Ordinanza n. 63 del 2004

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ORDINANZA N.63

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori Giudici:

-  Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente

-  Valerio ONIDA

-  Carlo MEZZANOTTE

-  Guido NEPPI MODONA

-  Piero Alberto CAPOTOSTI

-  Annibale MARINI

-  Franco BILE

-  Giovanni Maria FLICK

-  Francesco AMIRANTE

-  Ugo     DE SIERVO

-  Romano VACCARELLA

-  Paolo MADDALENA

-  Alfio FINOCCHIARO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 441, commi 1 e 4, e 442, comma 1, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza del 12 novembre 2002 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Viterbo nel procedimento penale a carico di Michele Calano ed altro, iscritta al n. 79 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell’anno 2003.

Udito nella camera di consiglio del 12 novembre 2003 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.

Ritenuto che nel corso di un procedimento penale davanti al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Viterbo, quest’ultimo, su richiesta degli imputati, ha disposto, ricorrendone i requisiti, il giudizio abbreviato;

che la parte civile, già costituitasi ritualmente nel corso dell’udienza preliminare, ha dichiarato espressamente di non accettare il rito ai sensi dell’art. 441, comma 4, cod. proc. pen. e che subito dopo il giudice ha invitato le parti a concludere;

che i difensori degli imputati hanno eccepito che la parte civile, non avendo accettato il giudizio abbreviato, non ha più diritto di rimanere nel processo, e, pertanto, non avrebbe potuto compiere alcuna attività ricollegabile alla qualità di parte del processo stesso, mentre il difensore della parte civile ha opposto che la dichiarazione di non accettazione limita la propria efficacia ai soli effetti previsti dalla legge e precisamente: a) non sospensione del processo civile iniziato in pendenza del processo penale (art. 441, comma 4, cod. proc. pen. che dichiara inapplicabile l’art. 75, comma 3, cod. proc. pen.); b) esclusione del valore di giudicato per la sentenza di condanna (art. 651, comma 2, cod. proc. pen.) o di assoluzione (art. 652, comma 2, cod. proc. pen.) emessa in sede di giudizio abbreviato in relazione al procedimento civile o amministrativo di danno; c) impossibilità per la parte civile di impugnare la sentenza emessa in sede di rito abbreviato non accettato (art. 576 cod. proc. pen.);

che, nel replicare a tali eccezioni, il Giudice dell’udienza preliminare ha sostenuto che, in caso di non accettazione del rito abbreviato, la parte civile non può partecipare a quel tipo di processo che non ha accettato e - ponendosi il quesito se in considerazione del dissenso si determinino effetti ostativi con riguardo alla statuizione sulle spese relative all’azione civile - lo ha risolto nel senso che è inibito alla parte civile, che non abbia accettato il rito abbreviato, di richiedere la condanna dell’imputato al pagamento delle spese relative all’azione civile, ed al giudice di provvedere sulle stesse in caso di condanna dell’imputato, attesa la mancanza di norme che ammettano una scissione fra la pronuncia sull’azione principale e quella relativa alle spese;

che, su queste premesse, il Giudice dell’udienza preliminare, con ordinanza del 12 novembre 2002, ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 441, commi 1 e 4, e 442, comma 1, cod. proc. pen., nella parte in cui escludono, il primo articolo, il diritto della parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato di richiedere la condanna al pagamento delle spese relative all’azione civile, e il secondo articolo il potere del giudice, in caso di condanna dell’imputato, di statuire in ordine alle stesse, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, per irragionevole preclusione della possibilità per la parte civile di ottenere il ristoro delle spese in caso di mancata accettazione da parte della stessa del rito del giudizio abbreviato, possibilità prevista invece in caso di patteggiamento, e per violazione del diritto della persona offesa di agire in giudizio a tutela dei propri diritti.

Considerato che il giudice rimettente afferma in modo del tutto apodittico ed immotivato la rilevanza della questione nel giudizio a quo;

che, d’altra parte, non è possibile desumere tale rilevanza dalla descrizione della fattispecie dedotta in giudizio, dal momento che non risulta in alcun modo dall’ordinanza che la parte civile abbia richiesto, al termine del giudizio abbreviato, una statuizione, da parte del giudice, limitata alle sole spese di costituzione di parte civile;

che solo in presenza di tale richiesta, infatti, la sollevata questione di legittimità costituzionale si presenta rilevante, sulla base della interpretazione delle norme impugnate fornita dal giudice rimettente ;

che, pertanto, risulta la manifesta inammissibilità della questione sollevata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 441, commi 1 e 4, e 442, comma 1, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Viterbo con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2004.

Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente

Alfio FINOCCHIARO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 12 febbraio 2004.