Ordinanza n. 368/2003

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ORDINANZA N.368

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Giovanni Maria FLICK                    

- Francesco AMIRANTE                   

- Ugo DE SIERVO                 

- Romano VACCARELLA                

- Paolo MADDALENA                     

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della tabella A allegata alla legge della Regione Emilia-Romagna 14 marzo 1984, n. 12 (Norme per l’assegnazione, la gestione, la revoca e la disciplina dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ai sensi dell’art. 2, II comma della legge 5 agosto 1978, n. 457, in attuazione dei criteri generali emanati dal C.I.P.E. con deliberazione del 19 novembre 1981), promosso con ordinanza del 6 dicembre 2002 dalla Corte di appello di Bologna nel procedimento civile vertente tra Comune di Parma e Rubaldo Giancarlo, iscritta al n. 103 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 2003.

Visto l’atto di costituzione del Comune di Parma;

udito nella camera di consiglio del 29 ottobre 2003 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto che la Corte d’appello di Bologna, con ordinanza del 6 dicembre 2002, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale della tabella A allegata alla legge della Regione Emilia-Romagna 14 marzo 1984, n. 12 (Norme per l’assegnazione, la gestione, la revoca e la disciplina dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ai sensi dell’art. 2, II comma della legge 5 agosto 1978, n. 457, in attuazione dei criteri generali emanati dal C.I.P.E. con deliberazione del 19 novembre 1981), nella parte in cui, alla lettera c), fra i requisiti soggettivi per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica, prevede la non titolarità dei diritti reali su un alloggio adeguato alle esigenze del nucleo familiare, qualificando come "adeguato l’alloggio, sito nel comune cui si riferisce il bando di concorso o in un comune contermine", che sia composto da un numero di vani corrispondente al numero dei componenti del nucleo familiare o che abbia una superficie utile individuata in proporzione alla composizione del predetto nucleo familiare, ed "adeguato l’alloggio, sito in qualunque altra località, la cui rendita catastale sia almeno pari a quella di un alloggio adeguato per superficie di cat. A/3, classe 2, sito nel comune cui si riferisce il bando, con riferimento alla zona censuaria con tariffa più elevata del comune stesso";

che il giudice rimettente – riproponendo la questione a seguito dell’ordinanza n. 242 del 2002 con la quale questa Corte aveva restituito gli atti per un nuovo esame della rilevanza dopo l’entrata in vigore della legge regionale 8 agosto 2001, n. 24 (Disciplina generale dell’intervento pubblico nel settore abitativo) – censura la predetta norma nella parte in cui, nel disciplinare i requisiti per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e per la eventuale decadenza dalla medesima assegnazione – in specie la non titolarità di diritti reali su alloggi adeguati alle esigenze del nucleo familiare – non prevede che il requisito della rendita catastale, di cui alla lettera c) della succitata tabella A, sia applicabile anche alle unità immobiliari site nel comune di residenza e comuni contermini, realizzando in tal modo una disparità di trattamento tra situazioni omologhe, in quanto può accadere che il possesso di una unità immobiliare con identica rendita catastale determini la decadenza dall’assegnazione dell’immobile di edilizia residenziale pubblica a seconda che tale unità sia o meno ubicata in un comune diverso da quello ove è sito l’alloggio ad esso contermine;

che nel giudizio si è costituito il Comune di Parma, parte nel processo principale, il quale, nell’atto di costituzione e nella memoria depositata in prossimità della camera di consiglio, ha chiesto che venga dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma impugnata viziata da irrazionalità "anche e soprattutto alla luce della nuova disciplina dettata dal combinato disposto degli art. 15, comma 1, lettera c) e 30, comma 1, lettera c) legge della Regione Emilia-Romagna 8 agosto 2001, n. 24", in tema di requisiti per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica nonché per la permanenza negli stessi.

Considerato che l’art. 53 della sopravvenuta legge n. 24 del 2001 stabilisce che la disciplina previgente relativa ai requisiti per conseguire l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e per l’eventuale decadenza dalla medesima (di cui alla legge regionale n. 12 del 1984) venga applicata "fino all’approvazione della delibera del Consiglio regionale di cui al comma 2 dell’art. 15";

che la delibera del Consiglio regionale n. 395 del 30 luglio 2002, adottata in attuazione del predetto art. 53 della citata legge regionale n. 24 del 2001 (così come la delibera n. 327 del 12 febbraio 2002), stabilisce, al punto 5, che l’applicazione dei nuovi requisiti per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e per la decadenza decorre – in particolare in relazione al requisito relativo alla titolarità di diritti reali su beni immobili (art.15, lettera c, della legge regionale n. 24 del 2001) – dal 24 agosto 2004;

che, pertanto, la questione deve ritenersi rilevante, in quanto della norma censurata deve essere fatta applicazione nel giudizio a quo;

che la Corte d’appello di Bologna dubita della legittimità costituzionale della tabella A allegata alla legge della Regione Emilia-Romagna 14 marzo 1984, n. 12, nella parte in cui, ai fini dell’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e dell’eventuale decadenza, stabilisce una diversa disciplina del requisito della non titolarità di diritti reali di godimento su alloggi adeguati alle esigenze del nucleo familiare, distinguendo fra alloggi ubicati nel medesimo comune o in comuni limitrofi – in relazione ai quali non prevede il criterio della rendita catastale come indice di ricchezza dal quale far discendere l’assegnazione dell’immobile e l’eventuale decadenza– ed alloggi siti in altre località, ai quali invece è applicabile detto criterio, ponendo in essere in tal modo una asserita disparità di trattamento tra situazioni omologhe;

che le situazioni così diversamente disciplinate non sono affatto omogenee, in quanto, nel primo caso, l’ubicazione dell’alloggio nel medesimo comune o in comuni limitrofi e la sua consistenza in termini di vani e superficie consentono il diretto soddisfacimento dell’esigenza abitativa cui è preordinata l’assegnazione dell’alloggio, mentre tale esigenza, nel secondo caso, non può invece essere direttamente soddisfatta da un immobile ubicato al di fuori di detta area;

che non irragionevolmente quindi la norma censurata, nel primo caso, fa riferimento alla idoneità dell’immobile a soddisfare direttamente l’esigenza abitativa dell’assegnatario mentre, nel secondo caso, attribuisce rilevanza alla titolarità di diritti reali in quanto indice oggettivo di ricchezza – espresso in termini di rendita catastale – rappresentativo della disponibilità di un reddito utilizzabile per il soddisfacimento della succitata esigenza;

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt.26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della tabella A allegata alla legge della Regione Emilia-Romagna 14 marzo 1984, n. 12 (Norme per l’assegnazione, la gestione, la revoca e la disciplina dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dalla Corte d’appello di Bologna, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 19 dicembre 2003.