Ordinanza n. 81/2003

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ORDINANZA N. 81

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

- Ugo DE SIERVO                            

- Romano VACCARELLA                           

- Paolo MADDALENA                                 

- Alfio FINOCCHIARO                                

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 52, secondo comma, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza del 6 giugno 2002 dal Tribunale di Gorizia sull’istanza di ricusazione proposta da Cavallo Stefano, iscritta al n. 401 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2002.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 12 febbraio 2003 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto che il Tribunale di Gorizia, con ordinanza emessa il 6 giugno 2002, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, secondo comma, del codice di procedura civile, "nella parte in cui non prevede, noto essendo al ricusante il nome dei giudici in corso di causa, la possibilità della proposizione dell’istanza di ricusazione per un motivo d’astensione (o della sua conoscenza) sopravvenuto posteriormente all’inizio della trattazione o discussione della causa";

che il giudice a quo, cui è rimessa la decisione in ordine ad una istanza di ricusazione proposta nei confronti di un giudice di pace, afferma che il legislatore ha posto un onere di attivazione del procedimento in questione con esclusivo riferimento all’inizio del processo e alla sussistenza di una causa di astensione già concretata;

che la puntualità della previsione normativa non consentirebbe, ad avviso del rimettente, interpretazioni estensive o analogiche, con la conseguenza che sarebbe previsto un trattamento normativo diverso per situazioni omogenee, con pregiudizio dei principi di inviolabilità del diritto di difesa e di imparzialità del giudice;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’inammissibilità della questione ovvero per la manifesta infondatezza della medesima;

che secondo la difesa erariale l’ordinanza di rimessione è priva della indicazione delle circostanze di fatto che renderebbero rilevante la questione nel giudizio a quo e non esplicita le ragioni dell’asserito contrasto della norma censurata con i parametri costituzionali invocati;

che, ad avviso dell’Avvocatura, la questione sarebbe comunque infondata, in quanto i termini stabiliti nel secondo comma dell’art. 52 cod. proc. civ., che si riferiscono all’ipotesi in cui il motivo di ricusazione sia noto o conoscibile, possono essere superati, allorché la causa di astensione sopravvenga o sia conosciuta in epoca successiva, fino a che non si sia esaurita la fase decisoria.

Considerato che il giudice a quo lamenta che l’art. 52, secondo comma, del codice di procedura civile non prevede la possibilità di proporre istanza di ricusazione dopo l’inizio della trattazione o della discussione, quando la causa di ricusazione sia sopravvenuta ovvero sia conosciuta in corso di causa;

che il rimettente non specifica tuttavia né quando sia stata proposta la ricusazione, né quale sia il motivo che avrebbe dovuto obbligare il giudice ad astenersi e che avrebbe consentito di proporre la ricusazione, né per quale ragione non sia stata tempestivamente proposta l’istanza di ricusazione; né, infine, in quale momento processuale sia intervenuta la causa di astensione;

che la mancanza di tali indicazioni non consente di verificare la rilevanza della questione nel giudizio a quo;

che risulta altresì del tutto insufficiente la motivazione relativa all’asserita violazione dei parametri costituzionali invocati;

che tali diffuse carenze determinano pertanto la inammissibilità della questione.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, secondo comma, del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Gorizia con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 marzo 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 27 marzo 2003.