criminosa prevista dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 46 del 1997;

che la conseguente possibilità di ritenere il fatto contestato tuttora penalmente represso da quest’ultima disposizione renderebbe tuttavia rilevante la questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 Cost., dell’art. 70 del d.lgs. n. 507 del 1999, nella parte in cui non ha esteso la depenalizzazione anche all’ipotesi contravvenzionale contemplata dal citato art. 23, comma 2;

  che le due fattispecie dianzi indicate risulterebbero, infatti, del tutto omogenee sul piano del disvalore: sanzionando, l’una, la pubblicità non autorizzata di «mezzi per la prevenzione e la cura delle malattie, specialità medicinali, presidii medico-chirurgici, cure fisiche ed affini, acque minerali naturali od artificiali»; e l’altra la pubblicità non autorizzata di «dispositivi medici», quali definiti dall’art. 1, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 46 del 1997, e comprensivi, tra l’altro, di «qualsiasi strumento, apparecchio, impianto, sostanza o altro prodotto» destinato «ad essere impiegato nell’uomo a scopo di diagnosi, prevenzione, controllo, terapia o attenuazione di una malattia»;

che nel giudizio di costituzionalità è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque infondata.

  Considerato che la Corte d’appello di Firenze dubita della legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dell’art. 70 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507, nella parte in cui — avendo depenalizzato il reato di cui all’art. 201 del testo unico delle leggi sanitarie — non ha esteso la depenalizzazione anche al reato, sostanzialmente omologo, previsto dall’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46;

che, anteriormente alla pronuncia dell’ordinanza di rimessione, è stato peraltro emanato il decreto legislativo 31 ottobre 2002, n. 271 (Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46, concernente i dispositivi medici, in attuazione delle direttive 2000/70/CE e 2001/104/CE), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 dicembre 2002, serie generale, n. 291, il cui art. 4, comma 1, lettera b), ha sostituito il citato art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 46 del 1997;

che, per effetto di tale novella legislativa, le violazioni in materia di pubblicità di dispositivi medici — oltre a risultare diversamente identificate, in correlazione all’integrazione apportata dall’art. 3 del medesimo d.lgs. n. 271 del 2002 alla norma precettiva di cui all’art. 21 del d.lgs. n. 46 del 1997 — sono state trasformate in illeciti amministrativi, puniti con le sanzioni pecuniarie previste dall’art. 201 del testo unico delle leggi sanitarie;

che è quindi sopravvenuta — sempre prima della pronuncia dell’ordinanza di rimessione — la legge 3 febbraio 2003, n. 14 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2002), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 7 febbraio 2003, serie generale, n. 31, il cui art. 15, comma 4, ha abrogato la norma sanzionatoria in questione, essendo stati i relativi contenuti trasfusi nel comma 3 dello stesso art. 15, con ulteriori lievi modifiche, che lasciano comunque ferma la natura amministrativa della violazione ed il livello delle sanzioni;

che, per costante giurisprudenza di questa Corte, nel caso di mutamenti del quadro normativo direttamente incidenti sul thema decidendum, intervenuti anteriormente alla proposizione della questione — quali quelli dianzi indicati (cfr. ordinanze n. 65 e n. 322 del 2003, relative a questioni identiche nella sostanza, ma sollevate prima che intervenissero le modifiche in parola) — il giudice rimettente ha l’onere di specificare in modo rigoroso i motivi della perdurante rilevanza della questione stessa (cfr., ex plurimis, ordinanze n. 64, n. 184 e n. 204 del 2002; n. 148 del 2001);

  che nella specie tale onere non è stato assolto, non essendovi nell’ordinanza di rimessione alcun riferimento alle modifiche normative di cui si tratta;

  che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 70 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’articolo 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dalla Corte di appello di Firenze con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 ottobre 2004.

Carlo MEZZANOTTE, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Depositata in Cancelleria il 10 novembre 2004.