Ordinanza n. 461/2002

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ORDINANZA N. 462

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

- Cesare                         RUPERTO                       Presidente

- Riccardo                     CHIEPPA                         Giudice

- Gustavo                      ZAGREBELSKY                  "

- Valerio                        ONIDA                                  "

- Carlo                           MEZZANOTTE                    "

- Fernanda                     CONTRI                                "

- Guido                          NEPPI MODONA                "

- Annibale                     MARINI                                "

- Franco                         BILE                                       "

- Giovanni Maria          FLICK                                               "

- Francesco                    AMIRANTE                          "

- Ugo                             DE SIERVO                          "

- Romano                      VACCARELLA                    "

- Paolo                           MADDALENA                     "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 30-bis del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 15 gennaio 2002 dalla Corte di appello di Campobasso nel procedimento civile vertente tra Giuseppe Di Nardo ed altra e Lloyd Italico s.p.a., iscritta al n. 116 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 2002.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 ottobre 2002 il Giudice relatore Franco Bile.

Ritenuto che, con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Campobasso - nel corso di un giudizio d’appello avverso una sentenza emessa dal Tribunale di Isernia nella controversia di risarcimento di danni da circolazione stradale, promossa da un magistrato esercitante le funzioni nel distretto della Corte medesima e da sua moglie nei confronti di una società di assicurazioni e di altri - ha sollevato d’ufficio, in riferimento all’art. 111 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 30-bis del codice di procedura civile, nella parte in cui non ha previsto l’applicabilità della disciplina, da esso dettata per l’individuazione del giudice competente nelle cause in cui è parte un magistrato, anche ai processi pendenti alla data della sua entrata in vigore;

che il Giudice rimettente rileva, con interpretazione non implausibile, che, non contenendo la legge 2 dicembre 1998, n. 420 (Disposizioni per i procedimenti riguardanti magistrati) - il cui art. 9 ha introdotto l’art. 30-bis cod. proc. civ. - disposizioni relative ai processi pendenti all’atto della sua entrata in vigore, il giudizio a quo è sottratto all’operare della nuova disciplina, in applicazione dell’art. 5 cod. proc. civ. (secondo cui la giurisdizione e la competenza si determinano in base alla legge vigente al momento della proposizione della domanda);

che, tuttavia, ad avviso del rimettente, la regola di competenza espressa dall’art. 30-bis cod. proc. civ. risponderebbe <<ad un’esigenza di rango costituzionale, quale certamente è quella di assicurare, con la terzietà e l’imparzialità dell’organo giudicante, assoluta trasparenza alla funzione giurisdizionale, la quale nelle cause in cui è parte un magistrato, sarebbe offuscata, se alla sua trattazione e decisione fosse deputato un ufficio giudiziario del distretto, in cui quel magistrato esercita le proprie funzioni>>;

che l’art. 111 della Costituzione prescrive che ogni processo deve svolgersi davanti ad un giudice terzo ed imparziale e tale precetto deve essere soddisfatto in tutte le fasi del processo e non solo con riferimento al momento dell’instaurazione del giudizio, come dimostrerebbe la circostanza che lo stesso art. 30-bis cod. proc. civ. ha previsto il venir meno della competenza del giudice, adito in applicazione della regola di competenza derogatoria, se nel distretto individuato ai sensi dell’art. 11 del codice di procedura penale, la parte magistrato sia venuta ad esercitare le funzioni <<posteriormente alla sua chiamata in giudizio>>;

che il legislatore, in tal modo, avrebbe mostrato di reputare il principio della terzietà ed imparzialità del giudice durante il corso del giudizio prevalente su ogni altro e, particolarmente, su quello della perpetuatio della giurisdizione e della competenza esistente al momento della domanda, dettato dall’art. 5 cod. proc. civ.;

che - dovendo, dunque, ritenersi che anche il giudizio a quo, ancorché in corso all’atto dell’entrata in vigore dell’art. 30-bis cod. proc. civ., dovrebbe continuare a svolgersi davanti a giudice terzo ed imparziale – il Giudice rimettente, <<per valutazione ex ante, fatta dal legislatore>>, non sarebbe più in possesso dei requisiti di terzietà ed imparzialità;

che, d’altro canto, avendo l’art. 30-bis cod. proc. civ. risolto <<non solo e non tanto … un problema di mera competenza territoriale, quanto piuttosto salvaguardata l’essenza stessa del processo che, se non costantemente governata da un giudice terzo ed imparziale, non è un processo ma una sua finzione>>, si dovrebbe ritenere che il processo debba trasmigrare dal giudice divenuto incompetente, per avere perduto quei requisiti, al giudice provvisto degli stessi, senza che possano esservi d’ostacolo eventuali preclusioni processuali, non diversamente da quanto accadrebbe per l’ipotesi, di cui all’art. 30-bis, secondo comma, del codice di procedura civile;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato memoria, nella quale ha sostenuto la manifesta infondatezza della questione, in quanto già decisa in tal senso da questa Corte con l’ordinanza n. 216 del 2001.

Considerato che la questione della mancata estensione dell’art. 30-bis del codice di procedura civile ai giudizi pendenti all’entrata in vigore della norma che l’ha introdotto (art. 9 della legge 2 dicembre 1998, n. 420, Disposizioni per i procedimenti riguardanti magistrati) è stata già esaminata da questa Corte e decisa con l’ordinanza n. 216 del 2001, nel senso della manifesta infondatezza;

che in tale ordinanza - che il Giudice rimettente mostra, peraltro, di non conoscere, ancorché essa sia stata pronunciata anteriormente al provvedimento di rimessione - la suddetta questione è stata esaminata anche alla stregua del parametro costituzionale invocato dalla Corte di appello ed in riferimento anche alle ragioni da essa prospettate;

che, conseguentemente, la questione proposta dall’ordinanza in epigrafe deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 30-bis del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento all’articolo 111 della Costituzione, dalla Corte d’appello di Campobasso con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 novembre 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Franco BILE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 19 novembre 2002.