Ordinanza n. 224 del 2003

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ORDINANZA N. 224

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Riccardo                          CHIEPPA                              Presidente

-      Gustavo                           ZAGREBELSKY                    Giudice

-      Valerio                             ONIDA                                         "

-      Carlo                                MEZZANOTTE                           "

-      Fernanda                         CONTRI                                       "

-      Guido                              NEPPI MODONA                       "

-      Piero Alberto                   CAPOTOSTI                                "

-      Annibale                          MARINI                                       "

-      Franco                             BILE                                             "

-      Giovanni Maria               FLICK                                          "

-      Francesco                        AMIRANTE                                 "

-      Ugo                                 DE SIERVO                                 "

-      Romano                           VACCARELLA                           "

-      Paolo                               MADDALENA                            "

-      Alfio                                FINOCCHIARO                          "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 9 novembre 1999 relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dall’on. Vittorio Sgarbi nei confronti dell’ing. Vincenzo Mancino, promosso dal Tribunale di Cosenza, sezione GIP – GUP, con atto depositato il 9 maggio 2002 ed iscritto al n. 221 del registro ammissibilità conflitti.

Udito nella camera di consiglio del 9 aprile 2003 il Giudice relatore Francesco Amirante.

Ritenuto che nel corso di un procedimento penale per il reato di diffamazione aggravata a carico del deputato Vittorio Sgarbi per gli apprezzamenti asseritamente offensivi formulati, nel corso della trasmissione televisiva «Sgarbi quotidiani» andata in onda il 4 dicembre 1992, in merito alla professionalità e alla competenza dell’ing. Vincenzo Mancino, consulente tecnico del pubblico ministero nell’ambito del processo per l’omicidio Ligato, il Tribunale di Cosenza, sezione GIP – GUP, con ordinanza del 29 aprile 2002 pervenuta alla cancelleria della Corte il 9 maggio 2002, ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla delibera adottata dall’Assemblea il 9 novembre 1999 che ha dichiarato che i fatti per i quali è in corso il suddetto procedimento penale riguardano opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari e sono, in quanto tali, insindacabili, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che il Tribunale precisa, preliminarmente, che il presente conflitto non costituisce riproposizione di altro precedente conflitto sollevato dallo stesso Tribunale, II sezione penale – dichiarato improcedibile da questa Corte (per tardività del deposito del ricorso) dopo il superamento della fase di ammissibilità – in quanto esso, ancorché si riferisca alla medesima delibera parlamentare, trae origine da un procedimento penale diverso (originariamente instaurato presso il Tribunale di Paola) riguardante una diversa parte offesa;

che, peraltro, data l’identità delle questioni trattate, nell’atto di promovimento del presente conflitto, vengono integralmente richiamate le argomentazioni già espresse nell’atto di promovimento del suddetto precedente conflitto;

che il medesimo Tribunale osserva che, a seguito della dichiarazione di insindacabilità delle opinioni espresse da un membro del Parlamento resa dall’Assemblea di appartenenza, non è consentito al giudice di proseguire il giudizio comune disapplicando la suddetta deliberazione, ma gli resta solo la possibilità di sollevare conflitto di attribuzione dinanzi a questa Corte, ove ritenga non corrette le concrete modalità di esercizio del potere del Parlamento;

che il Tribunale di Cosenza riferisce che la difesa dell’indagato ha sostenuto l’inutilità della rimessione degli atti a questa Corte sul rilievo che il reato per cui si procede sarebbe prescritto, essendo erronea la contestazione dell’aggravante di cui all’art. 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 e dovendo, invece, ritenersi applicabile il trattamento sanzionatorio di cui all’art. 595, terzo comma, cod. pen.;

che tale assunto, ad avviso del Tribunale stesso, non è condivisibile, esulando dall’oggetto del giudizio di propria competenza qualsiasi valutazione in merito alla fondatezza dei fatti sia in ordine agli elementi costitutivi del reato, sia con riguardo alle aggravanti contestate e dovendo, invece, farsi esclusivo riferimento all’ipotesi criminosa come astrattamente configurata dalla pubblica accusa, ipotesi che allo stato non appare prescritta;

che, quanto al contenuto della deliberazione di cui si tratta, il Tribunale osserva che l’Assemblea – dopo aver rilevato che le frasi pronunciate dall’onorevole Sgarbi erano connesse con lo svolgimento «di un procedimento penale che, all’epoca del suo inizio, aveva gravemente leso la reputazione degli indagati, alcuni ex membri del Parlamento, sottoposti ad una lunga custodia cautelare», prima che fossero dichiarati estranei ai fatti criminosi riguardanti l’omicidio Ligato – ha concluso attribuendo alle opinioni espresse dal parlamentare il carattere di «critica tutta politica» della conduzione da parte dell’accusa di un procedimento penale nel quale le tesi della medesima, risultate alla fine del tutto infondate, avevano arrecato gravi danni non solo alla reputazione degli interessati «ma anche al rapporto tra opinione pubblica e classe politica»;

che, ad avviso del Tribunale ricorrente, la suddetta deliberazione di insindacabilità ha determinato una menomazione della sfera di attribuzioni costituzionali dell’autorità giudiziaria in quanto ha sostanzialmente esteso la prerogativa di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione a comportamenti del deputato che, «pur potendosi ritenere latamente riconducibili ad attività politica, non sono strettamente funzionali all’esercizio delle attribuzioni parlamentari»;

che, al riguardo, il ricorrente medesimo ricorda che, come più volte affermato da questa Corte (v. sentenze nn. 10, 11, 56 e 58 del 2000), la prerogativa dell’insindacabilità non copre tutte le opinioni espresse dai membri delle Camere al di fuori del Parlamento le quali comunque si inseriscano in un contesto politico, ma si riferisce soltanto a quelle opinioni che siano collegate con atti tipici del mandato parlamentare;

che, sempre secondo il Tribunale di Cosenza, nel caso di specie «è del tutto evidente l’assenza» di tale collegamento e, pertanto, tale organo giurisdizionale «solleva conflitto di attribuzione in ordine al corretto uso del potere di decidere sulla sussistenza dei presupposti di applicabilità dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, come esercitato dalla Camera dei deputati» con la suindicata delibera, relativamente al giudizio penale in argomento.

Considerato che si deve, in questa fase, deliberare esclusivamente se il ricorso sia ammissibile, valutando, senza contraddittorio tra le parti, se sussistono i requisiti soggettivo ed oggettivo di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, impregiudicata ogni definitiva decisione anche in ordine all'ammissibilità (art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, terzo e quarto comma);

che, quanto al requisito soggettivo, il Tribunale di Cosenza è legittimato a sollevare il conflitto, essendo competente a dichiarare definitivamente, per il procedimento del quale è investito, la volontà del potere cui appartiene, in ragione dell'esercizio delle funzioni giurisdizionali svolte in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita;

che, parimenti, la Camera dei deputati, che ha deliberato la dichiarazione di insindacabilità delle opinioni espresse da un proprio membro, è legittimata ad essere parte del conflitto, essendo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere che rappresenta;

che, per quanto attiene al profilo oggettivo del conflitto, il Tribunale di Cosenza denuncia la menomazione della propria sfera di attribuzione, garantita da norme costituzionali, in conseguenza della deliberazione della Camera dei deputati, denunciata come illegittima, che qualifica le opinioni espresse da un proprio membro come rientranti nell'esercizio delle funzioni parlamentari, sicché per esse opererebbe la garanzia di insindacabilità stabilita dall’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che, pertanto, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza della Corte.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dal Tribunale di Cosenza, Sezione GIP – GUP, nei confronti della Camera dei deputati con l'atto introduttivo indicato in epigrafe;

dispone:

a) che la cancelleria della Corte dia comunicazione della presente ordinanza al Tribunale di Cosenza, Sezione GIP – GUP, ricorrente;

b) che l'atto introduttivo e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati alla Camera dei deputati entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione, per essere successivamente depositati, con la prova delle eseguite notificazioni, nella cancelleria della Corte entro il termine di venti giorni dalle notificazioni stesse (art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 giugno 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Francesco AMIRANTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 24 giugno 2003.