Ordinanza n. 108/2003

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ORDINANZA N.108

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

- Francesco AMIRANTE        

- Ugo DE SIERVO     

- Romano VACCARELLA    

- Paolo MADDALENA          

- Alfio FINOCCHIARO        

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 392, comma 1-bis, 398, comma 5-bis, 498, commi 4, 4-bis e 4-ter, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza in data 8 marzo 2002 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova, iscritta al n. 275 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 2002.

  Visto l’atto di costituzione di Zarra Scotto Di Carlo Giustina;

  udito nell’udienza pubblica del 17 dicembre 2002 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova, con ordinanza emessa l’8 marzo 2002, pervenuta a questa Corte il 23 maggio 2002, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 32 e 111 della Costituzione, degli artt. 392, comma 1-bis, 398, comma 5-bis, 498, commi 4, 4-bis e 4-ter, del codice di procedura penale;

che il remittente, nell’ambito di un procedimento per reati sessuali, richiesto di procedere nelle forme dell’incidente probatorio all’assunzione della testimonianza della parte offesa, persona maggiorenne affetta da sindrome di Down con grave compromissione cognitiva, rileva che nella specie non ricorrerebbe alcuna delle condizioni che, secondo la disciplina ordinaria contenuta nell’art. 392, comma 1, cod. proc. pen., consentono di far luogo ad incidente probatorio, in quanto l’infermità del teste non avrebbe caratteristiche evolutive tali da poter considerare che vi sia fondato motivo di ritenere che la persona non potrà essere esaminata nel dibattimento per infermità o altro grave impedimento (art. 392, comma 1, lettera a, cod. proc. pen.), né – atteso il tempo decorso dai fatti senza che vi siano stati comportamenti intimidatori da parte degli imputati – apparirebbe ravvisabile l’ipotesi in cui vi sia fondato motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso (art. 392, comma 1, lettera b); e che l’art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen. consente di far luogo ad incidente probatorio fuori dalle ipotesi ordinarie solo quando, nell’ambito di procedimenti per reati sessuali, si debba assumere la testimonianza di persona minore di sedici anni, e non nel caso in cui si debba assumere la testimonianza di una persona maggiorenne affetta da insufficienza mentale tanto grave da porla in condizioni analoghe a quelle del minore;

che, inoltre, il giudice a quo rileva che le norme di cui all’art. 398, comma 5-bis, e all’art. 498, commi 4, 4-bis e 4-ter, cod. proc. pen., che prevedono speciali modalità "protette" per l’assunzione della testimonianza, si riferiscono a loro volta alla testimonianza della persona minore di sedici anni, o del minorenne, e non si estendono al caso del soggetto adulto affetto da infermità o da deficit psichico tale da richiedere una tutela particolare sia al fine di consentire l’accertamento di reati commessi a suo danno, sia al fine di garantire che tale accertamento sia condotto in modo non lesivo della sua personalità, date le condizioni analoghe a quelle della persona minore;

che pertanto, ad avviso del remittente, le disposizioni citate si porrebbero in contrasto: con l’art. 2 Cost., in quanto non garantirebbero la piena tutela dei diritti inviolabili della persona inferma di mente, quando questa sia chiamata a deporre su vicende che si assumono strettamente attinenti alla sfera della sua personalità; con l’art. 3 Cost., per la ingiustificata disparità di trattamento fra il minore e l’adulto affetto da insufficienza mentale, che verserebbero in identiche condizioni; con l’art. 24 Cost., risolvendosi in un difetto di tutela giurisdizionale di chi, sebbene incapace, sarebbe in grado di deporre, ma soltanto nelle forme protette previste per il minore; con l’art. 32 Cost., perché la persona in condizioni di insufficienza mentale sarebbe esposta alle conseguenze negative che possono derivare al suo stato psichico dall’impossibilità di difendere i propri diritti, ricorrendo, in una situazione protetta, alle pur limitate risorse di cui dispone; con l’art. 111 Cost., perché il diritto di difesa non sarebbe garantito in una situazione in cui l’esame del teste incapace naturale non potrebbe essere effettuato con le modalità più adeguate a garantire la genuinità e la incontestabilità della prova;

che, secondo il giudice a quo, il dubbio di legittimità costituzionale sollevato condizionerebbe la decisione sulla richiesta di esame del teste nelle forme dell’incidente probatorio, e precluderebbe anche, per la mancata estensione all’incapace della tutela di cui all’art. 498, commi 4, 4-bis e 4-ter cod. proc. pen., la decisione sulla richiesta di rinvio a giudizio, non essendo possibile, senza il ricorso alle modalità previste dalle norme impugnate, una prognosi sull’esito dell’esame della parte offesa condotto in dibattimento;

che si è costituito il curatore speciale della parte offesa nel procedimento a quo, chiedendo che la Corte dichiari l’illegittimità costituzionale delle norme denunciate, nella parte in cui non consentono di acquisire in incidente probatorio la testimonianza del maggiorenne incapace naturale con le forme previste per i minorenni, o, in subordine, chiedendo di "segnare con nettezza il processo interpretativo che dovrà seguire il giudice a quo al fine di decidere sulla richiesta di incidente probatorio";

che non vi è stato intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato che si deve preliminarmente esaminare la questione sollevata nei riguardi dell’art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen., là dove esso consente di procedere ad incidente probatorio fuori dalle ipotesi ordinarie solo quando, nell’ambito di procedimenti per reati sessuali, si debba assumere la testimonianza di persona minore di sedici anni, e non quando si debba assumere la testimonianza di persona maggiorenne affetta da insufficienza mentale tale da richiedere una tutela particolare;

che questa Corte ha già chiarito che l’esigenza, costituzionalmente rilevante, di assicurare, nella assunzione della testimonianza di soggetti "fragili" – come i minori e gli infermi di mente –, modalità che garantiscano la tutela della personalità del teste e la genuinità della prova deve trovare e trova espressione indipendentemente dal ricorso o meno all’incidente probatorio; e che la garanzia costituzionalmente dovuta riguarda la protezione di tali interessi, ma non già lo specifico strumento dell’anticipazione della testimonianza attraverso l’incidente probatorio (sentenza n. 529 del 2002; e cfr. anche sentenza n. 114 del 2001, ordinanza n. 583 del 2000);

che il ricorso all’incidente probatorio al di fuori delle ipotesi ordinarie di cui all’art. 392, comma 1, cod. proc. pen., nel caso in cui si debba assumere la testimonianza di un minore infrasedicenne in un procedimento per reati sessuali, rappresenta una eccezione rispetto alla regola generale per cui la prova si forma nel dibattimento, e corrisponde ad una scelta del legislatore, rispetto alla quale non è dato di rinvenire ragioni costituzionali che ne impongano la estensione al caso del teste infermo di mente (ordinanza n. 583 del 2000);

che, peraltro, eventuali esigenze di anticipazione della testimonianza, al fine di accertare i fatti e di assicurare la genuinità della prova, nel caso in cui si tratti di persone le quali presentino condizioni mentali o psichiche di particolare fragilità, che facciano ritenere fondatamente che la testimonianza medesima non possa essere utilmente assunta nel dibattimento, possono trovare adeguata soddisfazione attraverso una corretta applicazione delle previsioni di cui all’art. 392, comma 1, lettere a e b, cod. proc. pen., relative alle ipotesi di infermità o altro grave impedimento, e di esposizione a condizionamenti esterni, che giustificano il ricorso all’incidente probatorio;

che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen. è manifestamente infondata;

che, di conseguenza, la questione sollevata con riguardo all’art. 398, comma 5-bis, e all’art. 498, commi 4, 4-bis e 4-ter, cod. proc. pen., relativi alle modalità dell’assunzione della testimonianza – modalità che, peraltro, per quanto riguarda la previsione dell’art. 498, comma 4, sono già state in parte estese alla testimonianza dell’infermo di mente, con la sentenza n. 283 del 1997, di cui il remittente non tiene conto – risulta priva di attuale rilevanza nel procedimento a quo, e come tale manifestamente inammissibile, dovendo il giudicante decidere solo sulla richiesta di procedere ad incidente probatorio, ed avendo lo stesso escluso che ricorrano, nella specie, le condizioni per procedervi sulla base della normativa vigente (cfr. sentenza n. 529 del 2002);

che la rilevanza non può ritenersi nemmeno sulla base dell’assunto per cui, in assenza della testimonianza in questione, da assumere con modalità "protette", il giudice a quo non potrebbe decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio degli imputati, perché non sarebbe possibile "una prognosi sull’esito dell’esame della parte offesa condotto in dibattimento": infatti il rinvio a giudizio è preordinato a consentire l’accertamento dei fatti attraverso l’assunzione delle prove nel dibattimento, da effettuare con le modalità adeguate alla specie, onde è solo in quella sede che si possono porre come rilevanti eventuali questioni circa la estensione al teste affetto da infermità o insufficienza mentale di speciali modalità "protette" previste per la testimonianza dei minori.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

a.                       dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 392, comma 1-bis, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli articoli 2, 3, 24, 32 e 111 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova con l’ordinanza in epigrafe;

b.                      dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli 398, comma 5-bis, e 498, commi 4, 4-bis e 4-ter, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli articoli 2, 3, 24, 32 e 111 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in Cancelleria l'1 aprile 2003.