Ordinanza n. 289 del 2003

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.289

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

- Riccardo

CHIEPPA

Presidente

- Valerio

ONIDA

"

- Carlo

MEZZANOTTE

"

- Fernanda

CONTRI     

"

- Guido

NEPPI MODONA

"

- Annibale

MARINI

"

- Franco

BILE

"

- Giovanni Maria

FLICK

"

- Francesco

AMIRANTE

"

- Ugo

DE SIERVO

"

- Paolo

MADDALENA

"

- Alfio

FINOCCHIARO

"

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 48-quinquies del regio decreto del 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), aggiunto dall’art. 15 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, promosso con ordinanza del 5 novembre 2002 dal Tribunale di Torino nel procedimento penale a carico di S.U., iscritta al n. 572 del registro ordinanze del 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 2003.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

Udito nella camera di consiglio del 4 giugno 2003 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

 

Ritenuto che il Tribunale di Torino ha sollevato, in relazione agli artt. 3 e 25 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 48-quinquies del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), aggiunto dall’art. 15 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 nella parte in cui, «così come interpretato ed applicato dal Presidente del Tribunale di Torino», consente al presidente del tribunale di disporre che anche singoli procedimenti – e non soltanto “una o più udienze relative a procedimenti civili o penali” – siano «spostati dalla sezione distaccata al tribunale e viceversa, in considerazione di “particolari esigenze”»;

che il giudice rimettente premette che, in forza di un provvedimento adottato, in applicazione della norma censurata, dal Presidente del Tribunale di Torino, gli è stato assegnato il dibattimento di un procedimento penale per il reato di illecito reingresso dello straniero in esito ad espulsione (art. 13, comma 13, del d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dall’art. 12, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189): reato che – accertato in Bardonecchia e, dunque, di competenza della sezione distaccata di Susa – era stato contestato ad imputato in stato di arresto ed in relazione al quale, previo giudizio di convalida dell’arresto medesimo, occorreva procedere secondo il rito direttissimo, espressamente previsto per legge (art. 13, comma 13 ter, del citato d.lgs. n. 286 del 1998);

che nondimeno – secondo quanto ulteriormente dedotto dal giudice a quo – era invalsa la prassi, da parte dell’ufficio della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, in ordine a tale tipologia di reato, di «presentare sempre l’imputato in stato di arresto dinnanzi al giudice del dibattimento, chiedendo … la convalida dell’arresto ed il conseguente giudizio direttissimo», in luogo di investire prima, per la convalida dell’arresto, il giudice per le indagini preliminari, a ciò funzionalmente competente, e successivamente il tribunale, per la celebrazione del rito direttissimo: con la conseguenza – secondo il rimettente - che, per un verso, «è lo stesso pubblico ministero che finisce, di fatto, col fissare le udienze al giudice»; e che, per altro verso, considerando i tempi ristretti della convalida, spesso «il pubblico ministero si trova in tale ritardo rispetto alla scadenza, da non poter presentare richiesta di convalida tempestiva al giudice della sezione distaccata di questo Tribunale»;

che, ad avviso del rimettente, quest’ultima evenienza si era verificata per il dibattimento in questione, in relazione al quale il Presidente del Tribunale – «evidentemente interessato» dal pubblico ministero per scongiurare la scadenza dei termini per la richiesta di convalida – «ha emesso il provvedimento in atti, in data odierna, a norma dell’art. 48-quinquies dell’ordinamento giudiziario, stabilendo, in sostanza, che, al posto del giudice della sezione distaccata di Susa, fosse questo giudice a doversi occupare del fatto in questione»;

che da ciò – «se l’interpretazione data … dal Presidente del Tribunale che ha adottato il provvedimento in parola, è da ritenere vincolante» – conseguirebbe, ad avviso del giudice a quo, la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 48-quinquies del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (aggiunto dall’art. 15 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51), in relazione agli artt. 3 e 25, primo comma, della Costituzione, sotto molteplici profili;

che infatti, a parere del rimettente, ove la norma censurata venga interpretata nel senso di rendere possibile lo spostamento anche di un singolo procedimento dalla sezione distaccata al tribunale e viceversa, risulterebbe lesa la garanzia del giudice naturale: sia in quanto il giudice competente verrebbe ad essere designato con criteri non automatici e precostituiti; sia in quanto, oltre all’illegittimo mutamento della competenza territoriale per il dibattimento, al giudice di quest’ultimo verrebbe attribuita la competenza alla convalida dell’arresto, sottraendola al giudice per le indagini preliminari, giudice naturale dell’ udienza di convalida;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile: e ciò, sia perché la questione avrebbe carattere astratto; sia in quanto il Tribunale rimettente avrebbe dovuto dichiarare la propria incompetenza, alla luce della ricostruzione interpretativa effettuata  e «nell’esercizio della potestà giurisdizionale riconosciutagli».  

Considerato che il Tribunale rimettente censura espressamente non tanto la norma in sé, quanto il modo in cui essa è stata «interpretata ed applicata» dal Presidente del Tribunale di Torino;

che, dunque, il quesito si risolve non già nella denuncia di incostituzionalità della norma, quanto piuttosto nella contestazione dell’interpretazione ad essa data da altro organo giurisdizionale, nell’adozione di un singolo e concreto atto ordinamentale;

che, di conseguenza, il controllo di costituzionalità non è sollecitato in riferimento alla disposizione di legge, ma in relazione al provvedimento che costituisce espressione di un criterio interpretativo di quest’ultima: ciò che si risolve, comunque, in una richiesta, a questa Corte, di un avallo interpretativo;

che, pertanto, la questione proposta, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte (v., ex plurimis, ordinanze n. 109 del 2003, n. 472 del 2002, n. 351 e n. 233 del 2001) si palesa manifestamente inammissibile, atteso che il rimettente ha utilizzato in modo improprio il giudizio di legittimità costituzionale, attivato per contrastare una interpretazione che egli non solo non condivide, ma che reputa del tutto errata;

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 48-quinquies del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), aggiunto dall’art. 15 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, dal Tribunale di Torino, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Depositata in Cancelleria il 30 luglio 2003.