Sentenza n. 103 del 2004

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SENTENZA N.103

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Gustavo ZAGREBELSKY      Presidente                   

- Valerio ONIDA                                                         Giudice

- Carlo MEZZANOTTE                                              "

- Fernanda CONTRI                                                    "

- Guido NEPPI MODONA                                         "

- Piero Alberto CAPOTOSTI                                      "

- Annibale MARINI                                                    "

- Franco  BILE                                                             "

- Giovanni Maria FLICK                                             "

- Francesco AMIRANTE                                            "

- Ugo DE SIERVO                                                     "

- Romano VACCARELLA                                         "

- Paolo MADDALENA                                              "

- Alfonso QUARANTA                                              "

ha pronunciato la seguente                                                

SENTENZA

nei giudizi per conflitti di attribuzione sorti a seguito del decreto 7 dicembre 1999 (Modalità di riversamento dell’acconto IVA dicembre 1999) e del decreto 13 dicembre 2000 (Modalità di riversamento all’erario dell’acconto IVA di dicembre 2000, ai sensi dell’art. 6 della legge 29 dicembre 1990, n. 405), emessi dal Direttore generale del dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze, di concerto con il Ragioniere generale dello Stato, promossi con ricorsi della Regione Siciliana notificati il 12 febbraio 2000 e il 13 febbraio 2001, depositati in cancelleria il 21 febbraio 2000 e il 19 febbraio 2001 ed iscritti al n. 9 del registro conflitti 2000 e al n. 9 del registro conflitti 2001.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 24 febbraio 2004 il Giudice relatore Paolo Maddalena;

uditi l’avvocato Giovanni Carapezza Figlia per la Regione Siciliana, nonché l’avvocato dello Stato Giancarlo Mandò per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. ¾ Con ricorso notificato il 12 febbraio 2000 e depositato il successivo 21 febbraio, la Regione Siciliana ha sollevato conflitto di attribuzione in relazione al decreto 7 dicembre 1999 (Modalità di riversamento dell’acconto IVA dicembre 1999), emesso dal Direttore generale del dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze, di concerto con il Ragioniere generale dello Stato.

La ricorrente ritiene che il predetto decreto dirigenziale sia lesivo degli artt. 20 e 36 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione Siciliana) e degli artt. 2 e 8 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello statuto della Regione Siciliana in materia finanziaria), nonché degli artt. 3, 81, quarto comma, e 97 della Costituzione.

La Regione ricorrente ha chiesto, quindi, l’annullamento del decreto impugnato “nella parte in cui non parifica la Regione siciliana allo Stato, per ciò che attiene al riversamento del gettito dell’acconto IVA dicembre 1999 di spettanza”.

1.1. ¾ Prima di illustrare le censure, la ricorrente fa presente che il decreto in questione ha la sua base normativa nell’art. 6, comma 5-ter, della legge 29 dicembre 1990, n. 405 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 1991), il quale, nel disporre l’obbligo per i contribuenti intestatari di conto fiscale, di effettuare il versamento dell’IVA dovuta in acconto entro il 27 del mese di dicembre di ciascun anno presso gli sportelli dei concessionari della riscossione o presso le banche, prevede che il Ministro delle finanze, di concerto con quello del tesoro, possa stabilire “annualmente i tempi e le modalità, nei rapporti tra aziende di credito, concessionari e Banca d’Italia, per il riversamento all’erario entro il 31 dicembre delle somme relative all’acconto” stesso.

In riferimento a questa disposizione legislativa, il decreto impugnato ha fatto obbligo alle banche e agli uffici postali di riversare sulla contabilità speciale “fondi della riscossione”, tenuta dalla Banca d’Italia – sezione di tesoreria provinciale di Roma-Tuscolana, le somme versate a titolo di acconto IVA.

L’art. 1, comma 2, dello stesso decreto autorizza la citata sezione di tesoreria provinciale dello Stato a prelevare dalla predetta contabilità speciale le somme in questione per il riversamento delle stesse al pertinente capitolo del bilancio dello Stato entro la data del 30 dicembre 1999, ad eccezione dell’importo pari a 130 miliardi di lire, quale stima del gettito dell’acconto IVA spettante alla Regione Siciliana, salvo successivo conguaglio.

1.2. ¾ Nel merito, la Regione Siciliana ritiene, in primo luogo, che il decreto impugnato determini una lesione delle attribuzioni regionali in materia finanziaria garantite dagli artt. 20 e 36 dello statuto e dalle correlate disposizioni di attuazione.

Ciò in quanto il decreto dirigenziale non prevede il versamento alla cassa regionale siciliana della quota di acconto dell’imposta sul valore aggiunto di propria spettanza entro il termine del “30 dicembre 1999”, così come invece prevedeva l’art. 1, comma 5, dell’analogo decreto dirigenziale 15 dicembre 1998 (Modalità di riversamento dell’acconto IVA riscosso entro il 28 dicembre 1998), ed inoltre omette di individuare specifici meccanismi attributivi delle somme spettanti alla Regione medesima.

1.3. ¾ La Regione ricorrente sostiene altresì che l’impugnato decreto sia lesivo degli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Infatti, detto decreto, per un verso, differenzia irragionevolmente la disciplina del riversamento dell’IVA secondo che la relativa spettanza sia dello Stato ovvero della Regione Siciliana, e, per altro verso, disattende il principio di buon andamento, “che impone una leale collaborazione tra le varie amministrazioni pubbliche”, non essendo state concordate con la Regione le disposizioni in esso contenute.

1.4. ¾ La Regione sostiene infine che il decreto impugnato sia lesivo dell’art. 81, quarto comma, della Costituzione, sotto il profilo del mancato rispetto del principio della copertura finanziaria.

Ed invero non risulta stabilito che il riversamento in questione abbia corso, quale effetto di cassa, nello stesso esercizio finanziario in relazione al quale il relativo gettito tributario si determina, e cioè nel mese di dicembre 1999. Peraltro il ritardo nell’acquisizione di quanto di spettanza comporta una compressione delle disponibilità di cassa della Regione, con “il conseguente condizionamento delle sue possibilità operative ed in ultima analisi delle sue scelte politiche”.

2. ¾ Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo anzitutto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.

Infatti l’omessa previsione, nell’atto impugnato, del termine e delle modalità di accredito dell’importo spettante alla Regione non comporta una lesione attuale della sfera delle attribuzioni regionali in materia finanziaria ovvero una menomazione attuale della possibilità di esercizio delle medesime.

Nel merito, la difesa erariale ritiene che il ricorso sia comunque infondato.

Essa pone in rilievo che, nel corso del 1999, ingenti somme sono state messe a disposizione dei concessionari delle nove province siciliane da parte della struttura di gestione per i rimborsi in conto fiscale a favore dei contribuenti e che del tutto legittimamente si è provveduto a stimare il gettito dell’acconto IVA 1999 di pertinenza della Regione Siciliana per un importo pari a 130 miliardi di lire, salvo successivo conguaglio.

La difesa erariale pone altresì in rilievo che la Regione era stata preavvertita dell’emanando decreto sin dal 1° dicembre 1999 e che questa aveva fatto conoscere le proprie osservazioni solo successivamente all’emanazione del decreto stesso.

3. ¾ Con ricorso notificato il 13 febbraio 2001 e depositato il successivo 19 febbraio, la Regione Siciliana ha sollevato conflitto di attribuzione in relazione al decreto 13 dicembre 2000 (Modalità di riversamento all’erario dell’acconto IVA di dicembre 2000, ai sensi dell’art. 6 della legge 29 dicembre 1990, n. 405), emesso dal Direttore generale del dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze, di concerto con il Ragioniere generale dello Stato.

La ricorrente ritiene che il predetto decreto dirigenziale sia lesivo degli artt. 20 e 36 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione Siciliana) e degli artt. 2 e 8 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello statuto della Regione Siciliana in materia finanziaria), nonché degli artt. 3, 81, quarto comma, e 97 della Costituzione.

La Regione ricorrente ha chiesto, quindi, l’annullamento del decreto impugnato “nella parte in cui non parifica la Regione Siciliana allo Stato, per ciò che attiene al riversamento del gettito dell’acconto IVA dicembre 2000 di spettanza”.

3.1. ¾ La Regione Siciliana, trattandosi di censura analoga a quella già prospettata in relazione al decreto dirigenziale 7 dicembre 1999, ripropone integralmente le censure già avanzate in quella sede.

In aggiunta, la ricorrente evidenzia che le somme di propria spettanza, quale gettito dell’acconto IVA del dicembre 1999, non sono mai pervenute nella disponibilità dell’erario regionale, in quanto sono state oggetto di compensazione, unilateralmente determinata da parte statale, con contrapposte partite di debito per anticipazioni effettuate ai concessionari della Sicilia per rimborsi ai contribuenti intestatari di conto fiscale.

4. ¾ Anche in questo caso si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ribadendo le conclusioni di inammissibilità e comunque di infondatezza, già rappresentate a proposito del ricorso riguardante l’analogo decreto dirigenziale del 7 dicembre 1999.

5. ¾ Nell’imminenza dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri, ha depositato memoria con la quale, nel confermare le conclusioni di inammissibilità del ricorso per non attualità della lesione delle attribuzioni regionali e comunque di infondatezza dello stesso, pone in evidenza che: a) per il 1999, la somma spettante alla ricorrente a titolo di acconto IVA “non è stata corrisposta alla Regione in quanto “recuperata” e riversata al bilancio dello Stato, a parziale compensazione del maggior credito … maturato in capo allo Stato, nei confronti della stessa Regione, per il medesimo anno 1999, a seguito della avvenuta anticipazione alla Regione Siciliana” delle somme necessarie per provvedere ai rimborsi in conto fiscale; b) per il 2000, che la somma spettante è stata versata alla Regione Siciliana in data 29 dicembre 2000.

Infine, la difesa erariale aggiunge che in data 10 maggio 2003 è stato sottoscritto tra Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero dell’economia e delle finanze e Regione Siciliana un protocollo di intesa, con il quale sono stati regolati i rapporti finanziari pregressi fino all’anno 2001 tra Stato e Regione, e con il quale si è dato atto dell’intervenuta compensazione tra le anticipazioni effettuate dallo Stato per provvedere ai rimborsi ai contribuenti intestatari di conto fiscale e le spettanze regionali a titolo di acconto IVA 1999. Dal riconoscimento consensuale delle reciproche spettanze, l’Avvocatura generale dello Stato trae argomento per sostenere, sul punto, l’intervenuta cessazione della materia del contendere.

6. ¾ Nel corso dell’udienza la Regione Siciliana ha depositato documentazione.

Considerato in diritto

1. ¾ La Regione Siciliana, con i ricorsi notificati, rispettivamente, il 12 febbraio 2000 e il 13 febbraio 2001, ha impugnato, in quanto lesivi della propria autonomia finanziaria, il decreto dirigenziale 7 dicembre 1999 (Modalità di riversamento dell’acconto IVA dicembre 1999) ed il decreto dirigenziale 13 dicembre 2000 (Modalità di riversamento all’erario dell’acconto IVA di dicembre 2000, ai sensi dell’art. 6 della legge 29 dicembre 1990, n. 405), emessi in attuazione dell’art. 6, comma 5-ter, della legge 29 dicembre 1990, n. 405 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 1991), il quale prevede la possibilità di stabilire con apposito decreto ministeriale i tempi e le modalità, nei rapporti tra aziende di credito, concessionari e Banca d’Italia, per il riversamento all’erario entro il 31 dicembre delle somme relative all’acconto IVA versato dai contribuenti.

Secondo la ricorrente, i decreti in questione sarebbero lesivi dell’autonomia regionale, in quanto non garantirebbero “l’indispensabile immediata attribuzione all’erario regionale delle proprie spettanze, atteso che nessuno specifico sistema, né termine di adempimento, è stato previsto al fine dell’acquisizione delle stesse al bilancio regionale”.

Di conseguenza, i decreti dirigenziali in esame violerebbero gli articoli 20 e 36 dello statuto siciliano e le norme di attuazione dello statuto stesso in materia finanziaria, nonché gli articoli 3, 81, quarto comma, e 97 della Costituzione.

2. ¾ I due conflitti di attribuzione fra lo Stato e la Regione Siciliana, sebbene proposti nei confronti di atti differenti riguardanti due distinti e separati procedimenti, prospettano le medesime censure; i giudizi possono perciò essere riuniti per essere decisi con unica sentenza.

3. ¾ Va anzitutto rigettata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa erariale, in base alla quale l’omessa previsione, negli atti impugnati, del termine e delle modalità di accredito dell’importo spettante alla Regione non comporta l’attualità della lesione delle attribuzioni rivendicate dalla Regione.

Infatti, detta eccezione non risulta adeguatamente motivata.

4. ¾ Nel merito, la prospettazione regionale non può essere accolta.

5. ¾ La Regione Siciliana lamenta, come si è accennato, la violazione degli artt. 20 e 36 dello statuto regionale, nonché degli artt. 2 e 8 delle relative disposizioni di attuazione in materia finanziaria, nella parte in cui gli atti impugnati non prevedono che il versamento alla cassa regionale siciliana della quota di acconto dell’imposta sul valore aggiunto venga disposto entro il mese di dicembre degli anni 1999 e 2000, così come invece aveva previsto l’art. 1, comma 5, dell’analogo decreto dirigenziale 15 dicembre 1998, ed omettono di individuare specifici meccanismi attributivi delle somme spettanti alla Regione medesima.

Al riguardo va considerato che i decreti in questione prevedono che le banche e gli uffici postali riversino gli acconti IVA sulla contabilità speciale “fondi della riscossione”, tenuta dalla Banca d’Italia - sezione di tesoreria provinciale di Roma-Tuscolana, e dispongono poi che la stessa tesoreria provinciale riversi le predette somme al pertinente capitolo del bilancio dello Stato, rispettivamente, entro la data del 30 dicembre 1999 e del 29 dicembre 2000, ad eccezione degli importi di 130 miliardi di lire per il 1999 e di 135 miliardi di lire per il 2000, quale stima del gettito dell’acconto IVA spettante alla Regione Siciliana, “salvo successivo conguaglio”.

Affermare che gli acconti IVA sono riversati al bilancio statale ad eccezione di determinati importi “spettanti” alla Regione Siciliana, non può infatti altro significare che detti ultimi importi debbano essere versati alla cassa regionale immediatamente. In altri termini, i decreti dirigenziali in questione hanno il valore di ordini di versamento di somme rivolti alla tesoreria provinciale in favore della Regione e tali ordini non possono non avere immediata esecuzione.

Ciò del resto è confermato dal comportamento tenuto dall’amministrazione finanziaria, che ha prontamente trasferito le somme spettanti alla Regione Siciliana.

Infatti, per quanto riguarda il decreto 13 dicembre 2000, risulta agli atti che l’importo in questione è stato versato dalla tesoreria provinciale alla cassa regionale siciliana, in data 29 dicembre 2000. E, per quanto riguarda il decreto 7 dicembre 1999, è da tener presente che l’importo di 130 miliardi di lire fu portato in compensazione con un credito liquido ed esigibile, di maggiore importo, maturato dallo Stato nei confronti della Regione Siciliana, per rimborsi ai contribuenti in conto fiscale effettuati dai concessionari operanti nella Regione. A conferma di ciò risulta che in data 10 maggio 2003 è stato sottoscritto tra Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero dell’economia e delle finanze e Regione Siciliana un protocollo d’intesa, che, tra l’altro, dà atto dell’intervenuta compensazione tra le anticipazioni effettuate dallo Stato per provvedere ai rimborsi in conto fiscale e le spettanze regionali a titolo di acconto IVA 1999. Detto protocollo d’intesa risulta peraltro richiamato dall’art. 51, comma 1-bis, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 24 novembre 2003, n. 326.

6. ¾ Neppure può parlarsi di ritardi a proposito della corresponsione dei “successivi conguagli”. La necessità del ricorso a questi ultimi dipende dal fatto che l’esatto ammontare di quanto dovuto alla Regione può conoscersi solo a seguito delle operazioni tecniche del cosiddetto sistema di versamento unitario dei tributi. In base a questo sistema l’accertamento delle spettanze dei singoli enti destinatari e, tra questi, della cassa della Regione Siciliana, è possibile solo dopo che la apposita struttura di gestione ha provveduto ai conteggi ed alle operazioni di propria competenza. E si deve sottolineare che le operazioni di competenza della struttura di gestione sono mere operazioni tecnico contabili, le quali non consentono alcuna discrezionalità nell’attribuzione delle somme agli enti destinatari (sentenza n. 156 del 2002).

Ne consegue che anche i conguagli pervengono alla cassa della Regione entro termini contenuti e pertanto non può certo dirsi che l’interesse costituzionalmente protetto della Regione sia violato per le minime dilazioni nell’afflusso delle somme, imputabili alla interposizione delle predette operazioni.

Se ne deve concludere che non può parlarsi di una lesione dell’autonomia finanziaria della Regione per violazione degli articoli 20 e 36 dello statuto e delle relative norme di attuazione in materia finanziaria.

7. ¾ I provvedimenti impugnati non sono neppure lesivi degli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Alla stregua della prospettazione regionale, gli atti censurati differenziano irragionevolmente la disciplina del riversamento dell’IVA secondo che la relativa spettanza sia dello Stato, ovvero della Regione Siciliana, e, per altro verso, disattendono il principio di buon andamento, “che impone una leale collaborazione tra le varie amministrazioni pubbliche”, non essendo state concordate con la Regione le disposizioni in questione.

Ma, come si è già visto, mentre nessuna lesione si è determinata nella posizione costituzionalmente garantita della Regione Siciliana, non può certo considerarsi di per sé irragionevole e contrastante con il principio di eguaglianza una eventuale e marginale diversità di disciplina fra Stato e Regione, ai fini delle modalità di riscossione e riversamento delle entrate (sentenza n. 66 del 2001).

Neppure può ritenersi fondata la censura degli atti in esame per violazione del principio di leale cooperazione.

Infatti, come sopra dimostrato, gli interessi della Regione risultano comunque sufficientemente tutelati dalla disciplina introdotta dai censurati decreti, dal momento che gli stessi non prevedono alcun margine di discrezionalità dell’amministrazione finanziaria in occasione del riversamento delle risorse di spettanza regionale.

8. ¾ Anche la prospettazione regionale riferita all’art. 81, quarto comma, della Costituzione, sotto il profilo del mancato rispetto del principio della copertura finanziaria, non può essere accolta.

Secondo la Regione, il riversamento in questione non risulta essere stato disciplinato nel senso di avere corso, quale effetto di cassa, nello stesso esercizio finanziario in relazione al quale il gettito tributario si determina, e cioè nel mese di dicembre degli esercizi finanziari di riferimento.

Ma, come sopra rilevato, mentre la quota forfetaria viene versata entro l’anno, la statuizione, secondo la quale le operazioni di conguaglio avvengono nell’anno successivo, non determina uno iato di significato apprezzabile fra il momento della previsione dell’entrata contenuta nel decreto e quello dell’effettivo versamento; ciò nella considerazione che il conguaglio avviene in ristretti limiti di tempo e comunque costituisce un’operazione non rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione finanziaria (sentenza n. 405 del 2000).

9. ¾ I decreti impugnati non sono quindi lesivi delle attribuzioni regionali.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara che spetta allo Stato disciplinare con i decreti 7 dicembre 1999 (Modalità di riversamento dell’acconto IVA dicembre 1999) e 13 dicembre 2000 (Modalità di riversamento all’erario dell’acconto IVA di dicembre 2000, ai sensi dell’art. 6 della legge 29 dicembre 1990, n. 405), emessi dal Direttore generale del dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze, di concerto con il Ragioniere generale dello Stato, le modalità del riversamento dell’acconto IVA alla Regione Siciliana.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 2004.

Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente

Paolo MADDALENA, Redattore

Depositata in Cancelleria l'1  aprile 2004.