Sentenza n. 150 del 2003

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SENTENZA N.150

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY    

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

- Ugo DE SIERVO

- Romano VACCARELLA

- Paolo MADDALENA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito dei provvedimenti dell’Agenzia per il Demanio numeri 3883 e 3887 del 4 settembre 2001, n. 3878 del 14 settembre 2001, n. 6037 del 5 novembre 2001, n. 2010 del 19 marzo 2002 e n. 2078 del 21 marzo 2002, relativi alla richiesta di indennità per abusiva occupazione del demanio marittimo e di rilascio degli immobili ivi costruiti, promosso con ricorso della Regione Molise notificato il 13 giugno 2002, depositato in Cancelleria il 20 successivo ed iscritto al n. 23 del registro conflitti 2002.

     Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

     udito nell’udienza pubblica del 5 novembre 2002 il Giudice relatore Romano Vaccarella;

     uditi gli avvocati Giovanni Di Giandomenico e Francesco Guicciardi per la Regione Molise e l’avvocato dello Stato Anna Lidia Caputi Iambrenghi per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

     1.- Con ricorso notificato il 13 giugno 2002 la Regione Molise ha sollevato conflitto di attribuzioni nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in relazione ai provvedimenti in epigrafe indicati, con i quali l’Agenzia del Demanio ha intimato a taluni privati, possessori di aree asseritamente demaniali site nei Comuni di Campomarino e di Termoli, il pagamento di indennità per la loro abusiva occupazione e il rilascio degli immobili sulle stesse costruiti, chiedendo l’annullamento degli atti impugnati, previa sospensiva e, ove occorra, dichiarazione di sopravvenuta incostituzionalità dell’art. 822, primo comma, del codice civile.

     Deduce la Regione che nei predetti Comuni esistono due aree da gran tempo edificate con l’assenso e l’attività promozionale dello Stato, della Regione e del Comune; che, in particolare, nel Comune di Campomarino si trova una vasta pianura, lunga oltre cinque chilometri e profonda due, confinante con il mare, oggetto, a partire dagli anni sessanta, di un’intensa attività edificatoria, che - sulla base di un programma di fabbricazione approvato nel 1973 dal Provveditorato regionale delle opere pubbliche del Molise (organo periferico del Ministero dei lavori pubblici), nonché di regolari concessioni edilizie rilasciate dal Comune – ha portato alla costruzione di circa 10.000 appartamenti (abitati da circa cinquantamila persone) ed inoltre alla realizzazione, con la dovuta approvazione della Sovrintendenza dei beni ambientali, di numerose infrastrutture turistiche e opere di urbanizzazione primaria e secondaria, finanziate dallo Stato, dalla Regione e dalla Comunità europea; che, nel Comune di Termoli, località Marinelle, lungo una striscia di terra a ridosso della spiaggia, sono stati costruiti alloggi per circa mille persone, muniti di concessione edilizia o regolarizzati con licenze in sanatoria.

     Espone la Regione che l’Amministrazione marittima, negli ultimi venti anni, ha effettuato sporadici tentativi per recuperare al demanio le zone innanzi descritte, sostenendo che esse, benché non più idonee ai pubblici usi del mare, vi ricadrebbero in virtù di una delimitazione effettuata nel 1902 nel Comune di Campomarino e nel 1912 in quello di Termoli; che, per porre fine a tale situazione, il Comune di Campomarino e taluni proprietari di immobili ubicati in località Marinelle di Termoli hanno promosso azioni di accertamento negativo innanzi al Tribunale di Campobasso, volte a contestare l’appartenenza al demanio marittimo delle aree in questione; che, malgrado la pendenza di tali giudizi, l’Agenzia per il Demanio ha cominciato a intimare ai privati il pagamento di ingentissime somme per pretese occupazioni abusive di suoli demaniali negli ultimi trenta anni e a chiedere, inoltre, il rilascio degli immobili sugli stessi costruiti; che altre intimazioni riguardano immobili effettivamente edificati su suoli demaniali, in assenza di regolare concessione, ma in ogni caso tollerati per numerosi decenni.

     Tanto premesso in fatto, sostiene la Regione Molise che i relativi provvedimenti violano gli artt. 117 e 118 della Costituzione, anche in relazione alle norme di seguito indicate, in quanto:

a) già l’art. 59 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), delegava alle Regioni “le funzioni amministrative sul litorale marittimo e sulle aree demaniali immediatamente prospicienti … quando l’utilizzazione prevista (avesse) finalità turistiche e ricreative”, escluse solo “le funzioni esercitate dagli organi dello Stato in materia di navigazione marittima, di sicurezza nazionale e di polizia doganale”;

b) successivamente, l’art. 105 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), ha disposto il “conferimento” alle Regioni delle funzioni relative al “rilascio di concessioni di beni del demanio, della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia”;

c) tale “conferimento” è stato, poi, esteso, a far data dal 1° gennaio 2002, in virtù dell’art. 9 della legge 16 marzo 2001, n. 88 (Nuove disposizioni in materia di investimenti nelle imprese marittime), ai porti di interesse regionale e interregionale;

d) la Regione Molise - avendo l’art. 42 del decreto legislativo 30 marzo 1999, n. 96 (Intervento sostitutivo del Governo per la ripartizione di funzioni amministrative tra regioni ed enti locali a norma dell’art. 4, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni), attribuito i medesimi poteri ai Comuni nelle Regioni prive di leggi di attuazione del d.lgs.  n. 112 del 1998 - ha emanato la legge 29 settembre 1999, n. 34 (Norme sulla ripartizione delle funzioni e dei compiti amministrativi tra la Regione e gli enti locali, in attuazione dell’art. 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112), riservando alla Regione medesima la competenza sul demanio marittimo e, conseguentemente, la titolarità delle relative funzioni amministrative “per finalità turistico-ricreative” (art. 54).

     Sostiene la Regione ricorrente che le competenze sul demanio marittimo, anche laddove in concreto esercitate dai Comuni, rientrano pur sempre nella potestà legislativa della Regione, che potrebbe disporne in ogni momento (art. 1 del d.lgs. n. 96 del 1999), e che solo ad una superficiale lettura del quadro normativo di riferimento potrebbe apparire che la Regione Molise sia titolare relativamente al solo demanio turistico-ricreativo (art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977) di tutte le connesse funzioni, laddove in realtà l’art. 105 del d.lgs. n. 112 del 1998, attribuendo alla Regione la materia del rilascio delle concessioni, le attribuirebbe altresì quella del rinnovo, dell’annullamento, della revoca e della decadenza, e, pertanto, tutte le funzioni amministrative relative al demanio marittimo.

     A conforto di tale conclusione la Regione Molise osserva che, in base alla nuova formulazione degli artt. 114, 117 e 118 Cost., lo Stato è solo uno degli enti che compongono la Repubblica, a fianco dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane e delle Regioni; che alla legislazione esclusiva dello Stato spettano esclusivamente le materie tassativamente individuate, mentre tutte le altre rientrano, invece, nella potestà delle Regioni; che il settore dei beni demaniali non compare neppure tra le materie di legislazione concorrente, salvo che per i porti; che non viene più menzionato un demanio regionale, in contrapposizione a quello statale; che, conseguentemente, il demanio pubblico, e cioè il complesso dei beni che servono al raggiungimento dei fini pubblici, deve ritenersi ripartito tra Stato, Regioni e altri enti pubblici territoriali sulla base dell’attribuzione delle rispettive funzioni; che, in definitiva, essendo stata la materia del demanio marittimo, con la sola eccezione dei porti, interamente trasferita alle Regioni e non essendo concepibile la proprietà del bene demaniale distinta dal perseguimento delle relative funzioni, alle Regioni va riconosciuta la proprietà dei beni del demanio marittimo.

     Sulla base di tali argomentazioni sostiene la Regione ricorrente che l’emanazione degli ordini di sgombero contenuti nei provvedimenti impugnati rientra tra le attribuzioni  conferite alle Regioni dal d.P.R. n. 616 del 1977 e ora anche dall’art. 118 Cost., nonché - in quanto atti strumentali all’esercizio della funzione concessoria, delle funzioni di organizzazione e di quelle di polizia amministrativa - dall’art. 1 del d.lgs. n. 112 del 1998; che alle medesime conclusioni deve pervenirsi per quanto riguarda la richiesta di pagamento di indennizzo, perché il principio enunciato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 343 del 12 luglio 1995 – secondo cui spetta allo Stato e non alla Regione la determinazione e la percezione del canone di concessione dei beni del demanio marittimo - va rivisitato alla luce delle modifiche intervenute nel titolo V della parte II della Costituzione; che, in definitiva, il primo comma dell’art. 822 cod. civ. è incompatibile col nuovo assetto costituzionale.

     Sotto altro profilo, rileva ancora la Regione che - essendo pur sempre la collettività titolare dei beni del demanio marittimo, indipendentemente dalla loro imputazione formale, come sostenuto da un’antica e consolidata dottrina - il trasferimento della gestione di quei beni non può non comportare anche quello della loro appartenenza e, comunque, il trasferimento delle risorse necessarie all’esplicazione delle attività di conservazione, amministrazione e tutela oggi svolte dalla Regione; che, avendo il canone concessorio natura giuridica  di “corrispettivo”, tale natura avrebbero anche le somme il cui pagamento è intimato a titolo risarcitorio, posto che alla base della relativa pretesa sarebbero valutazioni inscindibilmente connesse all’esplicazione delle funzioni amministrative conferite alla Regione. 

     Conclude la Regione Molise, chiedendo che la Corte costituzionale, previa sospensiva, dichiari che non spetta allo Stato e per esso all’Agenzia del Demanio, ma alla Regione Molise, l’adozione di tutti i provvedimenti inerenti all’amministrazione del demanio marittimo ad essa conferita, ivi compresi quelli di pagamento delle indennità per abusiva occupazione e di rilascio degli immobili; annulli gli atti impugnati; ove occorra, dichiari la sopravvenuta incostituzionalità dell’art. 822, primo comma, cod. civ.

     2.- Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza del ricorso.

     3.- Nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva, a sostegno dell’inammissibilità del ricorso, che:

a) sussiste difetto di legittimazione della Regione e conseguente difetto di interesse al mezzo azionato, posto che, come ammette la stessa ricorrente, «ai sensi dell’art. 42 del d.lgs. n. 96 del 1999, nonché della legge regionale n. 34 del 1999, le funzioni afferenti al demanio marittimo per usi residenziali sono state conferite ai Comuni», sicché la Regione «finisce per operare una sorta di sostituzione processuale», agendo in luogo di un soggetto (il Comune) non legittimato a promuovere conflitti con lo Stato davanti a questa Corte;

b) manca, in ogni caso, una copertura costituzionale all’attribuzione alle Regioni delle funzioni amministrative relative alle aree demaniali marittime «utilizzate per finalità turistiche e ricreative»; ricorda all’uopo che l’art. 118 Cost., nel testo novellato, lungi dal prevedere un ambito di funzioni amministrative di necessaria spettanza delle Regioni, afferma nel primo comma il principio generale dell’attribuzione delle funzioni amministrative ai Comuni, salvo il conferimento di alcune di esse a Stato, Regioni, Province o Città Metropolitane, “per assicurar(ne) l’esercizio unitario sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza”; che, del resto, anche nell’assetto costituzionale antecedente alla riforma del titolo V, le funzioni amministrative sul demanio marittimo non potevano considerarsi costituzionalmente garantite, in quanto non rientranti tra le materie di cui al previgente testo dell’art. 117 Cost.; che, conseguentemente, il loro esercizio non era stato “trasferito”, ma semplicemente “delegato”, sulla base di scelte discrezionali del legislatore ordinario;

c) è estranea al giudizio instaurabile davanti a questa Corte la questione dell’appartenenza, in astratto, in capo alla Regione del potere in concreto esercitato dall’organo statale e dei profili relativi all’insussistenza di fenomeni di abusivismo, posto che tali questioni investono il sindacato sulla legittimità dell’esercizio della funzione e sono, pertanto, di competenza, a seconda della natura della posizione soggettiva azionata, del giudice ordinario o di quello amministrativo;

d) inconferente, in ogni caso, è l’asserita legittimità, sul piano  urbanistico, delle opere realizzate, rispetto al possesso di un aggiornato titolo di godimento delle aree demaniali sulle quali le stesse insistono;  

e) del tutto estranee al possibile oggetto di conflitto di attribuzioni sono questioni di vindicatio rei riservate, secondo la costante giurisprudenza della Corte di cassazione (condivisa dalla Corte costituzionale), alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria.

     Il ricorso – sostiene, inoltre, l’Avvocatura dello Stato - sarebbe in ogni caso infondato nel merito:

a) per l’inesistenza di qualsivoglia disposizione della novella costituzionale o del d.lgs. n. 112 del 1998, che disponga il trasferimento dallo Stato alle Regioni e/o agli enti locali, di quel complesso di diritti, poteri, doveri, in cui si sostanzia la proprietà o, comunque, l’appartenenza allo Stato dei beni del demanio marittimo, alla stregua della disciplina codicistica;  

b) per l’inerenza di tale disciplina all’“ordinamento civile”, materia riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, nel testo novellato dell’art. 117 secondo comma, lett. l), Cost.;

c) per gli indici ermeneutici estrapolabili dal disposto dell’art. 86 del d.lgs. n. 112 del 1998, il quale espressamente dispone il trasferimento alle Regioni di beni e risorse del demanio idrico, senza nulla prevedere invece per quelli del demanio marittimo, al pari del d.P.C.M.  12 ottobre 2000, recante “Individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire alle Regioni e agli Enti locali per l’esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi di cui all’art. 105 del d.lgs. n. 112 del 1998, in materia di trasporti”;

d) per la perdurante iscrizione nel conto generale del patrimonio dello Stato di tutti i beni demaniali, ex art. 14, comma 2, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279 (Individuazione delle unità previsionali di base del bilancio dello Stato, riordino del sistema di tesoreria unica e ristrutturazione del rendiconto generale dello Stato); per la loro trasferibilità al Patrimonio dello Stato s.p.a., ex art. 7, comma 10, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63 (Disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 15 giugno 2002, n. 112; per la funzione di garanzia del pagamento del debito pubblico, da essi svolta;

e) per l’insussistenza di qualsivoglia carattere gestionale nelle misure adottate dall’Agenzia del Demanio, volte ad ottenere il risarcimento dei danni per abusiva occupazione e il ripristino dello status quo ante.

Considerato in diritto

     Il ricorso è inammissibile.

     La tesi della Regione Molise, secondo la quale essa sarebbe competente ad adottare “tutti i provvedimenti inerenti l’amministrazione del demanio marittimo (...) ivi compresi quelli di pagamento delle indennità per abusiva occupazione e di rilascio degli immobili”, appare frutto di una ricostruzione errata della situazione normativa: situazione normativa che, correttamente intesa, esclude in radice che quello de quo costituisca un conflitto di attribuzioni ai sensi dell’art. 134 Cost.

     La ricorrente Regione – dopo aver riconosciuto che l’art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977 ha solo delegato (e per finalità limitate) alle regioni «le funzioni amministrative sul litorale marittimo, sulle aree demaniali immediatamente prospicienti ... quando l’utilizzazione prevista abbia finalità turistiche e ricreative» – propone una lettura estremamente ampia dell’art. 105 del d.lgs. n. 112 del 1998, quasi che questa disposizione si riferisca in generale all’attribuzione a Regioni ed enti locali di ogni potere concessorio sui beni del demanio marittimo. E su questa base giunge ad affermare che il conferimento dovrebbe riferirsi non solo alle “specifiche funzioni relative alle concessioni del demanio marittimo, ma a tutte le funzioni amministrative ad esso riferentisi, anche per il demanio ad utilizzo non turistico-ricreativo”.

     Al contrario, anche a voler ritenere che il secondo comma dell’art. 105 del d.lgs. n. 112 del 1998 non abbia disposto relativamente al solo settore dei “trasporti” disciplinato al Capo VII (nel quale è inserito il citato art. 105), il “conferimento” a Regioni ed enti locali delle funzioni relative al “rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia ...” certamente non equivale a conferimento di “tutte le funzioni amministrative” riferentisi al demanio marittimo.

     Tale conclusione, peraltro, è resa evidente dalla circostanza che, avendo l’art. 42 del d.lgs. n. 96 del 1999 disposto che le funzioni di cui all’art. 105, comma 2, lettera l), del d.lgs. n. 112 del 1998, «sono esercitate dai comuni», la Regione Molise ha riservato a sé con la legge regionale 29 settembre 1999, n. 34, esclusivamente le funzioni amministrative che «attengono ad esigenze di carattere unitario a livello regionale in materia di turismo in ordine a (...) demanio marittimo o per finalità turistico-ricreative» (art. 54).

     In altri termini, la nozione di demanio marittimo, un tempo espressiva di funzioni facenti capo esclusivamente allo Stato, con lo sviluppo delle autonomie è divenuta espressiva di una pluralità di funzioni, alcune delle quali rimaste allo Stato, altre “delegate” ai Comuni ed alle Regioni, altre ancora “conferite” alle Regioni: ed un conflitto di attribuzioni non è concepibile se esso non investe funzioni attribuite alla Regione, ma queste siano rivendicate dalla Regione stessa invocando la titolarità del bene cui ineriscono.

     L’assetto normativo sopra ricostruito rivela che, attraverso l’estensione delle funzioni regionali, il reale oggetto della controversia che si è voluto promuovere  davanti a questa Corte è costituito dalla rivendica della titolarità del demanio marittimo (estranea ai conflitti di cui all’art. 134 Cost.: cfr. la sentenza di questa Corte n. 343 del 1995); e ciò è confermato dalla richiesta della Regione Molise di dichiarare superato lo stesso concetto di demanio statale attraverso una pronuncia di illegittimità costituzionale dell’art. 822, primo comma, del codice civile (ma sull’inammissibilità dell’utilizzazione di un conflitto di attribuzione per contestare la legittimità della disposizione legislativa “a monte” del provvedimento contro cui si ricorre, si veda, fra le molte, la sentenza di questa Corte n. 334 del 2000).

     Conclusivamente, il ricorso per conflitto di attribuzioni deve essere dichiarato inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

     dichiara inammissibile il conflitto di attribuzioni proposto nei confronti dello Stato dalla Regione Molise con il ricorso indicato in epigrafe.

     Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 maggio 2003.

 Riccardo CHIEPPA, Presidente

Romano VACCARELLA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2003.