Ordinanza n. 487/2002

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ORDINANZA N. 487

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Cesare                         RUPERTO                      Presidente

- Riccardo                     CHIEPPA                        Giudice

- Gustavo                      ZAGREBELSKY                 "

- Valerio                        ONIDA                                  "

- Carlo                           MEZZANOTTE                    "

- Fernanda                     CONTRI                                "

- Guido                          NEPPI MODONA                "

- Piero Alberto             CAPOTOSTI                         "

- Annibale                     MARINI                                "

- Franco                         BILE                                      "

- Giovanni Maria          FLICK                                               "

- Francesco                    AMIRANTE                          "

- Ugo                             DE SIERVO                          "

- Romano                      VACCARELLA                   "

- Paolo                           MADDALENA                     ״

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 729, comma 1, del codice di procedura penale, come modificato dall'articolo 13 della legge 5 ottobre 2001, n. 367 (Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra Italia e Svizzera che completa la Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 e ne agevola l'applicazione, fatto a Roma il 10 settembre 1998, nonché conseguenti modifiche al codice penale ed al codice di procedura penale), promossi con due ordinanze del 22 novembre 2001 dal Tribunale di Catanzaro - sezione per il riesame -, iscritte ai nn. 163 e 164 del registro ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell’anno 2002.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 ottobre 2002 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto che con due distinte ordinanze di contenuto pressoché identico, emesse il 22 novembre 2001, il Tribunale di Catanzaro - sezione per il riesame - ha sollevato, in riferimento agli articoli 10, primo comma, e 111, primo e secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 729, comma 1, del codice di procedura penale, come modificato dall'articolo 13 della legge 5 ottobre 2001, n. 367 (Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra Italia e Svizzera che completa la Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 e ne agevola l'applicazione, fatto a Roma il 10 settembre 1998, nonché conseguenti modifiche al codice penale ed al codice di procedura penale), nella parte in cui stabilisce l'inutilizzabilità degli atti acquisiti o trasmessi per qualsiasi "violazione delle norme di cui all'art. 696, comma 1, cod. proc. pen. riguardanti l'acquisizione o la trasmissione di documenti o di altri mezzi di prova a seguito di rogatoria";

che le questioni sono sorte nell'ambito di due distinti procedimenti incidentali di riesame di due diverse ordinanze cautelari, emesse entrambe il 20 luglio 2001 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Paola nei confronti di persone indagate per il delitto di illecita detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti;

che i giudici a quibus - rilevato che la difesa degli imputati ha eccepito la "inutilizzabilità delle registrazioni (nastri) trasmesse dall’autorità giudiziaria tedesca, perché pervenute al di fuori della procedura di rogatoria e, altresì, l’inutilizzabilità delle trascrizioni delle intercettazioni eseguite in Germania e inviate dalla stessa autorità, per mancanza della richiesta attestazione di conformità all’originale" e che l’ipotesi accusatoria si fonda esclusivamente su atti pervenuti in copia dalla Germania, in esecuzione di una rogatoria internazionale e sprovvisti dell’attestazione di conformità – osservano che "la rilevanza delle questione di illegittimità costituzionale discende dalla riconducibilità della eccezione proposta dalla difesa nell’ambito di operatività dell'art.729, comma 1, cod. proc. pen., come modificato dall'art. 13 della legge 5 ottobre 2001, n. 367";

che i giudici rimettenti - posto che l'art. 9 della legge n. 367 del 2001, ha modificato il primo comma dell'art. 696 del codice di procedura penale, inserendo tra le fonti di diritto internazionale dirette a disciplinare la cooperazione giudiziaria l'espresso richiamo della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959, ratificata dall'Italia con legge 23 febbraio 1961, n. 215 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959) - rilevano che la nuova disciplina avrebbe imposto "l'osservanza anche dell'art. 3, comma 3, in conformità al suo enunciato testuale";

che gli stessi giudici osservano che tale precetto sarebbe richiamato espressamente dall'art. 729, comma 1, cod. proc. pen., nel testo modificato dall'art. 13 della legge n. 367 del 2001, là dove prevede, per qualsiasi "violazione delle norme di cui all'art. 696, comma 1, riguardanti l'acquisizione o la trasmissione di documenti o di altri mezzi di prova a seguito di rogatoria all'estero", la sanzione processuale dell'inutilizzabilità; sanzione, quest’ultima, – ad avviso dei giudici rimettenti - rilevabile in ogni stato e grado del procedimento e sanabile solo mediante rinnovazione dell'atto, "laddove possibile", tenuto conto anche della disposizione del comma 1 - ter dello stesso art. 729;

che, ad avviso dei Tribunali rimettenti, la nuova disciplina avrebbe ripristinato il significato originario del precetto contenuto nel citato art. 3, comma 3, della Convenzione di Strasburgo del 20 aprile 1959 e, in tal modo, avrebbe contraddetto una "consuetudine internazionale" formata tra tutti gli Stati firmatari - da ricondurre nell'ambito delle "norme del diritto internazionale generalmente riconosciute" alle quali, in virtù del principio contenuto nell'art. 10 della Costituzione, "l'ordinamento giuridico deve conformarsi" - in applicazione della quale gli atti conseguenti all'esecuzione, allorché non siano "formati dall'Autorità che ha eseguito la rogatoria", sarebbero "sempre restituiti in fotocopia senza autentificazione e con la sola attestazione da parte dell'Autorità richiesta - contenuta nella nota di accompagnamento - che la rogatoria viene restituita evasa", e così sarebbe garantita "la corrispondenza del materiale trasmesso alla domanda rogatoriale";

che, così interpretato l’art. 729, comma 1, cod. proc. pen. sarebbe in contrasto con l’art. 10, primo comma, della Costituzione, poiché violerebbe una consuetudine internazionale invalsa nell’applicazione del citato art. 3 della Convenzione di Strasburgo del 20 aprile 1959, e in contrasto con l’art. 111, primo e secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui violerebbe il principio del contraddittorio in condizioni di parità tra le parti;

che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, è intervenuto in entrambi i giudizi, chiedendo che le questioni di legittimità siano dichiarate inammissibili e, comunque, infondate.

Considerato che i giudizi, avendo ad oggetto la questione di legittimità costituzionale della stessa norma, sollevata in riferimento a parametri costituzionali coincidenti, e sotto profili pressoché identici, devono essere riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia;

che i giudici a quibus dubitano – in riferimento agli artt. 10, primo comma, e 111, primo e secondo comma, della Costituzione - della legittimità costituzionale dell’art. 729, comma 1 , cod. proc. pen., come modificato dall’ articolo 13 della legge 5 ottobre 2001, n.367 (Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra Italia e Svizzera che completa la Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 e ne agevola l'applicazione, fatto a Roma il 10 settembre 1998, nonché conseguenti modifiche al codice penale ed al codice di procedura penale), nella parte in cui stabiliscono l'inutilizzabilità degli atti acquisiti o trasmessi per qualsiasi violazione delle norme di Convenzione in materia di assistenza giudiziaria, riguardanti l'acquisizione o la trasmissione di documenti o di altri mezzi di prova a seguito di rogatoria;

che, secondo i giudici rimettenti, dall’espresso rinvio, che risulterebbe dagli articoli 729, comma 1, e 696, comma 1, cod. proc. pen., alle regole della "Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959", dovrebbe conseguire l’inutilizzabilità dei documenti privi della certificazione di autenticità, perché trasmessi dallo Stato richiesto in violazione dell’art. 3 della Convenzione del 1959 che imporrebbe la trasmissione dei documenti "in originale" o, in mancanza, in copia munita di "certificato di conformità";

che – ad avviso dei rimettenti – l’art. 729, comma 1, cod. proc. pen., come modificato dall’articolo 13 della legge 5 ottobre 2001, n. 367, avrebbe ripristinato un’interpretazione restrittiva dell’art. 3 della Convenzione di Strasburgo del 1959, superata da quella consuetudinaria, in base alla quale gli atti conseguenti all'esecuzione, allorché non siano "formati dall'Autorità che ha eseguito la rogatoria", sarebbero "sempre restituiti in fotocopia senza autentificazione e con la sola attestazione da parte dell'Autorità richiesta - contenuta nella nota di accompagnamento - che la rogatoria viene restituita evasa", e così sarebbe garantita "la corrispondenza del materiale trasmesso alla domanda rogatoriale";

che, con ordinanza n. 315 del 2002, questa Corte si è già pronunciata sulla questione, dichiarandone la manifesta inammissibilità;

che le ordinanze di rimessione, entrambe emesse in data anteriore alla citata decisione, non contengono profili nuovi o comunque argomentazioni tali che possano condurre la Corte a conclusioni differenti;

che, pertanto, le questioni devono essere dichiarate manifestamente inammissibili.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’ art. 729, comma 1, cod. proc. pen., come modificato dall’art. 13 della legge 5 ottobre 2001, n. 367 (Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra Italia e Svizzera che completa la Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 e ne agevola l'applicazione, fatto a Roma il 10 settembre 1998, nonché conseguenti modifiche al codice penale ed al codice di procedura penale), sollevate dal Tribunale di Catanzaro, in riferimento agli artt. 10, primo comma, e 111, primo e secondo comma della Costituzione, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 26 novembre 2002.