Ordinanza n. 156 del 2003

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ORDINANZA N. 156

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Riccardo             CHIEPPA                           Presidente

-  Gustavo              ZAGREBELSKY                 Giudice                

-  Valerio                ONIDA                                      "          

-  Carlo                   MEZZANOTTE                        "

-  Guido                 NEPPI MODONA                    "

-  Piero Alberto      CAPOTOSTI                             "

-  Annibale             MARINI                                    "

-  Franco                 BILE                                          "

-  Giovanni Maria   FLICK                                       "

-  Ugo                     DE SIERVO                              "

-  Romano              VACCARELLA                        "

-  Paolo                   MADDALENA                         "

-  Alfio                   FINOCCHIARO                       "

ha pronunciato la seguente                                                         

ORDINANZA

nel  giudizio per ammissibilità di conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 23 gennaio 2002 relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dall'onorevole Umberto Bossi promosso dalla Corte d'appello di Milano con ricorso depositato il 7 febbraio 2002 ed iscritto al n. 210 del registro ammissibilità conflitti.

Udito nella camera di consiglio del 29 gennaio 2003 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto che nel corso di un procedimento penale nei confronti del deputato Umberto Bossi, dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 292 cod. pen. con sentenza del 23 maggio 2001 pronunciata dal Tribunale di Como, sezione distaccata di Cantù, per avere in data 25 luglio 1997 vilipeso la bandiera italiana nel corso di una manifestazione indetta dalla Lega Nord e svoltasi nei pressi del Palazzetto dello sport di Cabiate, la Corte di appello di Milano, seconda sezione penale, investita in sede di gravame, ha sollevato – con atto depositato il 7 febbraio 2002 – conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione, assunta dall’Assemblea in data 23 gennaio 2002, con la quale è stato dichiarato che i fatti oggetto del processo concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che la Corte di appello di Milano richiamata in premessa la richiesta di improcedibilità avanzata dal Procuratore generale e dalla difesa dell’imputato a seguito della suddetta delibera parlamentare, afferma di non condividere le conclusioni e le argomentazioni contenute nella delibera stessa, per cui l’episodio oggetto di giudizio andrebbe inquadrato nel contesto dell’azione politica intrapresa all’epoca degli avvenimenti dal partito del quale il deputato Bossi era segretario nazionale, ed in particolare nella lotta intrapresa dai deputati leghisti avverso la proposta di legge volta ad introdurre l’obbligo di esposizione negli edifici pubblici della bandiera italiana e dell’Unione europea;

che l’asserita riconducibilità delle affermazioni del deputato Bossi ad una sua opinione politica è contestata dalla Corte di appello di Milano che, richiamata la giurisprudenza di questa Corte sul c.d. “nesso funzionale” (in particolare le sentenze n. 375 del 1997 e n. 10 del 2000),  rileva anzitutto che non risulta in alcun modo, e neppure è affermato nella delibera parlamentare, che il deputato Bossi abbia personalmente utilizzato all’interno della Camera le espressioni incriminate;

che sempre secondo la Corte di appello di Milano non potrebbe rilevare il richiamo, contenuto nel parere della Giunta per le autorizzazioni a procedere, alla condotta tenuta da imprecisati deputati leghisti in sede di discussione della proposta di legge riguardante l’obbligo di esposizione della bandiera nazionale, posto che non viene specificato che si tratterebbe di espressioni pronunziate dal deputato Bossi, né il tenore di esse è riportato dettagliatamente nel suddetto parere;

che, rileva infine la ricorrente Corte di appello, la impossibilità di ricondurre le espressioni utilizzate dal deputato Bossi alla previsione di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione deriverebbe pure dal fatto che, come affermato da questa Corte nella sentenza n. 137 del 2001, la prerogativa parlamentare «non può essere … estesa sino a comprendere gli insulti – di cui è comunque discutibile la qualificazione come opinioni – solo perché collegati con le "battaglie" condotte da esponenti parlamentari in favore delle loro tesi politiche»;

che pertanto, la Corte di appello ricorrente, “dissentendo … dalla deliberazione con cui la Camera ha dichiarato insindacabile ex art. 68, primo comma, della Costituzione le espressioni oggetto del capo di imputazione, in quanto invasiva delle funzioni giurisdizionali”, ritiene “necessario investire la Corte costituzionale, elevando il conflitto di attribuzioni previsto dall’art. 134 della Costituzione”.

Considerato che in questa sede di mera delibazione senza contraddittorio, possono ritenersi sussistenti, sia sotto il profilo soggettivo, sia sotto quello oggettivo, i requisiti di cui all'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ai fini della configurabilità di un conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato la cui risoluzione spetti alla competenza di questa Corte;

che, d'altro canto, si lamenta la lesione di una attribuzione costituzionalmente garantita  ad un organo giurisdizionale;

che, pertanto, deve essere dichiarata l'ammissibilità del ricorso ai sensi dell'art. 37 della citata legge n. 87 del 1953, restando impregiudicata – secondo la giurisprudenza di questa Corte – ogni pronuncia definitiva, anche in ordine alla ammissibilità del ricorso.

Per questi motivi

La CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il ricorso per conflitto di attribuzione indicato in epigrafe, proposto dalla Corte di appello di Milano nei confronti della Camera dei deputati;

dispone:

a) che la cancelleria di questa Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al ricorrente;

b) che, a cura del ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati alla Camera dei deputati, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui sub a), per  essere  successivamente  depositati  presso la cancelleria di questa Corte entro il termine  (di venti giorni decorrente  dall'ultima notificazione) fissato dall'art. 26, terzo comma,  delle  norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 maggio 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente e Redattore

Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2003.