Ordinanza n. 266 del 2004

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ORDINANZA N.266

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Carlo MEZZANOTTE, Presidente

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                                       

- Piero Alberto CAPOTOSTI                                     

- Annibale MARINI                                       

- Franco BILE                                                

- Giovanni Maria FLICK                                           

- Francesco AMIRANTE                                           

- Ugo     DE SIERVO                                    

- Romano VACCARELLA                                       

- Paolo MADDALENA                                             

- Alfio FINOCCHIARO                                           

- Alfonso QUARANTA                                            

ha pronunciato la seguente                  

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 204-bis, commi 3, 5 e 6 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito con modificazioni nella legge 1° agosto 2003, n. 214 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, recante modifiche ed integrazioni al codice della strada), e degli artt. 2 e 4 del regio decreto 10 marzo 1910, n. 149 (Approvazione del regolamento sul servizio dei depositi giudiziari), promossi con ordinanze del 28 agosto 2003 dal Giudice di pace di Anzio, del 12 settembre 2003 dal Giudice di pace di Gallipoli, del 16 settembre 2003 dal Giudice di pace di Monza, del 3 ottobre 2003 dal Giudice di pace di Vietri di Potenza, dell’11 settembre 2003 dal Giudice di pace di Racconigi, del 16 settembre 2003 dal Giudice di pace di Venafro, del 6 ottobre 2003 dal Giudice di pace di Sulmona, del 14 e del 3 ottobre 2003 (n. 2 ordinanze) dal Giudice di pace di Brindisi, del 25 settembre 2003 dal Giudice di pace di Montefiascone, del 7 ottobre 2003 dal Giudice di pace di Gragnano, del 6 ottobre 2003 dal Giudice di pace di Asiago, del 9 ottobre 2003 dal Giudice di pace di Cosenza, del 22 ottobre 2003 (n. 4 ordinanze) dal Giudice di pace di Sant’Antioco, del 17 ottobre 2003 dal Giudice di pace di Cagliari, del 13 novembre 2003 dal Giudice di pace di Carinola, del 20 novembre 2003 ( n. 2 ordinanze) dal Giudice di pace di Città della Pieve, del 23 ottobre 2003 (n. 3 ordinanze) dal Giudice di pace di Chiaromonte, del 4 novembre 2003 dal Giudice di pace di Mestre, del 7 novembre 2003 dal Giudice di pace di Senorbì, del 20 ottobre 2003 (n. 2 ordinanze) dal Giudice di pace di Brindisi, del 16 e 20 ottobre 2003 dal Giudice di pace di Sulmona, del 24 settembre 2003 dal Giudice di pace di Ficarolo, del 20 ottobre 2003 dal Giudice di pace di Alghero, del 3 novembre 2003 dal Giudice di pace di Livorno, del 30 ottobre, del 3 (n. 3 ordinanze) e del 6 novembre 2003 dal Giudice di pace di Sulmona, del 13 settembre 2003 dal Giudice di pace di Montecorvino Rovella, del 28 novembre 2003 dal Giudice di pace di Modica, del 15 ottobre 2003 dal Giudice di pace di Palermo, del 7 novembre 2003 dal Giudice di pace di San Miniato, del 27 novembre 2003 dal Giudice di pace di Racconigi, del 12 settembre 2003 dal Giudice di pace di Trapani, del 5 novembre 2003 dal Giudice di pace di Cagliari, del 6 novembre 2003 dal Giudice di pace di Portici, del 20 novembre 2003 dal Giudice di pace di Todi, del 5 dicembre 2003 dal Giudice di pace di Santadi, del 9 dicembre 2003 (n. 2 ordinanze) dal Giudice di pace di Asiago, del 31 ottobre 2003 dal Giudice di pace di Castelfiorentino, del 26 novembre 2003 dal Giudice di pace di Sant’Antioco, del 12 novembre 2003 dal Giudice di pace di Reggio Calabria, del 19 novembre 2003 dal Giudice di pace di Orvieto, del 26 novembre 2003 dal Giudice di pace di Monza, del 7 ottobre 2003 dal Giudice di pace di Genzano di Roma, del 20 novembre 2003 dal Giudice di pace di Sorgono, del 27 novembre 2003 dal Giudice di pace di Città della Pieve, dell’11 novembre 2003 dal Giudice di pace di Lizzano, del 29 dicembre 2003 dal Giudice di pace di Bojano, dell’11 novembre 2003 dal Giudice di pace di Carini, del 29 settembre 2003 dal Giudice di pace di Genova, del 25 novembre 2003 dal Giudice di pace di Cascina, del 1° dicembre 2003 dal Giudice di pace di Grosseto, del 29 settembre 2003 dal Giudice di pace di Venezia, del 10 novembre 2003 dal Giudice di pace di Brindisi, del 27 novembre 2003 dal Giudice di pace di Velletri, del 16 dicembre 2003 dal Giudice di pace di Bra, del 13 ottobre 2003 dal Giudice di pace di di Napoli, del 20 novembre 2003 dal Giudice di pace di San Pietro Vernotico, del 12 gennaio 2004 dal Giudice di pace di Montefalco, del 7 gennaio 2004 dal Giudice di pace di Udine, del 19 gennaio 2004 dal Giudice di pace di Santadi, del 21 ottobre 2003 dal Giudice di pace di Varazze, del 9 gennaio 2004 e del 12 dicembre 2003 dal Giudice di pace di Reggio Calabria, del 18 dicembre 2003 dal Giudice di pace di Rimini, del 15 dicembre 2003 dal Giudice di pace di Pescina, del 12 gennaio 2004 dal Giudice di pace di Asolo, del 16 gennaio 2004 dal Giudice di pace di Carbonia, del 21 gennaio 2004 dal Giudice di pace di Potenza, del 4 dicembre 2003 dal Giudice di pace di Cagliari, del 16 gennaio 2004 dal Giudice di pace di Lagonegro, del 27 gennaio 2004 dal Giudice di pace di Milano, del 10 settembre 2003 dal Giudice di pace di Palermo, del 27 gennaio 2004 dal Giudice di pace di Rotondella, del 9 gennaio 2004 dal Giudice di pace di Cagliari e del 2 febbraio 2004 dal Giudice di pace di Aulla, rispettivamente iscritte ai nn. 998, 1057, 1080, 1082; dal 1084 al 1086; dal 1088 al 1091; 1093; 1109, 1111, dal 1118 al 1121; 1151; dal 1160 al 1173; dal 1180 al 1185 del registro ordinanze 2003 e ai nn. 1, dal 4 al 6; dal 21 al 29; dal 38 al 43; 122, 123, dal 125 al 129; dal 174 al 177; 181, dal 210 al 224; 227, 228, 268 e 269 del registro ordinanze 2004 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 47, 50, 51 e 52, prima serie speciale, dell’anno 2003 e nn. 1, 3, 4, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14 e 15, prima serie speciale, dell’anno 2004.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 giugno 2004 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.

Ritenuto che i Giudici di pace indicati in epigrafe hanno sollevato questione di legittimità costituzionale – adducendo, complessivamente, la violazione degli artt. 2, 3, 24, 25, 41, 102, primo comma, 111, secondo comma, e 113 della Costituzione – dell’art. 204-bis, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214;

che la quasi totalità dei rimettenti – con l’eccezione dei Giudici di pace di Montefiascone (r.o. n. 1091 del 2003), Cagliari (r.o. n. 1151 del 2003 e n. 23 del 2004), Brindisi (r.o. nn. 1168 e 1169 del 2003), Trapani (r.o. n. 22 del 2004), Carini (r.o. n. 126 del 2004), Varazze (r.o. n. 214 del 2004), Palermo (r.o. n. 227 del 2004) ed Aulla (r.o. n. 269 del 2004) – censurano specificamente il comma 3 dell’art. 204-bis del d.lgs. n. 285 del 1992, ovvero il medesimo articolo "nella parte in cui prevede che all’atto del deposito del ricorso" – avverso il verbale di contestazione della infrazione alle regole della circolazione stradale – "il ricorrente debba versare presso la Cancelleria del Giudice di Pace, a pena di inammissibilità del ricorso, una somma pari alla metà del massimo edittale della sanzione irrogata";

che, tuttavia, anche i giudici a quibus sopra specificamente menzionati, pur investendo con la propria iniziativa – è il caso del rimettente di Varazze (r.o. n. 214 del 2004) – la disposizione che ha introdotto nel testo del "codice della strada" il summenzionato art. 204-bis (disposizione, peraltro, indicata erroneamente come "art. 4, comma 1-septies, della legge 1° agosto 2003 n. 214"), ovvero – è il caso dei Giudici di pace di Montefiascone (r.o. n. 1091 del 2003), Cagliari (r.o. n. 1151 del 2003 e n. 23 del 2004), Brindisi (r.o. nn. 1168 e 1169 del 2003), Trapani (r.o. n. 22 del 2004), Carini (r.o. n. 126 del 2004), Palermo (r.o. n. 227 del 2004) ed Aulla (r.o. n. 269 del 2004) – un inesistente art. 204-bis (ovvero, 204), comma 3 (o, talvolta, anche "punti" nn. 1, 2 e 3), della legge 1° agosto 2003, n. 214 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, recante modifiche ed integrazioni al codice della strada), intendono egualmente censurare il comma 3 del già menzionato art. 204-bis del d.lgs. n. 285 del 1992;

che accanto alla censura che investe il comma suddetto, taluni dei rimettenti prospettano ulteriori questioni di legittimità costituzionale;

che, da un lato, i Giudici di pace di Mestre (r.o. n. 1166 del 2003) e Rimini (r.o. n. 217 del 2004) estendono, infatti, il dubbio di costituzionalità, l’uno alle previsioni di cui ai commi 5 e 6 del citato art. 204-bis (disciplinanti, rispettivamente, le modalità di prelievo, restituzione ed incameramento della somma depositata dal ricorrente ai sensi del predetto comma 3, nelle ipotesi di accoglimento o rigetto della sua iniziativa giudiziale), l’altro al solo comma 5 dell’articolo in questione;

che, dall’altro, i Giudici di pace di Carinola (r.o. n. 1160 del 2003), Ficarolo (r.o. n. 1172 del 2003), Modica (r.o. n. 4 del 2004) e Grosseto (r.o. n. 129 del 2004) dubitano pure della legittimità costituzionale – per violazione dell’art. 41 della Costituzione – degli artt. 2 e 4 del regio decreto 10 marzo 1910, n. 149 (Approvazione del regolamento sul servizio dei depositi giudiziari), disposizioni che verrebbero in rilievo nel caso di specie, regolando le modalità del deposito – da compiersi "nell’ufficio postale incaricato dei depositi giudiziari" – di quella somma il cui versamento, come visto, viene configurato alla stregua di requisito di ammissibilità del ricorso giurisdizionale de quo;

che, quanto ai parametri evocati dai diversi rimettenti, ciascuno dei giudici a quibus dubita della legittimità costituzionale dell’articolo 204-bis, comma 3, del d.lgs. n. 285 del 1992, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, salvo quello di Sorgono (r.o. n. 43 del 2004), il solo che ometta di riferirsi anche all’art. 3;

che, difatti, tutti i Giudici di pace, salvo quello sopra menzionato, concordano nel ritenere – seppur con diverse argomentazioni – che la previsione normativa suddetta, nel subordinare l’ammissibilità del ricorso giurisdizionale all’adempimento dell’onere economico consistente nel versamento di una somma pari alla metà del massimo edittale della sanzione inflitta dall’organo accertatore, discrimini i soggetti ricorrenti in relazione alle loro differenti condizioni economiche, in particolare precludendo (o comunque rendendo difficoltoso) l’accesso alla tutela giurisdizionale ai soggetti privi di adeguati mezzi economici;

che i rimettenti, inoltre, espressamente affermano (o comunque lasciano intendere) che l’evenienza da ultimo descritta non è esclusa dalla possibilità per i soggetti non abbienti di presentare il ricorso amministrativo al prefetto (che non prevede il previo versamento della cauzione), giacché, se così fosse, dovrebbe allora concludersi che il ricorso all’autorità giudiziaria sia un mezzo di tutela riservato esclusivamente ai soggetti economicamente agiati;

che in tutte le ordinanze di rimessione è ipotizzata anche la violazione dell’art. 24 della Costituzione, in base al rilievo che la prestazione imposta dalla norma impugnata ostacoli l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale (per giunta proprio in un settore caratterizzato, come non mancano di rilevare numerosi giudici a quibus, dal fatto di non addossare alcun onere, né economico né tecnico, al cittadino), eliminando (o comunque comprimendo) la tutela per i non abbienti, e rivelando così come la finalità della riforma posta in essere dal legislatore del 2003 sia esclusivamente quella di creare un forte deterrente alla presentazione dei ricorsi al giudice di pace;

che i Giudici di pace di Sulmona (r.o. nn. 1086, 1170, 1171, 1181, 1182, 1183, 1184 e 1185 del 2003), Brindisi (r.o. nn. 1088, 1089, 1090, 1168, 1169 del 2003 e n. 175 del 2004), Vietri di Potenza (r.o. n. 1082 del 2003), Venafro (r.o. n. 1085 del 2003), Chiaromonte (r.o. nn. 1163, 1164 e 1165 del 2003), Asiago (r.o. n. 1109 del 2003), Cosenza (r.o. n. 1111 del 2003), Carinola (r.o. n. 1160 del 2003), Mestre (r.o. n. 1166 del 2003), Ficarolo (r.o. n. 1172 del 2003), Alghero (r.o. n. 1173 del 2003), Montecorvino Rovella (r.o. n. 1 del 2004), Modica (r.o. n. 4 del 2004), San Miniato (r.o. n. 6 del 2004), Portici (r.o. n. 24 del 2004), Castelfiorentino (r.o. n. 29 del 2004), Orvieto (r.o. n. 40 del 2004), Lizzano (r.o. n. 123 del 2004), Genova (r.o. n. 127 del 2004), Grosseto (r.o. n. 129 del 2004), Napoli (r.o. n. 181 del 2004), Asolo (r.o. n. 219 del 2004), Potenza (r.o. n. 221 del 2004) e Lagonegro (r.o. n. 223 del 2004) ipotizzano, inoltre, il contrasto con l’art. 2 della Costituzione;

che i rimettenti testé menzionati, nel ribadire l’ingiusta (ed irragionevole) discriminazione che la norma impugnata realizzerebbe a carico dei soggetti privi di adeguati mezzi economici, sottolineano la violazione della norma costituzionale suddetta, atteso che tra i diritti inviolabili dell’uomo rientrerebbe pure quello all’eguaglianza, come valore assoluto della persona umana e diritto fondamentale dell’individuo;

che il contrasto, invece, con l’art. 25 della Costituzione è prospettato, sotto un duplice alternativo profilo, dai Giudici di pace di Chiaromonte (r.o. nn. 1163, 1164 e 1165 del 2003), Vietri di Potenza (r.o. n. 1082 del 2003), Cagliari (r.o. n. 1151 del 2003), Livorno (r.o. n. 1180 del 2003), San Miniato (r.o. n. 6 del 2004), Venezia (r.o. n. 174 del 2004) e Lagonegro (r.o. n. 223 del 2004);

che in particolare i rimettenti di Chiaromonte (r.o. nn. 1163, 1164 e 1165 del 2003), Vietri di Potenza (r.o. n. 1082 del 2003) e Livorno (r.o. n. 1180 del 2003) ritengono che la preclusione all’esperimento del ricorso giurisdizionale, conseguente all’imposizione del previo pagamento di una cauzione quale condizione per la sua ammissibilità, abbia l’effetto di distogliere l’esame dell’impugnazione, proposta avverso il verbale di contestazione dell’infrazione alle regole sulla circolazione stradale, dal suo giudice naturale precostituito per legge;

che diversamente i rimettenti cagliaritano (r.o. n. 1151 del 2003) e veneziano (r.o. n. 174 del 2004) ritengono – il primo – che l’applicazione "retroattiva" della disposizione impugnata (vale a dire a quei ricorsi che, seppur proposti successivamente all’entrata in vigore della legge n. 214 del 2003, si riferiscono ad infrazioni accertate in data anteriore) violi il divieto previsto dal secondo comma dell’art. 25 della Costituzione, ovvero – il secondo – che l’art. 204-bis del d.lgs. n. 285 del 1992 si applichi senza dubbio "alle sole violazioni commesse dopo l’entrata in vigore della legge" di riforma del codice della strada, fermo restando che "se la legge in parola dovesse interpretarsi diversamente" si porrebbe, allora, "il dubbio non manifestamente infondato della sua illegittimità costituzionale rispetto all’art. 25 della Carta Costituzionale";

che – come sopra anticipato – esclusivamente i Giudici di pace di Carinola (r.o. n. 1160 del 2003), Ficarolo (r.o. n. 1172 del 2003), Modica (r.o. n. 4 del 2004) e Grosseto (r.o. n. 129 del 2004) hanno sollevato questione di legittimità costituzionale in relazione all’art. 41 della Costituzione, investendo con tale censura il combinato disposto del comma 3 dell’art. 204-bis del d.lgs. n. 285 del 1992 e degli artt. 2 e 4 del r.d. 10 marzo 1910, n. 149 (quantunque nella parte dispositiva delle rispettive ordinanze di rimessione essi omettano di riferirsi agli articoli del regio decreto in questione);

che tali rimettenti, difatti, contestano le modalità del deposito della somma dovuta a titolo di "cauzione", in quanto l’applicazione, anche al caso di specie, della previsione normativa secondo cui "tutti i depositi di denaro, che (…) possono farsi presso le cancellerie giudiziarie, compresi quelli per cauzione (…), debbono essere eseguiti direttamente dalle parti o dai loro procuratori nell’ufficio postale incaricato del servizio dei depositi giudiziari", integrerebbe – pur a volere tacere della "evidente compressione (…) della libertà del ricorrente di utilizzare un istituto bancario" – quantomeno un "palese contrasto (…) con la libertà d’iniziativa economica, laddove viene disposto l’esclusivo utilizzo dell’Ente Poste, attesa la privatizzazione del servizio postale";

che è, invece, il solo Giudice di pace di Venezia (r.o. n. 174 del 2004) ad ipotizzare il contrasto tra l’art. 204-bis, comma 3, del codice della strada e l’art. 102, primo comma, della Costituzione;

che il rimettente veneziano – pur muovendo dall’assunto che l’impugnata disposizione non preveda, nello stabilire la necessità del preventivo versamento della cauzione de qua, un requisito di "ricevibilità" del ricorso, bensì solo di "ammissibilità" dello stesso – evidenzia, però, che ad ipotizzare il contrario "potrebbe opinarsi che sia l’addetto alla Cancelleria a decidere", con necessità "a questo punto" di "indagare se tale condizione sia compatibile con la norma costituzionale di cui all’art. 102", primo comma, della Costituzione;

che viene dedotta, inoltre, la violazione dell’art. 111, secondo comma, della Costituzione dai Giudici di pace di Carinola (r.o. n. 1160 del 2003), Rimini (r.o. n. 217 del 2004) e Pescina (r.o. n. 218 del 2004), e ciò sul presupposto che l’imposizione di un previo pagamento cauzionale a carico del ricorrente, destinato a convertirsi, nel caso della sua soccombenza all’esito del giudizio, in un prelievo (totale o parziale) in favore dell’amministrazione, si tradurrebbe in un "privilegio" per la pubblica autorità, con conseguente violazione del principio della parità delle parti in contraddittorio, contemplato dalla norma costituzionale suddetta;

che, infine, i Giudici di pace di Sant’Antioco (r.o. nn. 1118, 1119, 1120, 1121 del 2003, e n. 38 del 2004), Gallipoli (r.o. n. 1057 del 2003), Monza (r.o. n. 1080 del 2003), Carinola (r.o. n. 1160 del 2003), Ficarolo (r.o. n. 1172 del 2003), Montecorvino Rovella (r.o. n. 1 del 2004), Modica (r.o. n. 4 del 2004), Trapani (r.o. n. 22 del 2004), Genzano di Roma (r.o. n. 42 del 2004), Sorgono (r.o. n. 43 del 2004), Carini (r.o. n. 126 del 2004), Cascina (r.o. n. 128 del 2004), Grosseto (r.o. n. 129 del 2004), Velletri (r.o. n. 176 del 2004), Napoli (r.o. n. 181 del 2004), Santadi (r.o. n. 213 del 2004), Varazze (r.o. n. 214 del 2004), Rimini (r.o. n. 217 del 2004), Pescina (r.o. n. 218 del 2004) ed Asolo (r.o. n. 219 del 2004) ipotizzano il contrasto con l’art. 113 della Costituzione, evidenziando come la previsione di un onere economico per poter adire le vie giudiziali si risolva in un ingiustificato ostacolo per la tutela dei diritti, in sede giurisdizionale, contro gli atti della pubblica amministrazione, essendo essa "sempre" (e quindi, almeno tendenzialmente, in via incondizionata) riservata ad ogni cittadino;

che i rimettenti (così variamente motivata la non manifesta infondatezza dei prospettati dubbi di costituzionalità), circa, invece, la loro rilevanza, danno atto del mancato versamento – nei rispettivi giudizi a quibus – della somma prevista dall’art. 204-bis, comma 3, del d.lgs. n. 285 del 1992, salvo il Giudice di Pace di Modica (r.o. n. 4 del 2004), secondo il quale, peraltro, l’avvenuta prestazione della "cauzione" in esame non osterebbe alla rilevanza della questione sollevata;

che è intervenuto in alcuni dei giudizi – e segnatamente quelli originati dalle seguenti ordinanze di rimessione: r.o. nn., 1057, 1080, 1082, 1084, 1085, 1086, 1088, 1089, 1090, 1091, 1093, 1109, 1111, 1118, 1119, 1120, 1121, 1151, 1160, 1161, 1162, 1163, 1164, 1165, 1166, 1167, 1168, 1169, 1170, 1171, 1172, 1173, 1180, 1181, 1182, 1183, 1184 ed 1185 del 2003, nonché nn. 1, 4, 5, 6, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 122, 123, 125, 126, 127, 128, 129, 174, 175, 176 e 177 del 2004 – il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo, sempre sulla base delle stesse considerazioni, il rigetto delle questioni;

che la difesa erariale – sul presupposto che "il ricorso al giudice di pace" rappresenti, in tale materia, "una soluzione alternativa (ed in certa misura agevolata) rispetto al rimedio generale (ricorso al prefetto)" – esclude l’ipotizzata disparità di trattamento tra cittadini in relazione alle rispettive condizioni economiche, e comunque – più in generale – la ricorrenza dei denunciati profili d’illegittimità costituzionale;

che, infatti, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, l’amministrazione affronta il giudizio (conseguente alla proposizione del ricorso ex art. 204-bis del d.lgs. n. 285 del 1992) senza aver avuto "neppure la possibilità di una verifica approfondita" – attraverso un previo esame demandato all’autorità prefettizia – della fondatezza della pretesa avversaria, di talché sarebbe "ragionevole che il ricorso diretto al giudice di pace (…) sia sottoposto dalla legge a particolari oneri";

che la previsione della cauzione, inoltre, non costituirebbe – ad avviso dell’Avvocatura – neppure un meccanismo del tutto "innovativo all’interno dell’ordinamento, che registra, nel settore penale, altre ipotesi similari", e segnatamente "quella prevista dal primo comma dell’art. 3-bis della legge 31 maggio 1965, n. 575" (Disposizioni contro la mafia), nonché quelle di cui agli articoli 162 (Oblazione nelle contravvenzioni) e 162-bis (Oblazione discrezionale) del codice penale;

che la difesa erariale conclude, quindi, evidenziando come il legislatore del 2003, "mosso da un intento di cautela deflativa", abbia "operato una scelta di carattere procedimentale" assolutamente ragionevole, proponendosi "di differenziare le discipline ed i relativi rimedi previsti dall’ordinamento, a seconda che l’autore della violazione intenda far valere i propri diritti di fronte all’autorità amministrativa ovvero, anticipatamente, a quella giudiziaria".

Considerato che i Giudici di pace indicati in epigrafe hanno sollevato questione di legittimità costituzionale – adducendo la violazione degli artt. 2, 3, 24, 25, 41, 102, primo comma, 111, secondo comma, e 113 della Costituzione – dell’art. 204-bis, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214;

che, inoltre, i Giudici di pace di Mestre (r.o. n. 1166 del 2003) e Rimini (r.o. n. 217 del 2004) hanno esteso il dubbio di costituzionalità, l’uno alle previsioni di cui ai commi 5 e 6 del citato art. 204-bis (disciplinanti, rispettivamente, le modalità di prelievo, restituzione ed incameramento della somma depositata dal ricorrente ai sensi del predetto comma 3, nelle ipotesi di accoglimento o rigetto della sua iniziativa giudiziale), l’altro al solo comma 5 dell’articolo di legge suddetto;

che i Giudici di pace di Carinola (r.o. n. 1160 del 2003), Ficarolo (r.o. n. 1172 del 2003), Modica (r.o. n. 4 del 2004) e Grosseto (r.o. n. 129 del 2004) dubitano altresì della legittimità costituzionale – per violazione dell’art. 41 della Costituzione – degli artt. 2 e 4 del regio decreto 10 marzo 1910, n. 149 (Approvazione del regolamento sul servizio dei depositi giudiziari), disposizioni che pure rileverebbero nell’ipotesi in esame, disciplinando le modalità di deposito della somma dovuta a titolo di "cauzione";

che tutte le questioni sollevate, per la loro evidente connessione, vanno trattate congiuntamente, per cui va disposta la riunione dei relativi giudizi;

che questa Corte, investita di analoghe questioni – prospettate con riferimento agli artt. 2, 3, 24, 25, 111 e 113 della Costituzione – aventi ad oggetto sempre l’art. 204-bis, comma 3, del d.lgs. n. 285 del 1992, ha concluso – previa declaratoria d’inammissibilità della censura prospettata da quel giudice a quo che nella propria ordinanza di rimessione aveva dato atto dell’avvenuto versamento della somma di cui alla norma impugnata – nel senso dell’illegittimità costituzionale di tale disposizione (sentenza n. 114 del 2004);

che, pertanto, alla stregua di quanto già affermato in tale decisione, deve ribadirsi – con specifico riferimento alla questione proposta dal Giudice di pace di Modica (r.o. n. 4 del 2004), atteso che questi, nel sollevarla, ha dato espressamente atto dell’avvenuto versamento della somma di cui all’art. 204-bis, comma 3, del d.lgs. n. 285 del 1992 – la conclusione secondo cui, ricorrendo l’evenienza da ultimo descritta, "il dubbio relativo all’illegittimità costituzionale della norma che contempla detto versamento – sotto il profilo della "grave disparità di trattamento tra i cittadini" – è privo di rilevanza nel giudizio a quo" (sentenza n. 114 del 2004), con conseguente manifesta inammissibilità della questione prospettata;

che in relazione, invece, alle questioni sollevate da tutti gli altri rimettenti, deve darsi atto che questa Corte è già pervenuta alla conclusione "che l’imposizione dell’onere economico di cui all’art. 204-bis del d.lgs. n. 285 del 1992 finisca con il pregiudicare l’esercizio di diritti che l’art. 24 della Costituzione proclama inviolabili, considerato che il mancato versamento comporta un effetto preclusivo dello svolgimento del giudizio, incidendo direttamente sull’ammissibilità dell’azione esperita" (così la citata sentenza n. 114 del 2004);

che, pertanto, vanno restituiti gli atti ai suddetti giudici a quibus affinché verifichino la perdurante rilevanza di tutte le questioni prospettate, ivi comprese quelle che investono disposizioni ulteriori rispetto al comma 3 del più volte menzionato art. 204-bis, disciplinando esse, comunque, le modalità di deposito della somma di cui a tale comma, ovvero di prelievo, restituzione o incameramento della stessa.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 204-bis, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, e degli artt. 2 e 4 del regio decreto 10 marzo 1910, n. 149 (Approvazione del regolamento sul servizio dei depositi giudiziari), sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 41 e 113 della Costituzione, dal Giudice di pace di Modica, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

ordina la restituzione degli atti ai Giudici di pace di Sulmona, Brindisi, Sant’Antioco, Cagliari, Chiaromonte, Asiago, Città della Pieve, Reggio Calabria, Racconigi, Monza, Palermo, Santadi, Anzio, Gallipoli, Vietri di Potenza, Venafro, Montefiascone, Gragnano, Cosenza, Carinola, Mestre, Senorbì, Ficarolo, Alghero, Livorno, Montecorvino Rovella, San Miniato, Trapani, Portici, Todi, Castelfiorentino, Orvieto, Genzano di Roma, Sorgono, Lizzano, Bojano, Carini, Genova, Cascina, Grosseto, Venezia, Velletri, Bra, Napoli, San Pietro Vernotico, Montefalco, Udine, Varazze, Rimini, Pescina, Asolo, Carbonia, Potenza, Lagonegro, Milano, Rotondella ed Aulla.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta l'8 luglio 2004.

Carlo MEZZANOTTE, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 22 luglio 2004.