Sentenza n. 99/2003

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SENTENZA N. 99

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

- Francesco AMIRANTE        

- Ugo DE SIERVO     

- Romano VACCARELLA    

- Paolo MADDALENA          

- Alfio FINOCCHIARO        

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 24 ottobre 2000, relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dall’on. Giancarlo Cito nei confronti di Donato Olive, promosso con ricorso del Tribunale di Taranto, seconda sezione penale, notificato il 7 marzo 2002, depositato in cancelleria l’8 aprile successivo ed iscritto al n. 11 del registro conflitti 2002.

  Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati;

  udito nella camera di consiglio del 15 gennaio 2003 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto in fatto

1.1. – Con atto pervenuto a questa Corte in originale il 9 novembre 2001, il Tribunale di Taranto, seconda sezione penale, in composizione monocratica, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla deliberazione in data 24 ottobre 2000 con la quale detta Camera ha approvato la proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento penale instaurato davanti allo stesso Tribunale nei confronti del deputato Giancarlo Cito – imputato del delitto di diffamazione per avere, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in un pubblico comizio e in un comunicato diramato agli organi di stampa, offeso la reputazione di Donato Olive, tenente della Guardia di finanza in forza al Nucleo di polizia tributaria di Taranto – concernono opinioni espresse dal deputato Cito nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

Secondo il Tribunale ricorrente, nella condotta contestata all’on. Cito come diffamatoria non sembrerebbe esservi alcun collegamento funzionale con la sua attività parlamentare, "quanto meno con riferimento alla seconda parte della condotta e cioè quella relativa al preteso illegittimo arresto del capitano dei vigili urbani del Comune di Taranto", non essendo riscontrabile alcuna connessione con atti tipici della funzione parlamentare, né apparendo possibile individuare nel comportamento del deputato un intento divulgativo di una scelta o di un’attività politico-parlamentare. Nelle parole oggetto di contestazione sarebbe assente un preteso contenuto politico, poiché le affermazioni contestate sembrerebbero trascendere su un piano di mero dileggio e di insulto personale nei confronti del pubblico ufficiale.

Il ricorrente rileva altresì la carenza di motivazione della delibera della Camera, sotto il profilo della possibilità di comprensione delle ragioni che hanno indotto ad adottarla, nulla dicendosi in essa circa il motivo che avrebbe potuto giustificare le accuse al tenente Olive di cui alla seconda parte della contestazione.

In definitiva, il Tribunale ricorrente ritiene che la propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantita dagli articoli 101 e seguenti della Costituzione, sarebbe stata illegittimamente menomata dalla deliberazione impugnata, da cui discenderebbe un effetto inibitorio della prosecuzione del giudizio dinanzi ad esso pendente; onde chiede affermarsi che non spetta alla Camera dei deputati dichiarare la insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Giancarlo Cito, secondo quanto deliberato dalla Camera medesima.

1.2. – Il conflitto è stato dichiarato ammissibile con ordinanza di questa Corte n. 27 del 2002. Il Tribunale di Taranto ha notificato in data 7 marzo 2002 il ricorso e l’ordinanza di ammissibilità alla Camera dei deputati, depositandoli poi, insieme con la prova della avvenuta notifica, nella cancelleria della Corte costituzionale in data 8 aprile 2002.

1.3. – Nel giudizio dinanzi alla Corte si è costituita la Camera dei deputati, chiedendo che il ricorso venga dichiarato infondato, e comunque riservandosi di meglio valutare gli eventuali motivi di inammissibilità del ricorso successivamente alla costituzione in giudizio e, quindi, alla verifica del deposito avversario.

Ad avviso della Camera dei deputati, le dichiarazioni dell’on. Cito, da lui rese nel corso di un comizio e successivamente a mezzo stampa, rappresenterebbero la divulgazione all’esterno di un’opinione già espressa nell’esercizio di funzioni parlamentari, e come tale insindacabile.

Infatti il problema cui tali dichiarazioni si riferiscono era già stato sottoposto all’esame della Camera nel corso della XIII legislatura, costituendo oggetto di numerosi atti formalmente parlamentari, in particolare di atti di sindacato ispettivo posti in essere soprattutto dallo stesso on. Cito.

Il contenuto, il tema specifico delle dichiarazioni "incriminate" era costituito da "una vibrata protesta e critica dell’on. Cito avente ad oggetto l’esercizio asseritamene distorto delle attività di indagine della Procura della Repubblica di Taranto, non solo nei suoi confronti, nonché – in particolare – le modalità illegittime con cui gli agenti di polizia giudiziaria alle dipendenze di quella Procura, in particolare il tenente Olive, vi avevano dato esecuzione, non solo nei suoi confronti".

E nel corso della XIII legislatura – si fa rilevare – l’on. Cito ha presentato numerose interrogazioni, aventi come destinatario il Ministro della giustizia, con le quali tutte si lamentava un esercizio distorto e politicizzato delle proprie funzioni da parte della Procura della Repubblica preso il Tribunale di Taranto e, conseguentemente, delle funzioni e delle attività degli agenti di polizia giudiziaria da essa dipendenti, e si chiedeva al Ministro di intervenire al riguardo anche mediante una azione ispettiva. In particolare nelle interrogazioni si evidenziavano due aspetti delle suddette attività tra loro strettamente connessi: da un lato un particolare "accanimento" investigativo e giudiziario nei confronti dello stesso on. Cito (all’epoca Sindaco di Taranto); dall’altro un "accanimento" anche nei confronti dell’amministrazione comunale di Taranto e, in particolare, nei confronti della sua polizia municipale. La difesa della Camera segnala al riguardo, fra le tante: l’interrogazione n. 4/07966 del 26 giugno 1997; l’interrogazione n. 4/08905 del 3 aprile 1997; l’interrogazione n. 4/10194 del 21 maggio 1997; l’interrogazione n. 4/01549 del 2 luglio 1996; l’interrogazione n. 4/00477 del 29 maggio 1996; l’interrogazione n. 4/02278 del 22 luglio 1996; l’interrogazione n. 5/00732 del 10 ottobre 1996; l’interrogazione n. 4/05051 del 6 novembre 1996.

Tra l’oggetto delle dichiarazioni "incriminate" e quello delle suddette interrogazioni vi sarebbe non soltanto identità tematica, ma propriamente corrispondenza sostanziale di contenuto. Né detta corrispondenza potrebbe, ad avviso della Camera, revocarsi in dubbio per il fatto che nelle richiamate interrogazioni non sono espressi riferimenti ad atti di polizia giudiziaria posti in essere specificamente dal tenente Olive; e ciò sia perché quelle interrogazioni investirebbero in generale un orientamento complessivo della Procura di Taranto e della dipendente polizia giudiziaria; sia perché questa Corte – in particolare nella sentenza n. 50 del 2002 – avrebbe mostrato di ritenere non necessario lo specifico riferimento soggettivo negli atti parlamentari formali.

In conclusione, le opinioni critiche manifestate dall’on. Cito nel comizio del 18 dicembre 1997 e nel successivo comunicato stampa del 20 dicembre 1997, essendo nella sostanza corrispondenti, per i contenuti che le contraddistinguono, alle dichiarazioni espresse in sede parlamentare, sarebbero finalizzate alla loro divulgazione.

Considerato in diritto

  Il ricorso per conflitto di attribuzione, sollevato dal Tribunale di Taranto, seconda sezione penale, nei confronti della Camera dei deputati, è improcedibile.

  Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il deposito del ricorso nel termine, perentorio, di venti giorni dalla notificazione di tale atto e dell’ordinanza che ammette il conflitto (art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale) costituisce un adempimento necessario affinché si possa aprire la seconda fase del conflitto relativa alla decisione sul merito (tra le altre, da ultimo, sentenze n. 253 e n. 293 del 2001, n. 172 del 2002).

  Nella specie, il ricorso è stato depositato nella cancelleria della Corte, con la prova della notificazione eseguita a norma dell’art. 37, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’8 aprile 2002, oltre il termine di venti giorni dalla notificazione, avvenuta il 7 marzo 2002.

  Pertanto non può procedersi allo svolgimento dell’ulteriore fase del giudizio.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara improcedibile il giudizio sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Tribunale di Taranto, seconda sezione penale, nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe.

  Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 28 marzo 2003.