Sentenza n. 242/2003

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SENTENZA N.242

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

- Ugo DE SIERVO                            

- Romano VACCARELLA                           

- Alfio FINOCCHIARO                               

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 48 della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 3 luglio 2002, n. 16 (Disposizioni relative al riassetto organizzativo e funzionale in materia di difesa del suolo e di demanio idrico), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 9 settembre 2002, depositato in Cancelleria il 17 successivo ed iscritto al n. 57 del registro ricorsi 2002.

Visto l’atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia;

udito nell’udienza pubblica dell’8 aprile 2003 il Giudice relatore Fernanda Contri;

uditi l’avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 48, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera a) e nono comma, della Costituzione, agli artt. 1, 4, 5 e 6 dello statuto della Regione di cui alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, e all’art. 3 del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469 (Norme integrative di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia).

Secondo il ricorrente, la disposizione impugnata, che attribuisce al Presidente della Regione il potere di stipulare intese con la Slovenia e con l’Austria al fine del coordinamento delle attività in materia di difesa del suolo nei bacini idrografici transfrontalieri, pur prevedendo che dette intese vengano assunte "in conformità ai principi di cui all’art. 117 nono comma della Costituzione", non rispetterebbe i limiti stabiliti dalla norma costituzionale citata, che prevede la possibilità di "intese" delle Regioni solo con enti territoriali interni ad altri Stati e non con questi ultimi, intese che possono essere concluse soltanto "nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato" che, in materia, non sono ancora state emanate.

Secondo il ricorrente, il richiamo all’art. 117, nono comma, contenuto nella disposizione impugnata sarebbe quindi vago e tecnicamente inesatto, dal momento che la disposizione costituzionale stabilisce già una disciplina positiva, non limitandosi ad enunciare semplici principi.

Richiamato il "principio di continuità" dell’ordinamento, di cui alla sentenza della Corte n. 376 del 2002, e rilevato come la specialità dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia non possa comportare una diversa lettura dei limiti di cui alle disposizioni costituzionali invocate, l’Avvocatura conclude chiedendo che la disposizione impugnata sia dichiarata costituzionalmente illegittima e chiedendo alla Regione di non procedere all’attuazione delle legge stessa in pendenza di giudizio.

2. - Si è costituita in giudizio la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, depositando una prima memoria con la quale ha chiesto alla Corte di dichiarare la questione inammissibile e infondata.

Con successiva memoria, depositata in prossimità dell’udienza, la Regione autonoma ha meglio illustrato le proprie difese.

Ad avviso della Regione Friuli-Venezia Giulia, l’art. 117, nono comma, Cost., riconosce alle regioni la possibilità di concludere sia accordi con Stati, aventi una diretta rilevanza internazionale, sia intese con enti territoriali interni ad altri Stati.

Anche prima della riforma del Titolo V della Costituzione, la giurisprudenza costituzionale riteneva pacificamente che le regioni potessero stipulare intese con Stati, oltre che con enti territoriali sub-statali, come risulta dalle sentenze n. 332 del 1998 e n. 13 del 2003, che hanno sì annullato intese stipulate da regioni con Stati esteri, ma solo per la mancata previa comunicazione delle stesse al Governo. L’inciso "nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato", di cui al nono comma dell’art. 117 Cost., secondo la Regione Friuli-Venezia Giulia non può quindi essere interpretato nel senso di privare le regioni di capacità che esse pacificamente esercitavano anche prima della riforma del Titolo V, posto che i diritti e le facoltà previsti dalla Costituzione sono direttamente esercitabili secondo le regole ed i principi tratti dalla stessa, pur in attesa di una legislazione ordinaria di attuazione.

Nel caso in esame, pur dovendosi ammettere che la capacità delle regioni di impegnare lo Stato sul piano del diritto internazionale richiede la definizione di regole e procedure, quando si tratta di intese per il coordinamento di attività di rispettiva competenza degli ordinamenti di ciascuna entità partecipante - che non producono vincoli internazionali fra gli Stati - null’altro può essere richiesto se non la "previa comunicazione" allo Stato, per la verifica della compatibilità dell’atto con gli indirizzi di politica estera perché, in caso contrario, si rimetterebbe indefinitamente alla volontà del legislatore statale ordinario l’attuazione della Costituzione.

L’inesistenza di qualsiasi violazione della Costituzione emergerebbe inoltre, sotto diverso profilo, dalla disposizione di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost., che attribuisce alle regioni potestà legislativa concorrente in materia di "rapporti internazionali e con l’Unione europea delle regioni", ciò che non le esime dal rispetto delle concorrenti potestà statali ma rende pacificamente esercitabile la potestà regionale nel quadro "fissato esplicitamente o implicitamente dallo Stato", secondo quanto stabilito dalla Corte con la sentenza n. 282 del 2002.

Quanto alla dedotta violazione dell’art. 117, primo comma, lettera a), Cost., la difesa della Regione rileva come la censura sia solo apoditticamente indicata in ricorso ma non motivata, con la conseguente inammissibilità della stessa; osserva inoltre che il parametro è stato indicato impropriamente, dal momento che la legge regionale non mette in discussione le prerogative statali in materia di politica estera.

La difesa della Regione prosegue rilevando che le censure esposte nel ricorso dell’Avvocatura sarebbero frutto di una erronea interpretazione della disposizione impugnata, che non solo non sarebbe "vaga e tecnicamente inesatta", ma al contrario sottolineerebbe l’esigenza che le funzioni in materia di difesa del suolo siano svolte nel modo più efficiente e coordinato possibile.

Inoltre, la disposizione prevede la competenza alla stipulazione delle intese in capo al Presidente della Regione, essendo palese che si tratta di atti che rientrano nel suo ruolo statutario, e precisa che tali atti saranno assunti "in conformità ai principi di cui all’art. 117, nono comma, Cost.", e quindi nel quadro sia della Costituzione, sia di quanto sarà disposto dalla legge statale, sia infine dei principi di diritto costituzionale già vigenti.

Da tale assunto la difesa della Regione resistente deduce che, qualora venissero stipulate intese al di fuori di tali principi e regole, lo Stato potrebbe far valere la lesione delle proprie prerogative davanti alla Corte attraverso lo strumento del conflitto di attribuzioni, già più volte utilizzato in questa materia.

Sempre secondo la difesa della Regione, riguardo al contrasto dell’art. 48 impugnato con taluni articoli dello statuto regionale, si tratterebbe di una censura non motivata, della quale sarebbe impossibile individuare il contenuto, e in ogni caso infondata, dato che le disposizioni dello statuto indicate fondano e certo non contraddicono la capacità regionale di stipulare intese con altri soggetti, al fine del migliore esercizio delle proprie funzioni.

Quanto alle intese con la Repubblica austriaca, la Regione deduce un ulteriore motivo di totale ed assoluta infondatezza, dal momento che si tratta di Paese membro dell’Unione europea e nell’ambito di materie in tutto o in parte ad essa devolute, che hanno quindi perduto carattere internazionalistico e non attengono alla politica estera.

A tale proposito, la Regione rileva come l’ordinamento abbia da tempo riconosciuto alle relazioni tra regioni e istituzioni dell’Unione carattere "interno e collaborativo". Nel quadro dell’Unione europea ed entro le sue regole non esiste e non potrebbe esistere quindi un limite di "politica estera" che impedisca alla Regione Friuli-Venezia Giulia di coordinare la sua attività con le istituzioni austriache per il migliore esercizio delle sue funzioni, secondo una regola di diritto comunitario che non potrebbe essere negata.

Infine la difesa della Regione osserva che l’invito, rivoltole in ricorso, a "non procedere all’attuazione della legge stessa in pendenza di giudizio" sarebbe del tutto irrituale, oltre che ingiusto ed arbitrario, dovendosi al più intendere come invito "a non stipulare le intese cui la legge si riferisce".

Considerato in diritto

1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita della legittimità costituzionale dell’art. 48 della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 3 luglio 2002, n. 16 (Disposizioni relative al riassetto organizzativo e funzionale in materia di difesa del suolo e di demanio idrico), che attribuisce al Presidente della Regione il potere di stipulare intese con la Slovenia e con l’Austria al fine del coordinamento delle attività in materia di difesa del suolo nei bacini idrografici transfrontalieri, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera a), e nono comma, della Costituzione, degli artt. 1, 4, 5 e 6 dello statuto approvato con la legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 e dell’art. 3 del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469 (Norme integrative di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia).

Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri la disposizione impugnata, pur prevedendo che le intese con la Slovenia e l’Austria vengano stipulate "in conformità ai principi di cui all’art. 117 nono comma della Costituzione", non rispetterebbe i limiti stabiliti dalla norma costituzionale, secondo la quale sono possibili "intese" solo con enti territoriali interni ad altri Stati e non con questi ultimi, e le intese possono essere concluse soltanto "nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato", leggi che ad oggi non sono ancora state emanate.

2. - La questione è in parte inammissibile ed in parte infondata.

3. - Preliminarmente va osservato che il ricorso indica, quali parametri della ritenuta illegittimità costituzionale, l’art. 117, secondo comma, lettera a) e nono comma, della Costituzione, gli artt. 1, 4, 5 e 6 dello statuto regionale di cui alla legge cost. n. 1 del 1963 e l’art. 3 del d.P.R. n. 469 del 1987.

L’atto introduttivo del presente giudizio non fornisce alcuna motivazione in ordine alle ragioni per le quali la disposizione impugnata della legge regionale violerebbe il secondo comma, lettera a), dell’art. 117 Cost., le varie norme dello statuto di autonomia della regione citate, e le relative norme di attuazione stabilite con il d.P.R. n. 469 del 1987.

In proposito questa Corte ha più volte affermato (sentenza n. 384 del 1999; cfr. anche, ex plurimis, sentenze n. 85 del 1990 e n. 261 del 1995) che non solo il ricorso deve identificare esattamente la questione nei suoi termini normativi, "deve cioè indicare dove siano poste o da dove si possano o si debbano ricavare le norme costituzionali e ordinarie, la definizione del cui rapporto di compatibilità o incompatibilità costituisce l'oggetto della questione di costituzionalità", ma deve inoltre "contenere una seppur sintetica argomentazione di merito, a sostegno della richiesta declaratoria d'incostituzionalità della legge".

Mancando in ricorso, come eccepito dalla difesa della Regione Friuli-Venezia Giulia, qualsiasi specifica motivazione in ordine ai parametri che sono solo apoditticamente indicati, con la sola eccezione di quello di cui all’art. 117, nono comma, Cost., la questione deve ritenersi, in parte qua, inammissibile.

4. - Restano da esaminare le censure del Presidente del Consiglio dei ministri che si fondano sulla pretesa violazione dell’art. 117, nono comma, Cost.

La disposizione regionale impugnata è inserita in un testo di legge avente lo scopo di provvedere al riassetto organizzativo e funzionale delle attività della Regione Friuli-Venezia Giulia per la difesa del suolo e del demanio idrico, secondo una competenza per materia che appartiene pacificamente alla stessa regione e non è in contestazione tra le parti.

In tale contesto ed a questi fini la legge del Friuli-Venezia Giulia prevede tra l’altro la possibilità di stipulare intese con lo Stato per l’esercizio delle funzioni amministrative relative alla laguna di Marano-Grado, e intese con la Regione del Veneto per le attività che riguardano i fiumi Tagliamento e Livenza lungo i tratti che fanno da confine ai due ambiti territoriali regionali (art. 47 della legge regionale cit.).

La disposizione successiva, che è oggetto della presente impugnazione, prevede la possibilità di stipulare intese, non diversamente da quelle con lo Stato e la regione confinante, nel rispetto dell’art. 117, nono comma, Cost., anche con l’Austria e la Slovenia, "al fine del coordinamento delle attività in materia di difesa del suolo nei bacini idrografici transfrontalieri".

Al di là dell’inesatto nomen iuris adottato nella legge regionale ("intese" in luogo di "accordi", come indicato dall’art. 117, nono comma, Cost. per gli atti regionali stipulati con altri Stati), la disposizione si limita soltanto ad attribuire la competenza in materia al Presidente della Regione, senza in alcun modo incidere sui limiti costituzionali indicati.

Ancora non può ritenersi, come richiesto nel ricorso, che sia necessario attendere una legge statale ordinaria di attuazione dell’art. 117, nono comma, Cost., per stabilire a chi, nell’ambito delle istituzioni della regione Friuli-Venezia Giulia, spetti la competenza per tali stipulazioni.

La violazione della norma costituzionale è prospettata nel ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri solo in via ipotetica e la doglianza è volta a censurare intese ed accordi con altri Stati che non risultano in alcun modo stipulati.

Ed ancora la legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) - che prevede che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, possono concludere con altri Stati accordi esecutivi ed applicativi di accordi internazionali regolarmente entrati in vigore, o accordi di natura tecnico-amministrativa, o accordi di natura programmatica per favorire il loro sviluppo economico, sociale e culturale, nel rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, dagli obblighi internazionali e dalle linee e dagli indirizzi di politica estera italiana - nulla dispone in ordine alle competenze interne agli ordinamenti delle singole regioni per la stipula di tali accordi.

La censura risulta del tutto infondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 48 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia del 3 luglio 2002, n. 16 (Disposizioni relative al riassetto organizzativo e funzionale in materia di difesa del suolo e di demanio idrico), sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, agli artt. 1, 4, 5 e 6 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia di cui alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, e all’art. 3 del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469 (Norme integrative di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia);

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 48 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 3 luglio 2002, n. 16, sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento all’art. 117, nono comma, Cost.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,

il 30 giugno 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 15 luglio 2003.