Ordinanza n. 268/2003

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ORDINANZA N.268

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

- Francesco AMIRANTE                   

- Ugo DE SIERVO                 

- Romano VACCARELLA                

- Paolo MADDALENA                     

- Alfio FINOCCHIARO                    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 64, comma 2, e 49 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni dello Stato), promosso con ordinanza del 30 ottobre 2001 dal Tribunale di Treviso sui ricorsi riuniti proposti da Ubaldo Lubelli ed altri contro il Ministero dei trasporti e della navigazione, iscritta al n. 107 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 12 prima serie speciale, dell’anno 2002.

Visti gli atti di intervento della Unionquadri e del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 15 gennaio 2003 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto che, con ordinanza del 30 ottobre 2001, il Tribunale di Treviso, sezione lavoro, ha sollevato, in riferimento agli articoli 24 e 39 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 64, comma 2, e 49 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni dello Stato), nella parte in cui stabilisce che, quando insorgono controversie interpretative di contratti collettivi, l’accordo sull’interpretazione autentica della clausola intervenuto tra l’Aran e le organizzazioni sindacali stipulanti sia vincolante per le parti del giudizio e per il giudice;

che la questione di legittimità costituzionale è stata sollevata nel corso di una controversia di lavoro promossa da alcuni dipendenti del ministero dei trasporti e della navigazione ed avente ad oggetto l’accertamento e la dichiarazione del diritto ad ottenere "la qualifica di "quadro" in forza della legge n. 190 del 1985, previa disapplicazione o dichiarazione di nullità e/o illegittimità del C.C.N.L. di settore nella parte in cui disciplinava in termini difformi dalla legge le categorie di inquadramento del personale";

che il Tribunale, con ordinanza 10 novembre 2000, riteneva che per la risoluzione della controversia fosse necessario risolvere in via pregiudiziale, ai sensi dell’art. 64 del d. lgs. n. 165 del 2001, "la questione concernente la validità dell'art. 13 del C.C.N.L. sopramenzionato là dove, non ottemperando a quanto disposto dalla legge n. 190/1985, non istituiva la categoria dei quadri in relazione alle figure professionali di rilevante responsabilità" ed a tale scopo "sospendeva il giudizio e disponeva la comunicazione dell'ordinanza, del ricorso introduttivo e della memoria di costituzione all'Aran";

che, precisa il giudice a quo, l’Aran – espletate le procedure di cui al secondo comma dell'art. 64 del d. lgs. n. 165 del 2001 – ha trasmesso il testo dell'accordo, "denominato di interpretazione autentica, raggiunto con le parti firmatarie del C. C. N. L.", nel quale "si ribadiva la piena validità dell'art. 13 del C.C.N.L. 16 febbraio 1999 "Comparto Ministeri", che non prevede la categoria di "quadro" nel sistema classificatorio del personale dipendente dei Ministeri, ritenendo che la disciplina speciale prevista nel pubblico impiego per i dipendenti che in posizione di elevata responsabilità svolgono compiti di direzione o che comportano l'iscrizione ad albi oppure tecnico scientifici e di ricerca, consente alle parti di non procedere alla automatica trasposizione della legge n. 190 del 1985 nel sistema classificatorio pubblico";

che, secondo il giudice rimettente, il terzo comma dell’art. 64 del d. lgs. n. 165 del 2001 dispone che solo in caso di mancato accordo sull'interpretazione autentica o sulla modifica della clausola controversa, il giudice decida con sentenza sulla questione relativa alla validità, efficacia o interpretazione della clausola, mentre, se l'accordo sia raggiunto, come è accaduto nel caso di specie, il secondo comma dell’art. 64, citato, stabilisce che all'accordo, "si applicano le disposizioni dell'art. 49";

che, ad avviso del giudice a quo – anche alla luce della formulazione della norma contenuta nell’art. 49 del citato d. lgs. n. 165 del 2001, rispetto all’originaria versione dell’art. 53 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 – il combinato disposto degli articoli 49 e dell’art. 64, comma 2, del d. lgs. n. 165 del 2001, non lascerebbe "spazio a dubbi sul fatto che il cosiddetto accordo di interpretazione autentica della clausola controversa abbia illimitata efficacia retroattiva e sia vincolante per le parti del processo in corso e per il giudice", anche in considerazione dell’abrogazione, ad opera dell’art. 43, comma 1, del d. lgs. n. 80 del 1998, dell’art. 53, comma 2, del d. lgs. n. 29 del 1993, il quale stabiliva, invece, che l’accordo di interpretazione autentica della clausola contrattuale avrebbe avuto effetto sulle controversie individuali aventi ad oggetto le materie regolate dall’accordo medesimo solo "con il consenso delle parti interessate";

che, secondo l’ordinanza di rimessione, il giudice sarebbe "privato del potere di dar conto alle parti del processo dell'esatto significato della clausola controversa in applicazione dei criteri interpretativi legali" e gli sarebbe sottratto il potere "di misurare con i principi fondamentali dell'ordinamento la validità di una previsione contrattuale e di stabilire l'eventuale presenza di vizi anche gravi", in violazione altresì dell’art. 24 della Costituzione, poiché – in contrasto con il principio secondo cui "tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi" – non resterebbe "al giudice e alle parti della causa, secondo quanto previsto dal legislatore, che prendere atto della volontà collettiva" in tale modo attribuendo alle organizzazioni sindacali il "potere di disporre dei diritti già sorti a favore delle parti di un rapporto di lavoro" ed impedendo alle parti medesime di farli "valere in un processo";

che, ad avviso del Tribunale, il generalizzato trasferimento in capo al sindacato del potere ablativo di situazioni soggettive individuali farebbe "compiere un rilevante salto di qualità al processo di istituzionalizzazione del sindacato", e le norme impugnate realizzerebbero "un congegno di rappresentanza ex lege dei lavoratori pubblici da parte dei sindacati firmatari dei contratti", in contrasto con l’art. 39 della Costituzione e la previsione costituzionale circa la validità "erga omnes dei contratti collettivi";

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sollevata sia dichiarata inammissibile o comunque infondata;

che, secondo la difesa erariale, la ricostruzione interpretativa operata dal giudice rimettente sarebbe inesatta, in quanto le norme censurate attribuirebbero all’eventuale "accordo delle parti collettive" l’effetto di sostituire ex tunc la clausola contrattuale oggetto della questione controversa;

che si è costituita nel presente giudizio l’Unionquadri, parte nel giudizio principale, con memoria depositata il 7 novembre 2002.

Considerato che, preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità della costituzione dell’Unionquadri, perché avvenuta fuori termine;

che il rimettente dubita, in riferimento agli articoli 24 e 39 della Costituzione, del combinato disposto degli artt. 64, comma 2, e 49 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nella parte in cui stabilisce che, quando insorgono controversie interpretative di contratti collettivi, l’accordo sull’interpretazione autentica della clausola intervenuto tra l’Aran e le organizzazioni sindacali stipulanti sia vincolante per le parti del giudizio;

che, ad avviso del rimettente, a rendere vincolante per le parti e per il giudice l’accordo interpretativo sulla clausola controversa sarebbe il combinato disposto degli artt. 49 e 64, comma 2, del d. lgs. n. 165 del 2001, nel testo risultante a seguito della sopravvenuta abrogazione, ad opera dell’art. 43, comma 1, del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 80, del secondo comma dell’art. 53 del d. lgs. n. 29 del 1993, il quale stabiliva, invece, che "l’accordo di interpretazione autentica del contratto ha effetto sulle controversie individuali aventi ad oggetto le materie regolate dall’accordo medesimo con il consenso delle parti interessate";

che, peraltro, nella fattispecie in esame, il rimettente non ha considerato che la clausola del contratto collettivo, all’esito della procedura pregiudiziale, non risulta che sia stata modificata nel suo originario significato precettivo, cosicché è da ritenere che l’ambito della cognizione del giudice sia rimasto invariato rispetto alla disciplina esistente al momento della domanda;

che, pertanto, la questione è manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza.

Visti gli artt.26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità del combinato disposto degli artt. 64, comma 2, e 49 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni dello Stato), sollevata, in riferimento agli articoli 24 e 39 della Costituzione, dal Tribunale di Treviso, sezione lavoro, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 22 luglio 2003.