Ordinanza n. 50/2003

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ORDINANZA N. 50

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

- Francesco AMIRANTE        

- Ugo DE SIERVO     

- Romano VACCARELLA    

- Paolo MADDALENA          

- Alfio FINOCCHIARO        

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 31, comma 13, in riferimento ai commi 8 e 14, della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 1986), come modificato dal decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, promosso dalla Commissione tributaria di Biella, con ordinanza del 15 novembre 2001, sul ricorso proposto da Jaselli Carlo contro l’Agenzia delle entrate di Biella, iscritta al n. 64 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell’anno 2002.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 15 gennaio 2003 il Giudice relatore Francesco Amirante.

Ritenuto che, nel corso di un procedimento conseguente all’impugnazione di una cartella esattoriale emessa dal Centro di servizio di Torino nella parte relativa al recupero di una differenza sul contributo per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale, la Commissione tributaria provinciale di Biella ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 31, comma 13, della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 1986), come modificato dalla legge 14 novembre 1992, n. 438 – recte come modificato dall’art. 6, comma 11, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438 – nella parte in cui, in riferimento ai commi 8 e 14 della stessa disposizione, prevede l’applicabilità nei confronti dei liberi professionisti, sia per il contributo principale per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale sia per il relativo contributo di solidarietà, di aliquote più elevate rispetto a quelle fissate per i lavoratori dipendenti;

che il giudice remittente, dopo aver affermato la sicura rilevanza della questione desumibile dall’oggetto del giudizio come sopra descritto, precisa che non assume alcun rilievo nella fattispecie l’entrata in vigore del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali) che ha abolito i contributi per il Servizio sanitario nazionale di cui all’art. 31 impugnato, essendo in contestazione un periodo di imposta anteriore alla data di entrata in vigore del suddetto decreto legislativo;

che, quanto al merito della questione, la Commissione tributaria provinciale di Biella osserva che sarebbe in contrasto con il parametro invocato "la debenza del contributo sanitario nazionale soltanto da parte dei lavoratori autonomi e non anche da parte dei lavoratori dipendenti", interessando il Servizio sanitario nazionale "la totalità dei cittadini" e non potendo la discriminazione denunciata trovare fondamento sulle disparità di reddito dei contribuenti rispettivamente compresi nelle due suddette categorie, "essendo ben noto che alcuni lavoratori dipendenti percepiscono redditi di gran lunga superiori a molti appartenenti alla categoria dei lavoratori autonomi";

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, manifestamente infondata.

Considerato che l’ordinanza di rimessione non contiene né una adeguata descrizione della fattispecie concreta oggetto del giudizio principale né una esauriente motivazione sulla rilevanza della questione, non essendo specificata la natura (se libero professionale o meno) dell’attività svolta dal ricorrente e, conseguentemente, non risultando quale delle disposizioni contenute nel denunciato art. 31 della legge n. 41 del 1986 sia stata applicata nella cartella esattoriale impugnata, né se tale cartella abbia avuto ad oggetto esclusivamente il contributo per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale o anche il contributo di solidarietà;

che il remittente non chiarisce nemmeno se il ricorrente contesti soltanto il quantum della prestazione posta a suo carico in favore del Servizio sanitario nazionale, oppure anche l’an della medesima;

che anche l’oggetto della questione non risulta chiaro in quanto, mentre dal dispositivo dell’ordinanza sembra che esso riguardi la diversità delle misure delle aliquote di contribuzione per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale rispettivamente previste per i liberi professionisti, da un lato, e per i lavoratori dipendenti, dall’altro lato, la motivazione è, viceversa, diretta a denunciare l’asseritamente ingiustificato assoggettamento alla suddetta contribuzione dei soli lavoratori autonomi e non anche dei lavoratori dipendenti;

che una simile ordinanza è inidonea a dare valido ingresso al giudizio di legittimità costituzionale (ex plurimis: ordinanze nn. 292 e 205 del 2002, 151 del 1997);

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 31, comma 13, della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 1986), in riferimento ai commi 8 e 14 della stessa disposizione, come modificato dall’art. 6, comma 11, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Biella con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Francesco AMIRANTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2003.