Ordinanza n. 535/2002

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ORDINANZA N. 535

ANNO 2002

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY           

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                   

- Fernanda CONTRI             

- Guido NEPPI MODONA  

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI             

- Franco BILE                             

- Giovanni Maria FLICK                  

- Francesco AMIRANTE                 

- Ugo DE SIERVO                    

- Romano VACCARELLA             

- Paolo MADDALENA                   

- Alfio FINOCCHIARO                  

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sull'istanza depositata il 13 dicembre 2002 di sospensione dell'ordinanza n. 317 del 2002 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cremona depositata il 2 novembre 2002, in relazione alla quale la Regione Lombardia ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 26 novembre 2002, depositato in cancelleria il 30 successivo ed iscritto al n. 43 del registro conflitti 2002.

    Udito nella camera di consiglio del 18 dicembre 2002 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;

    udito l'avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Lombardia.

    Ritenuto che la Regione Lombardia ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento all'ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cremona il 2 novembre 2002 (ordinanza  n.  r.g.  GIP  307  del 2002),  chiedendone  l'annullamento  per  violazione degli articoli 101, 134 e 117, commi primo, quarto e quinto, della Costituzione;

    che la ricorrente premette, in fatto, che l'impugnata ordinanza del giudice per le indagini preliminari è stata pronunciata nell'ambito di un procedimento penale aperto, a seguito di esposto-denuncia presentato dalla Lega per l'abolizione della caccia (LAC), nei confronti di ignoti per il reato previsto dall'art. 30, comma 1, lettera h), della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), che punisce “chi abbatte, cattura o detiene specie di mammiferi o uccelli nei cui confronti la caccia non è consentita o fringillidi in numero superiore a cinque o per chi esercita la caccia con mezzi vietati”;

    che, nel corso del menzionato procedimento penale, il pubblico ministero, con decreto del 25 ottobre 2002, ha disposto “il sequestro preventivo delle seguenti specie di fauna selvatica: passeri, passeri mattugia, storno, fringuello e peppola, in quantità pari a tutti gli esemplari che si trovino (stabilmente o in transito) nel territorio della Regione Lombardia, precisando che detto provvedimento vale come divieto di caccia dei volatili indicati”;

    che in sede di procedimento di convalida – evidenzia ancora la Regione - il giudice per le indagini preliminari, con l'ordinanza impugnata, negava la convalida del provvedimento di sequestro preventivo, ma ciò sul presupposto della perdurante vigenza del divieto di prelievo venatorio, ricavabile dalla normativa nazionale e comunitaria, delle specie delle quali sarebbe consentita la caccia in base alla legge della Regione Lombardia 7 agosto 2002, n. 18 (Applicazione del regime di deroga previsto dall'art. 9 della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici);

    che nel far ciò – prosegue la ricorrente - il giudice per le indagini preliminari avrebbe disapplicato la menzionata legge regionale, altresì segnalandola al Presidente del Consiglio dei ministri per l'esercizio dei poteri sostitutivi di competenza, ai sensi dell'art. 19-bis, comma 4, della legge n. 157 del 1992, come introdotto dall'art. 1 della legge 3 ottobre 2002, n. 221 (Integrazioni alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, in attuazione dell'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE);

che, tanto premesso, ad avviso della Regione, l'ordinanza impugnata, affermando la vigenza del divieto di prelievo venatorio, ha espressamente disapplicato la legge regionale n. 18 del 2002 che detto prelievo consente e in tal modo ha leso la potestà legislativa esclusiva regionale in materia di caccia che si fonda sull'art. 117, quarto comma, Cost. nella sua attuale formulazione, portata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001;

    che al tempo stesso l'atto impugnato violerebbe gli artt. 101 e 134 Cost., in quanto il giudice, vincolato al rispetto della legge statale e regionale, nell'ipotesi in cui la ritenga illegittima, ha il solo potere di sottoporla al sindacato della Corte costituzionale;

    che pertanto il giudice per le indagini preliminari, nel ritenere illegittima la legge regionale n. 18 del 2002 perché non conforme alla direttiva n. 79/409/CEE ed alla legge n. 157 del 1992, da un lato, ha espressamente disconosciuto il potere legislativo della Regione in materia di caccia, il quale, alla luce del nuovo testo dell'art. 117 Cost., avrebbe natura esclusiva e, sempre ai sensi del quinto comma del medesimo art. 117 comprenderebbe anche l'attuazione dell'art. 9 della direttiva n. 79/409/CEE in tema di deroghe alle specie cacciabili, come del resto sarebbe confermato dalla stessa legge statale n. 221 del 2002; dall'altro, ha ritenuto non necessaria una pronuncia di questa Corte, assumendo di poter esso stesso valutare la compatibilità tra fonte comunitaria, fonte statale e legge regionale;

    che, in ogni caso, la ricorrente nega la validità dell'assunto da cui muove l'ordinanza impugnata e cioè la diretta ed immediata applicabilità della menzionata direttiva, osservando altresì che la legge regionale lungi dal contravvenire a quest'ultima ne costituirebbe puntuale attuazione;

    che, ad avviso della Regione, quand'anche si volesse ipotizzare che la competenza esclusiva attribuita allo Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema dall'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., comprenda quale suo oggetto l'individuazione delle specie cacciabili, ciò non sarebbe sufficiente a concludere che la legge regionale sia illegittima in quanto, come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 407 del 2002), allo Stato spetterebbe unicamente la disciplina dei vari aspetti inerenti il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica, non anche la regolamentazione concreta delle deroghe;

    che la Regione ha altresì chiesto, sia con il ricorso, sia con successiva istanza depositata il 13 dicembre 2002, la sospensione dell'atto impugnato;

    che a tal fine, premesso che l'effetto di tale atto è quello di far rivivere il divieto di prelievo venatorio per le specie considerate cacciabili dalla legge regionale n. 18 del 2002, ciò che esporrebbe i cacciatori sorpresi ad abbattere le specie vietate all'applicazione di una sanzione penale; rilevato che la stagione venatoria per alcune di queste specie termina il 30 dicembre 2002 e fatto presente che l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari ha determinato una situazione di incertezza (tale da costringere la Regione ad informare della questione le associazioni venatorie maggiormente rappresentative), la ricorrente ritiene sussista un periculum in mora giacché la sospensione del provvedimento impugnato, se dovesse intervenire dopo la scadenza del periodo della legge regionale, sarebbe inutiliter data.

    Considerato che il dispositivo dell'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cremona è di “non convalida” del provvedimento di sequestro emesso dal pubblico ministero, sicché allo stato non sussiste alcuna misura preventiva in relazione alle specie cacciabili di cui alla deroga introdotta dalla legge regionale n. 18 del 2002;

che, nonostante il giudice per le indagini preliminari abbia disposto la comunicazione dell'atto al comando della Polizia provinciale di Cremona e agli altri comandi provinciali, in modo da potersi ipotizzare effetti ulteriori del provvedimento, questo, per sua natura, non può spiegare effetti diversi da quelli cui è preordinato e cioè di diniego di convalida del sequestro preventivo;

    che fa quindi difetto il requisito delle “gravi ragioni” richiesto dall'articolo 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87, poiché, indipendentemente dall'iter logico seguito dal giudice per le indagini preliminari, l'atto impugnato non è idoneo a produrre effetti pregiudizievoli a carico di alcuno;

    che pertanto, in assenza del periculum in mora, l'istanza di sospensione proposta dalla Regione Lombardia deve essere respinta.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

    rigetta l'istanza di sospensione dell'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cremona in data 2 novembre 2002, proposta dalla Regione Lombardia con l'atto indicato in epigrafe.

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 2002.

    Riccardo CHIEPPA, Presidente

    Carlo MEZZANOTTE, Redattore

    Depositata in Cancelleria il 20 dicembre 2002.