Ordinanza n. 51/2003

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.51

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

- Ugo DE SIERVO

- Romano VACCARELLA

- Paolo MADDALENA

- Alfio FINOCCHIARO

ha pronunciato la seguente                                         

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1168 del codice civile promosso con ordinanza del 7 maggio 2002 dal Tribunale di Ancona, sezione distaccata di Jesi, nel procedimento civile vertente tra Fratini Sauro e il Condominio di Via Rosi n. 23 di Jesi, iscritta al n. 315 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 2002.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 15 gennaio 2003 il Giudice relatore Romano Vaccarella.       

  Ritenuto che, con ordinanza del 7 maggio 2002 il Tribunale di Ancona – sezione distaccata di Jesi – solleva, in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1168 del codice civile, "nella parte in cui concede una tutela possessoria anche a prescindere dai poteri conformativi della corrispondente figura di diritto reale previsti dall’ordinamento";

  che il giudizio civile, nel corso del quale la questione è sollevata, venne introdotto da Sauro Fratini con ricorso volto ad ottenere, nei confronti del Condominio di via Rosi n. 26 del Comune di Jesi, l’ordine di ricostruzione di un muretto dallo stesso abbattuto;

  che, in sede interdittale, il giudice adito ordinava al convenuto di provvedere entro sei mesi alla ricostruzione del muretto abbattuto, "previa richiesta e rilascio da parte del Comune di Jesi dell’atto autorizzativo necessario";

  che, all’esito dell’esperimento del giudizio sul cosiddetto merito possessorio, invece, il Tribunale – rilevato preliminarmente, in punto di fatto, che parte convenuta aveva eccepito e dimostrato, fra l’altro, che il muretto non risultava ricompreso nella concessione edilizia in variante ottenuta dal condominio, dal momento che tra le varianti autorizzate vi era proprio la sua eliminazione per contrasto con lo strumento urbanistico in vigore – deduce che, nella fattispecie, la tutela del possesso, in quanto connessa alla sola preesistenza dell’esercizio di un potere di fatto, ancorché illegittimamente acquisito, andrebbe senz’altro riconosciuta;

  che, tuttavia, poiché tale tutela verrebbe ad essere più ampia di quella elargibile alla corrispondente figura di diritto reale, e segnatamente al diritto di proprietà, il quale può essere affermato solo "entro i limiti delineati dal legislatore nell’esercizio di quel potere di conformazione sotteso all’art. 42 della Costituzione", appare al rimettente fondato il dubbio di legittimità costituzionale dell’assetto normativo in discorso, per contrasto con i principi costituzionali di ragionevolezza ed eguaglianza, di cui all’art. 3 Cost., nonché con "il potere conformativo" e la funzione sociale della proprietà, di cui all’art. 42 Cost.;

  che, costituitosi in giudizio a mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri deduceva l’inammissibilità ovvero la manifesta infondatezza della questione osservando che "le norme edilizie e urbanistiche si collocano su un piano diverso da quello privatistico", come ritenuto, oltre che dalla giurisprudenza di legittimità, anche da questa Corte (sentenza n. 120 del 1996);

  che, pertanto, è errato ritenere, come ritiene il rimettente, che "in sede possessoria si possa ottenere di più di quanto possa ottenersi in sede petitoria", in quanto anche nella prima sede "il provvedimento del giudice ius dicit nel rapporto inter privatos, ed in nessun modo interferisce sulla vicenda pubblicistica relativa ai provvedimenti amministrativi".

  Considerato che il Tribunale di Ancona - sezione distaccata di Jesi - dubita, in relazione agli artt. 3 e 42 Cost., della legittimità costituzionale dell’art. 1168 cod. civ. in quanto questo tutelerebbe, quanto "al potere di conformazione sotteso all’art. 42 Cost.", il possesso più incisivamente del corrispondente diritto reale, e segnatamente della proprietà;

  che la questione è manifestamente infondata per l’evidente implausibilità del presupposto interpretativo, in quanto, come sottolineato dalla Avvocatura dello Stato, deve escludersi che in sede possessoria si possa ottenere più di quanto risulti giuridicamente ottenibile nel giudizio petitorio, e in particolare che, in base a un provvedimento possessorio, si possano costruire o demolire immobili a prescindere dai permessi dell’autorità amministrativa;

  che il diritto vivente, in punto di rapporti tra provvedimento del giudice che ordina la costruzione o la demolizione di un immobile e i provvedimenti dell’autorità amministrativa in materia di edilizia e urbanistica, è consolidato nel senso dell’incoercibilità e della necessità di questi ultimi, quale che sia la sede (petitoria o possessoria) nella quale è emanato l’ordine del giudice;

  che la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1168 del codice civile sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione, dal Tribunale di Ancona – sezione distaccata di Jesi - con l’ordinanza in epigrafe.

  Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Romano VACCARELLA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2003.