Sentenza n. 106/2003

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SENTENZA N.106

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA   Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY   Giudice

- Valerio ONIDA         "

- Carlo MEZZANOTTE          "

- Fernanda CONTRI    "

- Guido NEPPI MODONA     "

- Piero Alberto CAPOTOSTI  "

- Annibale MARINI     "

- Franco BILE  "

- Giovanni Maria FLICK         "

- Francesco AMIRANTE         "

- Ugo DE SIERVO      "

- Romano VACCARELLA     "

- Paolo MADDALENA           "

- Alfio FINOCCHIARO         "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 17 marzo 1999, relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dall’on. Domenico Gramazio nei confronti del dott. Pier Luigi Celli, promosso con ricorso del Tribunale di Roma, tredicesima sezione civile, notificato il 21 marzo 2002, depositato in cancelleria il 18 aprile successivo ed iscritto al n. 15 del registro conflitti 2002.

  Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati;

  udito nella camera di consiglio del 15 gennaio 2003 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto in fatto

  1.1. – Il Tribunale di Roma, tredicesima sezione civile, in composizione monocratica, con ricorso depositato nella cancelleria della Corte il 9 maggio 2001, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla delibera adottata dall’assemblea nella seduta del 18 (recte: 17) marzo 1999, secondo la quale le dichiarazioni rese dal deputato Domenico Gramazio in data 10 novembre 1998 attraverso la diffusione di un comunicato stampa in cui egli dava notizia di una interrogazione presentata il giorno stesso all’Ufficio di Presidenza per il vaglio di ammissibilità – dichiarazioni in relazione alle quali è in corso davanti allo stesso Tribunale procedimento civile per risarcimento del danno, proposto nei confronti del deputato Gramazio da Pier Luigi Celli – concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.

  Secondo il Tribunale ricorrente, la Camera dei deputati avrebbe illegittimamente valutato come insindacabili le dichiarazioni del deputato Gramazio, nelle quali si prospettava una condotta di Pier Luigi Celli, nella qualità di direttore generale della RAI, non conforme ai doveri di deontologia professionale: in primo luogo in quanto la diffusione al di fuori della sede parlamentare di un comunicato stampa riproduttivo di una interrogazione la sera stessa della sua presentazione all’Ufficio di Presidenza per il vaglio di ammissibilità non potrebbe essere considerata attività inerente al mandato, contravvenendo alle regole disciplinanti il procedimento interno di controllo attinente al contenuto dell’interrogazione; in secondo luogo, perché sarebbe stata successivamente accertata, ai sensi dell’art. 139-bis del regolamento della Camera, la non pertinenza dell’interrogazione alla funzione ispettiva parlamentare, con la conseguenza che l’opinione espressa dal deputato, anche se qualificabile come "politica", sarebbe al di fuori dell’esercizio di funzioni parlamentari, e dovrebbe sottostare al regime giuridico di ogni altra opinione politica espressa da un comune cittadino.

  Pertanto, il Tribunale ricorrente, nel sollevare conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati, chiede che, ritenuta l’ammissibilità del conflitto, sia dichiarato che non spetta alla Camera dei deputati affermare l’insindacabilità dei fatti oggetto del giudizio civile innanzi a sé pendente e che, conseguentemente, sia annullata la predetta delibera parlamentare.

1.2. – Il conflitto è stato dichiarato ammissibile con ordinanza di questa Corte n. 47 del 2002. Il Tribunale di Roma ha notificato in data 21 marzo 2002 il ricorso e l’ordinanza di ammissibilità alla Camera dei deputati, depositandoli poi, insieme con la prova della avvenuta notifica, nella cancelleria della Corte costituzionale in data 18 aprile 2002.

1.3. – Nel giudizio dinanzi alla Corte si è costituita la Camera dei deputati, chiedendo che il ricorso venga dichiarato infondato, e comunque riservandosi di meglio valutare gli eventuali motivi di inammissibilità del ricorso successivamente alla costituzione in giudizio e, quindi, alla verifica del deposito avversario.

Ad avviso della Camera dei deputati, le dichiarazioni in questione dell’on. Gramazio, diffuse attraverso un comunicato stampa, sarebbero insindacabili, perché rappresenterebbero la divulgazione all’esterno di un’opinione già espressa nell’esercizio di funzioni parlamentari, con l’interrogazione presentata il 10 novembre 1998.

Sarebbe irrilevante il fatto che l’interrogazione non avesse ancora superato il vaglio di ammissibilità, in quanto la diffusione da parte di un deputato, anche attraverso un comunicato stampa, del contenuto di una interrogazione, già formalmente presentata alla Presidenza, prima del superamento del vaglio di ammissibilità e della pubblicazione, potrà considerarsi un comportamento inopportuno, ma non costituisce di per sé violazione di una norma del regolamento della Camera. E se anche costituisse una scorrettezza, ciò potrebbe rilevare solo all’interno della Camera, eventualmente giustificando un intervento censorio del Presidente, ma certamente non potrebbe avere alcun rilievo sotto il profilo della insindacabilità delle opinioni contenute nell’interrogazione, come pure di quelle sostanzialmente corrispondenti poi diffuse extra moenia ed alle prime collegate dal "nesso funzionale".

Né, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, sarebbe conferente il fatto che l’interrogazione dell’on. Gramazio sia stata successivamente ritenuta inammissibile.

Innanzitutto perché la dichiarazione di inammissibilità dell’interrogazione è stata successiva alla diffusione del comunicato stampa (sicché anteriormente si sarebbe già determinata l’attivazione della garanzia di cui all’art. 68 della Costituzione, avendo medio tempore la dichiarazione data alla stampa ricevuto una qualificazione costituzionale ormai definitiva ed irretrattabile).

In secondo luogo perché l’eventuale disconoscimento dell’ammissibilità dell’interrogazione – successivo od antecedente che sia rispetto alle dichiarazioni rese extra moenia – costituirebbe una circostanza irrilevante rispetto alla operatività della garanzia dell’insindacabilità. Ad avviso della difesa della Camera, infatti, la dichiarazione di non ammissibilità dell’interrogazione, precludendone la pubblicazione, ne impedisce l’emersione nell’ambito collegiale e, soprattutto, impedisce che ne scaturisca l’effetto fondamentale, cioè l’obbligo del Governo di rispondere. Ma la non ammissibilità di un’interrogazione ritualmente presentata non toglie affatto che vi sia stato l’atto di iniziativa del singolo parlamentare (con il contenuto di opinione che vi è incorporato), e che esso costituisca esercizio di quel potere di interrogazione che l’art. 128 del regolamento della Camera riconosce a tutti i deputati e che essi esercitano con la "presentazione" dell’interrogazione al Presidente della Camera.

In ogni caso, se anche si ritenesse che l’atto di iniziativa ispettiva del parlamentare, nel caso esso sia dichiarato inammissibile e quindi non venga pubblicato, non possa propriamente considerarsi un "atto parlamentare", questo non toglierebbe, tuttavia, che le opinioni del parlamentare, le quali sono incorporate nel testo dell’interrogazione ritualmente presentata al Presidente della Camera, sono e restano "opinioni espresse" dal parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell’art. 68 della Costituzione.

Sotto un ulteriore e subordinato profilo, le espressioni dell’on. Gramazio, oggetto del giudizio pendente innanzi al Tribunale di Roma, sarebbero espressione di attività parlamentare anche perché il problema cui esse si riferivano era già stato sottoposto all’esame della Camera nel corso della XIII legislatura, costituendo oggetto di numerosi atti formalmente parlamentari.

Invero, il contenuto, il tema specifico di quelle dichiarazioni era costituito da una critica generale (ancorché arricchita di esemplificazioni) nei confronti della gestione RAI, nel suo complesso caratterizzata, secondo l’on. Gramazio, da pratiche diffuse di favoritismo e difetto di trasparenza. La difesa della Camera segnala al riguardo, fra le tante: l’interrogazione n. 4/02198 del 18 luglio 1996; l’interrogazione n. 4/03709 del 1° ottobre 1996; l’interrogazione n. 4/24236 del 27 maggio 1999; l’interrogazione n. 4/33120 del 14 dicembre 2000.

Tra l’oggetto delle dichiarazioni "incriminate" e quello delle suddette interrogazioni vi sarebbe non soltanto identità tematica, ma propriamente corrispondenza sostanziale di contenuto. Né detta corrispondenza potrebbe, ad avviso della Camera, revocarsi in dubbio per il fatto che nelle richiamate interrogazioni non sono espressi riferimenti alla condotta del dott. Celli; e ciò sia perché quelle interrogazioni investirebbero in generale un modo di essere complessivo della gestione della RAI; sia perché questa Corte avrebbe mostrato di ritenere non necessario lo specifico riferimento soggettivo negli atti parlamentari formali.

Infine, la difesa della Camera osserva che il collegamento delle dichiarazioni esterne con l’attività di parlamentare sarebbe nel caso in questione in re ipsa, atteso che – come già evidenziato nella relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere – il controllo sulla RAI e sulla sua corretta gestione costituirebbe "uno dei più importanti compiti propri del Parlamento e, all’interno di esso, di ciascun parlamentare", tant’è vero che nell’ambito delle due Camere è stato istituito un apposito organo di vigilanza bicamerale che ha per oggetto la gestione del servizio pubblico radio-televisivo.

Considerato in diritto

  Il ricorso per conflitto di attribuzione sollevato dal Tribunale di Roma, tredicesima sezione civile, nei confronti della Camera dei deputati, è improcedibile.

  Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il deposito del ricorso nel termine, perentorio, di venti giorni dalla notificazione di tale atto e dell’ordinanza che ammette il conflitto (art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale) costituisce un adempimento necessario affinché si possa aprire la seconda fase del conflitto relativa alla decisione sul merito (tra le altre, da ultimo, sentenze n. 253 e n. 293 del 2001, n. 172 del 2002).

  Nella specie, il ricorso è stato depositato nella cancelleria della Corte, con la prova della notificazione eseguita a norma dell’art. 37, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, il 18 aprile 2002, oltre il termine di venti giorni dalla notificazione, avvenuta il 21 marzo 2002.

  Pertanto non può procedersi allo svolgimento dell’ulteriore fase del giudizio.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara improcedibile il giudizio sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Tribunale di Roma, tredicesima sezione civile, nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe.

  Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in Cancelleria l'1 aprile 2003.