Ordinanza n. 381 del 2003

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ORDINANZA N.381

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori Giudici:

-          Riccardo CHIEPPA, Presidente

-          Gustavo ZAGREBELSKY

-          Valerio ONIDA     

-          Carlo MEZZANOTTE     

-          Fernanda CONTRI    

-          Guido NEPPI MODONA           

-          Piero Alberto CAPOTOSTI

-          Annibale MARINI     

-          Francesco AMIRANTE    

-          Romano VACCARELLA     

-          Paolo MADDALENA     

-          Alfio FINOCCHIARO  

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 162 e 162-bis, codice penale promosso con ordinanza del 22 ottobre 2002 dal Tribunale di Venezia sez. distaccata di S. Don di Piave nel procedimento penale a carico di Paolo Giusto, iscritta al n. 29 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 2003.

    Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

    udito nella camera di consiglio dell'1 ottobre 2003 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;

    Considerato che il Tribunale di Venezia, in composizione monocratica, sezione distaccata di San Donà di Piave, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 162 e 162-bis cod. pen., in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che il giudice possa liquidare le spese alla parte civile in caso di estinzione del reato a seguito di oblazione;

    che il giudice a quo richiama le stesse argomentazioni poste alla base della sentenza n. 443 del 12 ottobre 1990 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 444, comma 2, cod. proc. pen., nel testo precedente la legge 16 dicembre 1999, n. 479 (Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e altre modifiche al codice di procedura penale e all'ordinamento giudiziario. Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente e di indennità spettanti al giudice di pace e di esercizio della professione forense), che ha trasfuso tale disposizione nell'attuale art. 444, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedeva che il giudice potesse condannare l'imputato al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, salvo eventualmente disporne, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale;

    che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente inammissibile - perché l'asserita impossibilità per il giudice di condannare l'imputato ammesso all'oblazione al pagamento delle spese processuali deriverebbe non dalle norme impugnate ma dall'art. 541 cod. proc. pen. - o comunque manifestamente infondata perché, come osservato dalla Corte costituzionale con l'ordinanza n. 73 del 1993, l'oblazione, in quanto sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, deve essere inquadrata nella categoria delle sentenze di proscioglimento, e non è pertanto equiparabile alla sentenza di patteggiamento che, salvo diverse disposizioni di legge, è equiparata a una pronuncia di condanna, e perché il giudice civile, adito dal danneggiato dal reato, ben potrà condannare il convenuto anche al rimborso delle spese da lui sostenute nel processo penale definito con sentenza di non doversi procedere per intervenuta oblazione;

    considerato che – pur essendo in astratto ipotizzabili altre opzioni ermeneutiche – la ricostruzione del quadro normativo operata dal giudice a quo non può ritenersi implausibile, così da consentire l'esame nel merito della questione proposta;

    che la questione in oggetto era stata già sollevata con riferimento all'art. 162 cod. pen. – ma non anche relativamente all'art. 162-bis cod. pen. - e dichiarata manifestamente infondata, avuto riguardo agli stessi parametri costituzionali, dall'ordinanza n. 73 del 1993;

    che la citata ordinanza si fonda sulle seguenti motivazioni: a) che l'oblazione, in quanto sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, deve inquadrarsi nella categoria delle sentenze di proscioglimento, e non è pertanto equiparabile alla sentenza di patteggiamento; b) che “salvo diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna” (cfr. artt. 445, comma 1-bis cod. proc. pen.); c) che pertanto invocando la sentenza n. 443 del 1990 viene chiamato in causa un tertium comparationis inidoneo;

    che il giudice civile, adito dal danneggiato dal reato, può condannare il convenuto anche al rimborso delle spese da lui sostenute nel processo penale definito con sentenza di non doversi procedere per intervenuta oblazione;

    che sia l'art. 162 che l'art. 162-bis cod. pen. disciplinano il procedimento dell'oblazione e consentono entrambi l'estinzione di un reato contravvenzionale mediante il pagamento di una somma di denaro;

    che le differenze fra le due norme - l'art. 162 cod. pen. disciplina il procedimento di oblazione per reati meno gravi (punibili con la sola ammenda), mentre l'art. 162-bis cod. pen. disciplina l'oblazione per reati più gravi (punibili in via alternativa con l'ammenda o con l'arresto) – non sono rilevanti quanto alla posizione della parte civile;

    che invece in entrambe le fattispecie, se vi è domanda di oblazione e se ne ricorrono i requisiti, il giudice accoglie la domanda e pronuncia una sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato;

    che inoltre in entrambe le fattispecie il giudice civile, adito dal danneggiato dal reato, può condannare il convenuto anche al rimborso delle spese da lui sostenute nel processo penale definito con sentenza di non doversi procedere per intervenuta oblazione;

    che questa Corte è già stata investita del vaglio di analoga questione – riguardante l'art. 162 cod. pen. – e l'ha dichiarata manifestamente infondata, in riferimento ai medesimi parametri evocati, con l'ordinanza n. 73 del 1993;

    che, in assenza di prospettazione di nuovi o diversi profili di incostituzionalità, anche l'odierna questione dev'essere decisa nello stesso modo;

    che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 162 e 162-bis del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Venezia, sezione distaccata di San Donà di Piave, con l'ordinanza in epigrafe.

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,  il 18 dicembre 2003.

    Riccardo CHIEPPA, Presidente

    Alfio FINOCCHIARO, Redattore

    Depositata in Cancelleria il 30 dicembre 2003.