Ordinanza n. 242 del 2004

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ORDINANZA N. 242

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Gustavo                    ZAGREBELSKY                     Presidente

- Valerio                      ONIDA                                        Giudice

- Carlo                         MEZZANOTTE                                "

- Fernanda                  CONTRI                                            "

- Guido                       NEPPI MODONA                            "

- Piero Alberto            CAPOTOSTI                                     "

- Annibale                   MARINI                                            "

- Franco                      BILE                                                  "

- Giovanni Maria        FLICK                                               "

-     Francesco             AMIRANTE                                      "

- Ugo                          DE SIERVO                                      "    

-  Romano                   VACCARELLA                               "

- Paolo                        MADDALENA                                 "

- Alfonso                    QUARANTA                                    "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 13, commi 1 e 2, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), promosso con ordinanza del 16 ottobre 2003 dal Tribunale di La Spezia nei procedimenti civili vertenti tra Iasella Gianluca e Pieri Daniele, iscritta al n. 12 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell’anno 2004.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 giugno 2004 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto che il Tribunale di La Spezia, con ordinanza emessa il 16 ottobre 2003, ha sollevato, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, commi 1 e 2, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), nella parte in cui tali disposizioni “sanciscono (art. 13 primo comma) la nullità parziale del contratto di locazione come conseguenza della sua mancata registrazione e riconoscono di conseguenza (art. 13 secondo comma) il diritto del conduttore a ripetere le somme versate in eccedenza rispetto al canone del contratto registrato”;

che il giudice a quo, dopo aver descritto la fattispecie al suo esame, qualificandola come una ipotesi di simulazione relativa, reputa inapplicabile la disciplina dell’art. 1414 del codice civile, in quanto l’art. 13 della legge n. 431 del 1998 stabilisce la nullità di ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato ed esclude quindi la possibilità di attribuire effetti al contratto non registrato, sebbene realmente voluto dalle parti;

che, ad avviso del rimettente, sarebbe irragionevole ed in contrasto con il principio di eguaglianza una siffatta previsione, in quanto la sanzione di nullità del contratto dissimulato e la conseguente proponibilità dell’azione di ripetizione dell’indebito determinerebbero effetti pregiudizievoli solo per il locatore, tenuto al rimborso della differenza tra i due canoni, mentre il conduttore non solo trarrebbe dalla frode fiscale il vantaggio di vedersi praticato un canone inferiore ai prezzi correnti di mercato ma beneficerebbe anche della restituzione di parte dei canoni, ancorché liberamente concordati;

che il giudice a quo richiama l’interpretazione sostenuta da una parte della giurisprudenza di merito e della dottrina – secondo cui la mancata registrazione del contratto non darebbe luogo a nullità ma a semplice inefficacia, sanabile con un adempimento fiscale anche tardivo – sottolineandone la irrilevanza ai fini della decisione, poiché nella specie le parti non hanno provveduto alla registrazione, con la conseguenza che il conduttore, pur avendo partecipato alla frode fiscale senza contribuire a sanarla, avrebbe comunque diritto alla ripetizione delle somme in danno del locatore; 

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l’infondatezza della questione;

che la difesa erariale osserva come l’obbligo di denunciare al fisco il reddito derivante dalla locazione sia posto a carico soltanto del locatore, onde è perfettamente logico che egli solo subisca le conseguenze della nullità, finalizzata ad evitare la stipulazione di patti in frode alla legge;

che inoltre, sottolinea l’Avvocatura, la disposizione in esame è posta a tutela dell’interesse erariale alla registrazione del contratto, in funzione del successivo prelievo fiscale sugli incrementi patrimoniali del reddito del locatore, e pertanto le conseguenze derivanti dal mancato assolvimento dell’obbligo di natura fiscale si pongono su un piano distinto rispetto ai diritti delle parti nascenti dal contratto.

Considerato che le censure del Tribunale di La Spezia investono l’art. 13, commi 1 e 2, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, il quale sancisce la nullità delle pattuizioni volte a determinare un importo del canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato e consente al conduttore di chiedere la restituzione delle somme indebitamente corrisposte;

che, ad avviso del rimettente, la predetta norma si porrebbe in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, poiché la previsione in essa contenuta di nullità parziale del contratto di locazione, come conseguenza della sua mancata registrazione, e il contestuale riconoscimento del diritto del conduttore di ripetere le somme versate in eccedenza rispetto al canone del contratto scritto e registrato determinerebbero effetti pregiudizievoli soltanto per il locatore e sarebbero quindi lesivi del principio di eguaglianza, oltre che irragionevoli;

che il giudice a quo, pur consapevole della possibilità di una esegesi della norma diversa da quella risultante dal suo tenore letterale, omette tuttavia di verificare se siano consentite interpretazioni tali da porre la norma stessa al riparo dai prospettati dubbi di costituzionalità;

che le diverse tesi riscontrabili in giurisprudenza circa la natura e gli effetti della registrazione del contratto di locazione e la corrispondente pluralità di opinioni sostenute in dottrina dimostrano l’ampiezza delle possibilità ermeneutiche in ordine al testo normativo in esame, tali da consentire al giudice la scelta di una interpretazione conforme a Costituzione, anche tenuto conto della giurisprudenza di legittimità successivamente intervenuta;

che pertanto la questione deve dichiararsi manifestamente inammissibile, non avendo il giudice a quo compiuto il doveroso tentativo di individuare una interpretazione adeguatrice della norma denunciata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, commi 1 e 2, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), sollevata, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di La Spezia con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8  luglio 2004.

F.to:

Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2004.