Ordinanza n. 167 del 2003

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.167

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

- Ugo DE SIERVO

- Romano VACCARELLA

- Alfio FINOCCHIARO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 17, 23, 24 e 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), - nel testo anteriore alla modifica operata dal decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 – promosso con ordinanza del 24 maggio 2002 dalla Commissione tributaria regionale di Napoli sul ricorso proposto dall’Ufficio delle Imposte dirette di Napoli contro Dodo D’Angiò s.r.l., iscritta al n. 516 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2002.

     Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

     udito nella camera di consiglio del 26 marzo 2003 il Giudice relatore Romano Vaccarella.

     Ritenuto che, nel corso di un processo di appello promosso dall’Ufficio delle Imposte dirette di Napoli avverso sentenza resa in primo grado dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli in esito al ricorso proposto da una contribuente contro un avviso di mora notificatole il 20 novembre 1997 e relativo al periodo d’imposta 1° gennaio - 4 ottobre 1988 per somme dovute a titolo di IRPEG e ILOR, la Commissione tributaria regionale di Napoli, con ordinanza del 24 maggio 2002, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 17, 23, 24 e 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 recante “Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito” (nel testo anteriore alla modifica operata dall’art. 6, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46), in quanto il loro combinato disposto contrasterebbe con:

a) l’articolo 3 della Costituzione, generando una ingiustificata disparità di trattamento tra il contribuente soggetto all’accertamento ordinario ex art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 - al quale entro il termine quinquennale deve tassativamente essere notificata la cartella esattoriale – ed il contribuente soggetto all’accertamento ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 602 del 1973 – al quale non è previsto che venga notificata nel quinquennio né in altro termine perentorio la cartella stessa;

b) l’art. 23 della Costituzione, perché la legge che impone una prestazione patrimoniale non può considerarsi legittima se non indica, come nel caso di specie, il tempo, inteso come momento determinativo o arco temporale delimitato, nel quale essa deve essere resa;

c) l’art. 24 della Costituzione, per violazione del diritto di difesa, imponendo al contribuente, per un tempo indeterminato, l'obbligo di conservazione della documentazione relativa alla dichiarazione dei redditi, posto che il termine di tenuta di tale corredo documentale è previsto dall’art. 3 con riguardo al termine decadenziale di notifica della cartella esattoriale di cui all'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, non operante con riguardo alla liquidazione ex art. 36-bis del d.P.R. n. 602 del 1973 per la quale non è previsto alcun termine perentorio per la notifica della cartella;

d) gli articoli 31, 41 e 47 della Costituzione, poiché l’assenza di tempi definiti per la notifica della cartella di pagamento o dell’avviso di mora nell’ipotesi di liquidazione ex art. 36-bis del d.P.R. n. 602 del 1973, rende incerta la disponibilità e, quindi, impedisce l’impiego di mezzi finanziari liquidi in favore della famiglia o nelle attività economiche o nel risparmio e nell’acquisto dell’abitazione;

e) l’art. 53 della Costituzione, per violazione del principio della capacità contributiva, atteso che i tempi indeterminati di notifica della cartella esattoriale o dell’avviso di mora cristallizzano indefinitamente la capacità contributiva rilevata con riguardo ad un determinato periodo impositivo;

f) l’art. 97 della Costituzione, per violazione del principio del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione pubblica;

     che il giudice rimettente premette, all’ampia motivazione dedicata alla non manifesta infondatezza della questione, il rilievo che l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza di primo grado doveva essere respinto e doveva essere confermata la statuizione di annullamento dell’avviso di mora impugnato dalla contribuente in quanto da tale avviso, stante la mancata notifica della cartella esattoriale, «non era dato individuare il perché dell’iscrizione a ruolo dell’IRPEG per l’importo di lire 3.083.013 e dell’ILOR per quello di lire 185.000, oltre interessi e soprattasse, tanto più che i relativi imponibili, recati dall’avviso stesso, corrispondevano a quelli risultanti dalla copia della dichiarazione prodotta dalla ricorrente Società e che dalla documentazione in atti non era stato possibile individuare le ritenute escluse dall’Ufficio» ed in quanto, inoltre, era infondata la tesi dell’Ufficio secondo cui le iscrizioni ex art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 non richiederebbero alcuna motivazione;

     che, costituitosi in giudizio a mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri ha concluso per la manifesta inammissibilità della questione attesa la sua irrilevanza, diffusamente illustrando in una successiva memoria l’infondatezza della questione.

     Considerato che, essendosi il rimettente inequivocamente pronunciato sull’infondatezza dell’appello, e, quindi, sulla nullità dell’impugnato avviso, sono assolutamente irrilevanti, ai fini del logico sviluppo della decisione, le ulteriori censure articolate dalla Commissione tributaria regionale di Napoli con riguardo alla inesistenza di un termine perentorio per la notifica della cartella esattoriale nell’ipotesi di accertamento formale;

     che, conseguentemente, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

     Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

     dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 17, 23, 24 e 25 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), - nel testo anteriore alla modifica operata dal decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 – sollevata, in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 31, 41, 47, 53 e 97 della Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale di Napoli con l’ordinanza in epigrafe.

     Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 maggio 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Romano VACCARELLA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2003.