Ordinanza n. 138 del 2003

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ORDINANZA N.138

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

- Ugo DE SIERVO                 

- Romano VACCARELLA                

- Alfio FINOCCHIARO                    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 2 del decreto-legge 4 aprile 2002, n. 51 (Disposizioni urgenti recanti misure di contrasto all’immigrazione clandestina e garanzie per soggetti colpiti da provvedimenti di accompagnamento alla frontiera), promossi con ordinanze emesse il 26 aprile, il 3 (due ordinanze), il 23, il 21, il 22, il 23 (due ordinanze), il 28, il 30 (due ordinanze) e il 31 maggio 2002 (quattro ordinanze) dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Padova, rispettivamente iscritte da n. 418 a n. 432 del registro ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2002.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 febbraio 2003 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.

Ritenuto che, con 15 distinte ordinanze tutte di analogo contenuto (iscritte al r.o. dal n. 418 al n. 432 del 2002) emesse, tra il 26 aprile ed il 31 maggio del 2002, nel corso di procedimenti di convalida dei provvedimenti – già in esecuzione – con i quali il Questore di Padova ha disposto l’accompagnamento alla frontiera di cittadini stranieri extracomunitari, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Padova ha sollevato, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 del decreto-legge 4 aprile 2002, n. 51 (Disposizioni urgenti recanti misure di contrasto all’immigrazione clandestina e garanzie per soggetti colpiti da provvedimenti di accompagnamento alla frontiera);

che la menzionata disposizione, nell’introdurre il comma 5-bis nel contesto dell’art. 13 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), ha previsto che il provvedimento con il quale viene disposto l’accompagnamento alla frontiera è immediatamente esecutivo, che esso viene comunicato immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua adozione all’ufficio del Procuratore della Repubblica presso il tribunale territorialmente competente e che il Procuratore della Repubblica, verificata la sussistenza dei requisiti, convalida il provvedimento medesimo entro le quarantotto ore successive alla comunicazione;

che, preliminarmente, il remittente sostiene di essere legittimato a sollevare la questione in quanto, nel particolare caso di specie, è proprio la disposizione censurata che riserva al pubblico ministero il potere di disporre la convalida dell’atto adottato dall’autorità di pubblica sicurezza non quale "parte" ma quale "organo di controllo della legittimità di un atto amministrativo incidente sulla libertà personale che, ai sensi dell’art. 13, primo e secondo comma, della Costituzione, è inviolabile e non ammette forma alcuna di restrizione se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria";

che, ciò premesso ed altresì affermata la rilevanza della proposta questione, in quanto dalla sua risoluzione dipende l’esito del giudizio di convalida, nelle ordinanze si deduce che la norma denunciata contrasterebbe con l’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non appresta allo straniero, pur prevedendo una coercizione della sua libertà personale, la medesima tutela, piena ed effettiva, che invece viene garantita dall’art. 14 del citato d.lgs. n. 286 del 1998 in situazione sostanzialmente identica e cioè quella del trattenimento presso il centro di permanenza temporanea e assistenza;

che, difatti, ad avviso del remittente, la disposizione denunciata, diversamente dal menzionato art. 14, secondo la lettura datane da questa Corte nella sentenza n. 105 del 2001, non prevede che lo straniero, destinatario di un provvedimento di espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera, possa: 1) "essere sentito sui fatti e sui motivi dell’espulsione prima dell’emissione della convalida del P.M."; 2) "permanere nel territorio dello Stato, evitando di subire la definitiva esecuzione dell’espulsione, fino alla notifica dell’atto motivato del P.M.";

che sarebbe pertanto evidente come, proprio nei casi di espulsione già in corso di esecuzione (come quelli oggetto di cognizione), un eventuale diniego di convalida della misura coercitiva dell’accompagnamento risulterebbe del tutto inutile, rappresentando soltanto una "garanzia meramente apparente del fondamentale diritto di libertà violato";

che il remittente ritiene quindi che i limitati poteri riservati al pubblico ministero quale organo deputato all’accertamento e al controllo di legalità del provvedimento amministrativo di accompagnamento verrebbero a realizzare un sistema di tutela del diritto di libertà dello straniero "differenziato e sensibilmente più debole rispetto a quello assicurato con l’attribuzione di poteri ben più ampi ed incisivi nell’ambito del giudizio di convalida disciplinato dall’art. 14";

che, secondo quanto si argomenta nelle ordinanze, sussisterebbe pertanto una contraddizione irragionevole tra la tutela garantita dall’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998 allo straniero colpito da analoga misura coercitiva e quella prevista dalla norma censurata, la quale appresta "un profilo di tutela soltanto burocratico, cartolare, privo di effettività dell’inviolabile diritto di libertà personale di cui, su un piano di uguaglianza con i cittadini, gli stranieri debbano essere riconosciuti titolari";

che il remittente sostiene dunque che l’art. 2 del decreto-legge n. 51 del 2002, sia nella parte in cui non prevede che la convalida del provvedimento di accompagnamento alla frontiera venga emessa previo esame degli atti e documenti su cui esso si fonda, previa assunzione, occorrendo, di sommarie informazioni nonché previa audizione della persona cui il provvedimento si riferisce, sia nella parte in cui non prevede che detta convalida sospende l’esecuzione dell’accompagnamento alla frontiera sì da garantire, per la verifica dei presupposti e la delibazione di legittimità della misura, l’audizione della persona a questa sottoposta, contrasti con l’art. 3 della Costituzione "sotto il profilo della ingiustificata disparità di disciplina e di tutela giurisdizionale del bene della libertà personale dello straniero in situazioni caratterizzate dalla vigenza di analoghe misure di coercizione del medesimo bene";

che nel giudizio introdotto dall’ordinanza iscritta al r.o. n. 418 del 2002 è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per la restituzione degli atti al remittente al fine di un rinnovato vaglio sulla rilevanza della questione sollevata, giacché con la legge 7 giugno 2002, n. 106, di conversione del decreto-legge n. 51 del 2002, la competenza a decidere sulla convalida del provvedimento del questore è stata affidata al tribunale in composizione monocratica e la stessa legge non detta disposizioni relative al periodo di vigenza del decreto-legge.

Considerato che le ordinanze di rimessione sollevano tutte la medesima questione e che, pertanto, i relativi giudizi vanno riuniti per essere congiuntamente decisi;

che in via preliminare è da rilevarsi che, a seguito degli emendamenti apportati all’articolo 2 del decreto-legge n. 51 del 2002 dalla legge di conversione 7 giugno 2002, n. 106, l’attuale formulazione della denunciata disposizione attribuisce la competenza a decidere sulla convalida del provvedimento di accompagnamento alla frontiera dello straniero non più al Procuratore della Repubblica presso il tribunale, come originariamente stabiliva il decreto-legge, bensì al tribunale in composizione monocratica;

che, pertanto, alla luce della modificazione della norma denunciata, intervenuta successivamente alle ordinanze di rimessione e concernente proprio la spettanza del potere di convalida del provvedimento dell’autorità di pubblica sicurezza, si rende necessaria la restituzione degli atti al remittente affinché valuti la persistente rilevanza della questione proposta (tra le altre, ordinanze n. 454 del 2002 e n. 146 del 2000).

Per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

ordina la restituzione degli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Padova.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2003.