Ordinanza n. 109/2003

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ORDINANZA N.109

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

- Ugo DE SIERVO     

- Romano VACCARELLA    

- Paolo MADDALENA          

- Alfio FINOCCHIARO        

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 6, 127 e 166 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali), in relazione all’art. 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352, promossi, nell’ambito di diversi procedimenti penali, dal Tribunale di Torino, dal Tribunale di Lecce e dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino con ordinanze in data 8 aprile, 15 marzo e 18 aprile 2002, rispettivamente iscritte al n. 277, al n. 360 e al n. 453 del registro ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, n. 34 e n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2002.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 12 febbraio 2003 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che con ordinanza in data 8 aprile 2002 (r.o. n. 277 del 2002) il Tribunale di Torino, Sezione per le impugnazioni dei provvedimenti cautelari, ha sollevato, in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 166 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali), "nella parte in cui dispone l’abrogazione degli artt. 3, 4, 5, 6 e 7 della legge 20 novembre 1971, n. 1062, anche per le opere d’arte moderna e contemporanea";

che il giudice rimettente premette:

- di essere investito dell’appello avverso il decreto con il quale il pubblico ministero ha respinto la richiesta di restituzione di alcuni dipinti sequestrati dalla polizia giudiziaria nell’abitazione e comunque nella disponibilità di un soggetto imputato per i reati di cui agli artt. 648 e 416 cod. pen., in relazione all’art. 3 della legge 20 novembre 1971, n. 1062 (Norme penali sulla contraffazione e alterazione di opere d’arte), come modificato dall’art. 127 del decreto legislativo n. 490 del 1999;

- che la difesa aveva chiesto la restituzione delle opere sequestrate, sostenendo che, anche ad ammettere la loro contraffazione, tale fatto non è più previsto come reato, in quanto gli artt. 3, 4, 5, 6 e 7 della legge n. 1062 del 1971 sono stati espressamente abrogati dall’art. 166 del decreto legislativo n. 490 del 1999 e l’art. 127 del medesimo decreto non è applicabile alle opere di autori viventi o la cui esecuzione non risalga a oltre cinquanta anni;

che, al riguardo, il rimettente rileva di avere in precedenza, nell’ambito di procedimenti incidentali de libertate, ritenuto che la disposizione in esame debba essere interpretata, in base ai criteri letterale e logico-sistematico, nel senso che la dottrina e la giurisprudenza avevano attribuito alla legge n. 1062 del 1971, e cioè della punibilità della contraffazione e alterazione delle opere d’arte, a prescindere dall’epoca della loro esecuzione;

che il giudice a quo, non condividendo il contrario avviso espresso da una recente sentenza della Corte di cassazione, ribadisce che l'intenzione del legislatore delegato del 1999 era quella di continuare a prevedere la punibilità della contraffazione anche delle opere d'arte di autori viventi o la cui esecuzione non risalga a oltre cinquant'anni;

che peraltro, pur essendo consapevole che tra più "interpretazioni ugualmente possibili di cui una conforme al dettato costituzionale e l'altra che comporta un vizio di legittimità costituzionale, il magistrato ordinario è tenuto a scegliere la prima", di fronte al contrario indirizzo del "diritto vivente" ritiene "doveroso rimettere gli atti alla Corte costituzionale, affinché l’organo cui è affidato il controllo di legittimità costituzionale sugli atti aventi forza di legge, dica se la suddetta interpretazione sia costituzionalmente corretta";

che, preso atto di tale diversa interpretazione, il rimettente, ritenendo che i principi e i criteri direttivi della legge-delega 8 ottobre 1997, n. 352, non autorizzavano il Governo ad abrogare le fattispecie incriminatrici in tema di contraffazione delle opere d’arte moderna e contemporanea, solleva, per contrasto con gli artt. 76 e 77, primo comma, Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 166 del predetto decreto;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata infondata avendo la Corte già affermato, con la sentenza n. 173 del 2002, in relazione a una questione analoga e con una condivisibile interpretazione, che le norme incriminatrici relative alla contraffazione, al commercio e alla autenticazione di opere d’arte contraffatte o alterate, contenute nella legge n. 1062 del 1971 e trasfuse nell’art. 127 del decreto legislativo n. 490 del 1999, continuano ad applicarsi anche alle opere di autori viventi o la cui esecuzione non risalga a oltre cinquanta anni;

che con ordinanza in data 18 aprile 2002 (r.o. n. 453 del 2002) il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino ha sollevato la medesima questione di legittimità costituzionale;

che il giudice a quo, investito dal pubblico ministero della richiesta di procedere con le forme dell’incidente probatorio ad una perizia sulla autenticità di numerosi quadri sequestrati, nonché all’esame di alcune persone sottoposte alle indagini sulla responsabilità di altri coindagati, ritiene che l’accertamento in ordine alla configurabilità del fatto-reato sia pregiudiziale alla decisione da adottare sulla ammissibilità della richiesta e sottopone alla Corte la medesima questione già sollevata, nell’ambito dello stesso procedimento, dal Tribunale del riesame, aderendo al percorso argomentativo sviluppato nell’ordinanza del Tribunale, il cui contenuto viene in gran parte riprodotto, con specifico riferimento alle ragioni che consentirebbero di accogliere una interpretazione della disciplina censurata conforme a Costituzione;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata infondata sulla base delle medesime considerazioni svolte in relazione all'ordinanza iscritta al n. 277 del registro ordinanze 2002;

che con ordinanza in data 15 marzo 2002 (r.o. n. 360 del 2002) il Tribunale di Lecce ha sollevato, in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 6, e 127 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (in relazione all'art. 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352), "nella parte in cui escludono, nel loro combinato disposto, l’applicabilità delle sanzioni penali di cui al citato art. 127 a tutela delle opere di autori viventi o la cui esecuzione non risalga a oltre cinquanta anni";

che il giudice a quo premette di procedere nei confronti di un soggetto imputato del reato di cui agli artt. 3 e 5 della legge 20 novembre 1971, n. 1062, e che nelle more del procedimento il decreto legislativo n. 490 del 1999 da un lato ha espressamente abrogato la legge n. 1062 del 1971, dall’altro ne ha riprodotto le disposizioni penali nell’art. 127;

che il rimettente ritiene che, diversamente da quanto previsto dalla legge n. 1062 del 1971, le disposizioni dell’art. 127 del citato decreto non siano applicabili alle opere pittoriche in questione, in quanto l’art. 2, comma 6, dello stesso decreto esclude dall’ambito di operatività delle disposizioni contenute nel Titolo I, in cui è ricompreso l’art. 127, le opere di autori viventi o la cui esecuzione non risalga a oltre cinquanta anni;

che, ad avviso del giudice a quo, tale esclusione non è autorizzata dalla legge-delega, in quanto la stessa prevede solo un coordinamento formale e sostanziale delle precedenti disposizioni, e pertanto l’art. 2, comma 6, del decreto legislativo n. 490 del 1999, eccedendo i limiti imposti al legislatore delegato, violerebbe gli artt. 76 e 77, primo comma, Cost.;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata infondata per erroneità del presupposto interpretativo.

Considerato che il Tribunale di Torino e il Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale (r.o. n. 277 e n. 453 del 2002) sollevano, in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 166 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali), nella parte in cui, in violazione dell’art. 1 della legge-delega n. 352 del 1997, dispone l'abrogazione dei delitti di contraffazione, alterazione, riproduzione e autenticazione di opere d’arte di cui agli articoli da 3 a 7 della legge 20 novembre 1971, n. 1062, anche con riferimento alle opere di autori viventi o la cui esecuzione non risale a oltre cinquanta anni;

che il Tribunale di Lecce (r.o. n. 360 del 2002) dubita, in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, Cost., della legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 6, e 127 del medesimo decreto legislativo n. 490 del 1999, nella parte in cui risulta esclusa l'applicabilità delle sanzioni penali previste dall'art. 127 a tutela delle opere pittoriche di autori viventi o la cui esecuzione non risalga a oltre cinquanta anni, in quanto tali opere non sono soggette, in base al disposto dell'art. 2, comma 6, del menzionato decreto, alla disciplina del Titolo I, di cui fa parte l'art. 127;

che ad avviso del Tribunale di Lecce tale esclusione non può ritenersi in alcun modo autorizzata dalla legge-delega, che si limita a prevedere il coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni legislative vigenti, e non anche l'abrogazione di fattispecie penali;

che, avendo tutte le questioni di legittimità costituzionale ad oggetto la medesima disciplina, sia pure sollevate con riferimento a diverse disposizioni del decreto legislativo n. 490 del 1999 e sulla base di differenti percorsi argomentativi, va disposta la riunione dei relativi giudizi;

che questa Corte, con sentenza n. 173 del 2002, depositata in data 10 maggio 2002, successiva alle ordinanze introduttive del presente giudizio, ha dichiarato infondata una analoga questione di legittimità costituzionale, in quanto sollevata sulla base di un'erronea interpretazione delle norme censurate, affermando, alla stregua di "una interpretazione logico-sistematica" degli artt. 2, comma 6, e 127 del decreto legislativo n. 490 del 1999, che "le norme incriminatrici relative alla contraffazione, al commercio e alla autenticazione di opere d'arte contraffatte o alterate, contenute nella legge n. 1062 del 1971 e trasfuse nel decreto legislativo n. 490 del 1999, continuano ad applicarsi anche alle opere di autori viventi o la cui esecuzione non risalga a oltre cinquanta anni";

che il Tribunale di Torino (r.o. n. 277 del 2002) e il Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale (r.o. n. 453 del 2002) sostengono una interpretazione della disciplina censurata sostanzialmente coincidente con quella fatta propria da questa Corte con la menzionata sentenza n. 173 del 2002;

che peraltro, a fronte di una recente decisione di segno opposto della Corte di cassazione, alla quale si sono adeguati alcuni giudici di merito, i rimettenti, ritenendo che si sia formato un "diritto vivente" o, quantomeno, un indirizzo giurisprudenziale uniforme nel senso dell'abrogazione dei reati di contraffazione delle opere di autori viventi o la cui esecuzione non risalga a oltre cinquanta anni, in luogo di fare diretta applicazione della interpretazione ritenuta conforme a Costituzione, sollevano la questione di legittimità costituzionale nei termini sopra precisati;

che la contraddittorietà di tale iter argomentativo rende evidente che i rimettenti si sono rivolti a questa Corte per ottenere un avallo alla ricostruzione logico-sistematica della disciplina che ritengono costituzionalmente corretta, ed hanno quindi utilizzato in modo improprio il giudizio di legittimità costituzionale, attivato per contrastare una interpretazione che essi non solo non condividono, ma mostrano di ritenere del tutto implausibile (v., ex plurimis, ordinanze n. 472 del 2002, n. 351, n. 233, n. 199 e n. 20 del 2001);

che inoltre, in relazione all'ordinanza r.o. n. 277 del 2002, va rilevato il totale difetto di competenza funzionale del giudice rimettente, che risulta erroneamente investito di un appello proposto avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di restituzione di beni sottoposti a sequestro probatorio, alla stregua della disciplina stabilita dall'art. 322-bis cod. proc. pen. per il solo sequestro preventivo (v. ordinanze n. 286 del 2002 e n. 409 del 2001);

che le questioni sollevate dal Tribunale di Torino e dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale vanno pertanto dichiarate manifestamente inammissibili;

che la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Lecce va invece dichiarata manifestamente infondata, in quanto basata su un presupposto interpretativo che questa Corte ha già ritenuto erroneo con la citata sentenza n. 173 del 2002.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 166 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali), sollevate, in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Torino e dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino, con le ordinanze in epigrafe;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 6, e 127 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, in relazione all’art. 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352, sollevata, in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Lecce, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in Cancelleria l'1 aprile 2003.