Ordinanza n. 450/2002

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ORDINANZA N.450

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Cesare                         RUPERTO                      Presidente

- Riccardo                     CHIEPPA                         Giudice

- Gustavo                      ZAGREBELSKY                 "

- Valerio                        ONIDA                                  "

- Carlo                           MEZZANOTTE                    "

- Fernanda                     CONTRI                                "

- Guido                         NEPPI MODONA                "

- Piero Alberto              CAPOTOSTI                         "

- Annibale                     MARINI                                "

- Franco                         BILE                                      "

- Giovanni Maria          FLICK                                               "

- Francesco                    AMIRANTE                          "

- Ugo                             DE SIERVO                          "

- Romano                      VACCARELLA                   "

- Paolo                           MADDALENA                     "

ha pronunciato la seguente      

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, quarto comma, del decreto-legge 7 novembre 1981, n. 632 (Misure urgenti per l'assistenza sanitaria al personale navigante), convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 1981, n. 767, promosso con ordinanza emessa il 22 gennaio 2001 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dal Ministero della sanità contro l'Istituto di previdenza per il settore marittimo - IPSEMA, iscritta al n. 315 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno 2001.

Visti l'atto di costituzione dell'IPSEMA nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 settembre 2002 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto che nel corso di un giudizio, sorto tra il Ministero della sanità e la Cassa marittima tirrena (cui è succeduto ex lege l’Istituto di previdenza per il settore marittimo - IPSEMA) - volto alla determinazione della natura onerosa o gratuita dell’utilizzazione di immobili, appartenenti alla gestione previdenziale della Cassa, da parte del Ministero per l’espletamento dei compiti di assistenza sanitaria del personale navigante allo stesso trasferiti con d.P.R. 31 luglio 1980, n. 620 (Disciplina dell’assistenza sanitaria al personale navigante, marittimo e dell’aviazione civile) -, la Corte di cassazione ha sollevato, con ordinanza del 22 gennaio 2001, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, quarto comma, del decreto-legge 7 novembre 1981, n. 632 (Misure urgenti per l’assistenza sanitaria al personale navigante), convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 1981, n. 767;

che il giudice rimettente osserva, in via preliminare, che analoga questione era stata già sollevata nel corso del giudizio di primo grado (in relazione all’art. 42 della Costituzione) e dichiarata dalla Corte costituzionale manifestamente inammissibile con ordinanza n. 515 del 1987;

che, in particolare, la Corte in detta occasione ha sostenuto che la disposizione impugnata, non escludendo l’onerosità del rapporto tra le parti sopra indicate, investirebbe profili di interpretazione della norma e non di costituzionalità;

che la Corte di cassazione non condivide l’anzidetta prospettazione, ritenendo che l’unica interpretazione possibile della disposizione impugnata conduce alla affermazione della gratuità dell’impiego dei beni da parte dell’amministrazione statale;

che a questo risultato il giudice a quo perviene a seguito di una asserita lettura sistematica delle norme di settore contenenti una analoga formulazione letterale: il riferimento è all'art. 12 del d.P.R. n. 620 del 1980, nonché agli artt. 65 e 66 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale); le predette norme di legge prevederebbero trasferimenti di beni da un ente ad un altro con vincoli di destinazione a favore di uffici o soggetti pubblici senza previsione di alcun corrispettivo;

che non sarebbe possibile, aggiunge il giudice rimettente, che "la norma de qua possa ricevere una sorta di eterointegrazione da istituti civilistici (quali la locazione o, di converso, il comodato o l’usufrutto), onde mutuarne regole di corrispettività, dovendo l’interprete dare della norma lettura coerente con il (solo) sistema normativo di riferimento";

che da queste premesse la Corte di cassazione assume la violazione, ad opera della norma censurata, degli artt. 3 e 38, quarto comma, della Costituzione;

che sotto il primo profilo il giudice a quo ritiene irragionevole la scelta legislativa di adottare lo stesso modello organizzativo del vincolo gratuito di destinazione d’uso utilizzato dalla riforma sanitaria (art. 65 della legge n. 833 del 1978) per regolare il passaggio della proprietà immobiliare (ai Comuni) e dell’uso (alle Usl) degli immobili appartenenti ad enti, casse e gestioni soppresse: la irragionevolezza deriverebbe dal fatto che le Casse marittime non sono state soppresse, rimanendo titolari della gestione dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali per il personale navigante;

che, sotto il secondo profilo - sempre secondo il giudice rimettente -, la norma denunciata impedirebbe alla struttura previdenziale delle Casse marittime di garantire, con effettività ed equilibrio, ai lavoratori le prestazioni inerenti alla gestione rimasta operativa; le Casse verrebbero, infatti, private senza corrispettivo di quei beni che dovrebbero assolvere alla funzione di "capitali di copertura" a garanzia dell’erogazione delle predette prestazioni;

che, infine, la Cassazione sottolinea che la legge 11 luglio 1986, n. 390 (Disciplina delle concessioni e delle locazioni di beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato in favore di enti o istituti culturali, degli enti pubblici territoriali, delle unità sanitarie locali, di ordini religiosi e degli enti ecclesiastici), prevedendo, in particolare, rapporti giuridici onerosi tra lo Stato e le unità sanitarie locali, dimostrerebbe che la gratuità non rappresenta un elemento necessariamente qualificante le relazioni intercorrenti tra le amministrazioni pubbliche;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto della questione di legittimità costituzionale sollevata;

che la difesa statale osserva che la previsione normativa di un vincolo di destinazione gratuito è coerente con la scelta legislativa di affidare al Ministero della sanità la competenza relativa all’assistenza sanitaria del personale navigante; una siffatta scelta, si sottolinea, non poteva non determinare anche l’assegnazione degli strumenti e dei beni necessari per l’espletamento del relativo servizio;

che le Casse marittime, anche a volere prescindere dai rilievi svolti, non subirebbero, si aggiunge, alcun pregiudizio economico, atteso che il vincolo di destinazione non preclude l’alienabilità degli immobili in parola come dimostrerebbe la loro messa in vendita da parte dell’IPSEMA in conformità a quanto disposto dal decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104 (Attuazione della delega conferita dall’art. 3, comma 27, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e di investimenti degli stessi in campo immobiliare) e dal decreto ministeriale 27 settembre 2000 (Individuazione degli immobili degli enti previdenziali pubblici da dismettere ai sensi dell’art. 7 della legge n. 140/1997 e determinazione delle procedure di vendite degli immobili stessi);

che si è costituita in giudizio tardivamente l’IPSEMA, chiedendo l’accoglimento della questione e rilevando che la normativa censurata determinerebbe: a) la compromissione del diritto di proprietà dell’Istituto atteso che al vincolo imposto (a tempo indeterminato e con disciplina singolare) non è seguito il riconoscimento di un indennizzo a sensi dell’art. 42 della Costituzione; b) una disparità di trattamento (con conseguente violazione dell’art. 3 della Costituzione) tra il regime giuridico riservato agli immobili di proprietà IPSEMA e il regime degli immobili statali destinati alle Asl, per i quali la legge n. 390 del 1986 prevede la possibilità di concederli in uso (tra gli altri enti anche) alle unità sanitarie locali dietro corresponsione di un canone; c) la violazione dell’art. 38, quarto comma, della Costituzione per lo stesso ordine di motivazioni espresse nell’ordinanza di rimessione;

che sono stati acquisiti elementi relativi alla situazione dei beni immobili e mobili dell’IPSEMA, che fungono da capitale di copertura a garanzia della erogazione delle prestazioni previdenziali (rendite infortunistiche), e alle modalità di vendita dei beni in contestazione.

Considerato che la questione sollevata è manifestamente priva di fondamento in relazione ad ambedue i parametri costituzionali invocati (artt. 3 e 38, quarto comma, della Costituzione);

che il giudice rimettente, con una motivazione plausibile, ritiene che la norma denunciata (art. 1, quarto comma, del decreto-legge 7 novembre 1981, n. 632 recante: "Misure urgenti per l’assistenza sanitaria al personale navigante", convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 1981, n. 767) comporti una gratuità dell’impiego dei beni in contestazione da parte dell’amministrazione statale per gli usi attinenti al servizio sanitario a favore del personale navigante;

che, nondimeno, sul piano logico-giuridico, occorre tenere conto che si tratta di beni che appartengono (per fonte di finanziamento contributivo e per titolarità del patrimonio) alla gestione previdenziale delle Casse marittime, e sono rimasti alle Casse marittime gestione previdenziale (ora IPSEMA) con la necessaria finalità (costituzionalmente dovuta) di concorrere, con gli altri beni provenienti dalla gestione previdenziale delle Casse marittime, alla garanzia di copertura delle erogazioni delle rendite infortunistiche;

che, sul piano della ragionevolezza, il mantenimento della destinazione di uso per esigenze sanitarie di immobili delle Casse marittime, non coinvolti dalla operazione di trasferimento di funzioni, di beni e di personale delle gestioni sanitarie (art. 12 del d.P.R. 31 luglio 1980, n. 620, emanato in base dall’art. 37, ultimo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833), non può comportare una attribuzione al vincolo di un carattere permanente destinato a perpetuarsi anche in caso di alienazione da parte dell’IPSEMA con conseguenze negative sul realizzo del capitale di garanzia (per le rendite infortunistiche), proprio perché detto vincolo non è stato accompagnato da un trasferimento degli stessi beni al patrimonio dello Stato o dei Comuni o delle Aziende sanitarie;

che sul piano costituzionale - una volta considerata la destinazione in uso a titolo gratuito e senza corrispettivo - l’unica possibile configurazione del vincolo conforme alle norme costituzionali invocate (artt. 3 e 38, quarto comma), e come tale obbligata per qualsiasi interprete, è quella che non comporti una trasformazione del vincolo di destinazione in uso in modo tale da annullare il regime patrimoniale di appartenenza dei beni (gestione previdenziale), con effetti completamente ablativi della garanzia del capitale per l’erogazione delle rendite infortunistiche ed impeditivi di una alienazione secondo le regole di mercato;

che, pertanto, i predetti beni in contestazione, volutamente lasciati dal legislatore nel patrimonio della gestione previdenziale delle Casse marittime anche dopo il nuovo assetto dell’assistenza assistenziale del personale navigante, non possono rimanere sottratti, nel loro valore capitale, alla ineliminabile funzione di garanzia delle rendite a favore del personale navigante, realizzabile con il meccanismo della vendita;

che ciò è sufficiente per escludere una preclusione alla alienabilità degli immobili in discussione ed un pregiudizio economico in ordine al realizzo del capitale a garanzia della erogazione delle prestazioni previdenziali, come, del resto, sostenuto dalla difesa dello Stato e confermato dalle acquisizioni documentali relative alla messa in vendita e dall'intervenuto trasferimento per buona parte dei beni stessi, in esecuzione delle procedure di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali (decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104; art. 7 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, recante "Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica", convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 1997, n. 140);

che, infine, nel presente giudizio di legittimità costituzionale sono completamente irrilevanti gli eventuali errori compiuti, in sede di attuazione ed applicazione concreta delle dismissioni, nelle valutazioni e nelle condizioni della messa in vendita, che abbiano potuto incidere sul capitale realizzato, trattandosi di profili della successiva fase di dismissione, estranei alla legittimità costituzionale dell’art. 1, quarto comma, del decreto-legge n. 632 del 1981;

che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale sollevata è manifestamente infondata sotto tutti i profili denunciati.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, quarto comma, del decreto-legge 7 novembre 1981, n. 632 (Misure urgenti per l’assistenza sanitaria al personale navigante), convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 1981, n. 767, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38, quarto comma, della Costituzione, dalla Corte di cassazione con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 ottobre 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 12 novembre 2002.