Ordinanza n. 84 del 2004

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ORDINANZA N. 84

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Gustavo                                            ZAGREBELSKY      Presidente

-  Valerio                                              ONIDA                         Giudice

-  Carlo                                                 MEZZANOTTE                “

-  Fernanda                                           CONTRI                            “

-  Guido                                                NEPPI MODONA            “

-  Piero Alberto                                    CAPOTOSTI                     “

-  Franco                                               BILE                                  “

-  Giovanni Maria                                 FLICK                               “

-  Ugo                                                   DE SIERVO                      “

-  Romano                                            VACCARELLA                “

-  Paolo                                                 MADDALENA                 “

-  Alfio                                                 FINOCCHIARO               “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge 12 febbraio 1955, n. 77 (Pubblicazione degli elenchi dei protesti cambiari), sostituito dall’art. 2, comma 1, della legge 18 agosto 2000, n. 235 (Nuove norme in materia di cancellazione dagli elenchi dei protesti cambiari), promosso con ordinanza del 17 febbraio 2003 dal Giudice di pace di Ferrara nel procedimento vertente tra Pulga Angelo e la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Ferrara, iscritta al n. 387 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2003.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 21 gennaio 2004 il Giudice relatore Romano Vaccarella.

  Ritenuto che, nel corso di un procedimento civile, promosso davanti al Giudice di pace di Ferrara da Angelo Pulga nei confronti della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Ferrara, ai sensi dell’art. 4, comma 4, della legge 12 febbraio 1955, n. 77 (Pubblicazione degli elenchi dei protesti cambiari) – sostituito dall’art. 2, comma 1, della legge 18 agosto 2000, n. 235 (Nuove norme in materia di cancellazione dagli elenchi dei protesti cambiari) –, a seguito della reiezione, da parte del presidente di detto ente camerale, dell’istanza di cancellazione dal registro informatico di cui all’art. 3-bis del decreto-legge 18 settembre 1995, n. 381 (Disposizioni urgenti in materia di finanziamento delle camere di commercio) – convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 novembre 1995, n. 480 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 settembre 1995, n. 381, recante disposizioni urgenti in materia di finanziamento delle camere di commercio) –, dell’iscrizione avvenuta per mancato pagamento di due assegni bancari, il giudice adìto, con ordinanza del 17 febbraio 2003, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 41 e 47 della Costituzione, dell’art. 4, comma 1, della citata legge n. 77 del 1955, nella parte in cui – mentre prevede che il debitore, contro cui sia stato levato protesto per mancato pagamento di una cambiale o di un vaglia cambiario, ha diritto di ottenere la cancellazione del proprio nome dal predetto registro informatico, qualora, entro il termine di dodici mesi dalla levata del protesto, provveda al pagamento della cambiale o del vaglia cambiario protestato, unitamente agli interessi maturati e alle spese per il protesto, per il precetto e per il processo esecutivo eventualmente promosso – non consente, invece, al traente di un assegno bancario protestato, che abbia pagato capitale, interessi, penale e spese nel termine di cui all’art. 8 della legge 15 dicembre 1990, n. 386 (Nuova disciplina sanzionatoria degli assegni bancari) – sostituito dall’art. 33 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’articolo 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205) –, di ottenere anch’egli la cancellazione del proprio nome dal medesimo registro informatico;

  che, quanto alla rilevanza della questione, il giudice rimettente riferisce che l’attore, avendo subito il protesto di due assegni bancari, il cui pagamento era stato rifiutato dalla banca trattaria per mancanza di fondi, aveva successivamente provveduto al pagamento a favore del prenditore delle somme portate dai titoli, oltre agli interessi legali, alle spese di protesto e alla penale di cui all’art. 3 della legge n. 386 del 1990 nel termine fissato dall’art. 8 della stessa legge n. 386 del 1990 (sessanta giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione del titolo);

  che l’attore aveva, quindi, presentato istanza al presidente della locale Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, chiedendo la cancellazione del proprio nome dal registro informatico dei protesti, ma si era visto respingere l’istanza, con la motivazione che non ricorreva alcuna delle ipotesi in cui la legge consente la cancellazione del protesto di un assegno bancario, ai sensi dell’art. 4, comma 2, della legge n. 77 del 1955 (illegittima o erronea levata del protesto), non essendo estensibile al protesto di assegno bancario la disposizione del comma 1 dello stesso art. 4, il quale prevede la cancellazione del protesto per mancato pagamento soltanto con riferimento alla cambiale o al vaglia cambiario;

  che, quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo  sostiene che la norma dell’art. 4 della legge n. 77 del 1955, nella parte in cui nega al traente di un assegno bancario, protestato per mancato pagamento, la possibilità di ottenere la cancellazione del proprio nome dal registro informatico dei protesti, è in contrasto:

a) con l’art. 3 Cost., poiché determina una ingiustificata disparità di trattamento fra il debitore che abbia provveduto nel termine “di grazia” al pagamento di un assegno bancario protestato e il debitore che, a seguito del protesto, abbia pagato una cambiale o un vaglia cambiario, potendo quest’ultimo, a differenza del primo, ottenere la cancellazione del proprio nome dal registro informatico dei protesti;

b) con gli artt. 2, 4 e 41 Cost., poiché al traente di un assegno bancario protestato è sostanzialmente preclusa la possibilità di esercitare una qualsiasi attività commerciale o professionale, essendogli negato l’accesso al credito, in conseguenza del protesto;

c) con l’art. 47 Cost., poiché l’attribuzione allo Stato del potere di coordinare e controllare l’esercizio del credito non può comportare che norme sanzionatorie pregiudichino l’accesso al credito di soggetti che con il loro comportamento hanno dimostrato di aver riparato il danno sociale solo temporaneamente causato, per di più discriminando fra alcuni debitori (cui l’accesso al credito resta consentito) e altri (cui, invece, è precluso);

  che il rimettente, ricordato che la Corte costituzionale, in precedenti occasioni, ha già dichiarato infondate analoghe questioni di legittimità costituzionale della norma impugnata, osserva che la diversità di regime giuridico e sanzionatorio fra cambiale e assegno bancario, in considerazione della quale la Corte ha respinto le censure di incostituzionalità, è, nel frattempo, quasi del tutto venuta meno, in conseguenza di talune sopravvenute modifiche legislative, per effetto delle quali:

– è stata abrogata ogni sanzione penale per l’emissione di assegni senza autorizzazione o senza provvista, prevedendosi solo sanzioni amministrative e una sanzione civilistica, qual è la penale di cui all’art. 3 della legge n. 386 del 1990;

– non vi è alcuna differenza qualitativa nel trattamento sanzionatorio fra l’assegno privo di copertura al momento dell’emissione e quello privo di copertura al momento della presentazione per l’incasso;

– il regime del pagamento tardivo (cosiddetto “ravvedimento operoso”) non tiene conto del fatto che l’assegno fosse o meno scoperto al momento dell’emissione;

– è prevista la cancellazione del protesto, nel caso in cui esso sia stato levato illegittimamente o erroneamente, senza distinzione fra cambiale e assegno;

– è prevista la riabilitazione del debitore protestato, che abbia adempiuto l’obbligazione per la quale è stato levato il protesto, decorso un anno, sempre senza distinzione fra cambiale e assegno;

  che, in conclusione, ad avviso del rimettente, il regime del protesto sia della cambiale sia dell’assegno è identico, differendo, ormai senza più giustificazione, soltanto quanto alla cancellazione;

  che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per la declaratoria di non fondatezza della questione, in quanto – come è stato rilevato dalla Corte costituzionale in precedenti pronunzie – tuttora diversa è la funzione tipica dei due titoli di credito, costituendo l’assegno bancario un mezzo di pagamento e la cambiale, invece, uno strumento di credito, sicché si giustifica ancor oggi una disciplina differenziata quanto alla cancellazione del protesto.

  Considerato  che il Giudice di pace di Ferrara dubita, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 41 e 47 Cost., della legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge 12 febbraio 1955, n. 77 (Pubblicazione degli elenchi dei protesti cambiari), come sostituito dall’art. 2, comma 1, della legge 18 agosto 2000, n. 235 (Nuove norme in materia di cancellazione dagli elenchi dei protesti cambiari), nella parte in cui non consente al traente di un assegno bancario, protestato per mancato pagamento, di ottenere la cancellazione del proprio nome dal registro informatico dei protesti a seguito del pagamento, nel termine di cui all’art. 8, comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 386 (Nuova disciplina sanzionatoria degli assegni bancari) – come sostituito dall’art. 33 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’articolo 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205) – di quanto (sorte, interessi, spese, penale) dalla legge stessa previsto;

  che questa Corte ha già esaminato, con la sentenza n. 70 del 2003, la questione – posta come centrale dal rimettente – del rilevante avvicinamento, sotto più profili, della disciplina dell’assegno a quella della cambiale, concludendo che, tuttavia, la peculiare natura di mezzo di pagamento conservata dall’assegno giustifica la diversa disciplina che, quanto alle conseguenze del protesto, il legislatore ha dettato rispetto alla cambiale;

  che, essendo palesemente incongrui gli ulteriori parametri costituzionali indicati dal rimettente – in quanto invocati al fine di denunciare inconvenienti di fatto e non certamente effetti giuridici contrari a Costituzione –, la questione sollevata deve essere dichiarata manifestamente infondata.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge 12 febbraio 1955, n. 77 (Pubblicazione degli elenchi dei protesti cambiari), come sostituito dall’art. 2, comma 1, della legge 18 agosto 2000, n. 235 (Nuove norme in materia di cancellazione dagli elenchi dei protesti cambiari), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 41 e 47 della Costituzione, dal Giudice di pace di Ferrara con l’ordinanza in epigrafe.

  Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 2004.

Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente

Romano VACCARELLA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 2 marzo 2004.