Ordinanza n. 436/2002

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ORDINANZA N.436

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

- Ugo DE SIERVO

- Romano VACCARELLA

- Paolo MADDALENA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 394 (Interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura), convertito, con modificazioni, in legge 28 febbraio 2001, n. 24, promossi con ordinanze emesse il 26 giugno 2001 dal Tribunale di Brindisi - sezione distaccata di Fasano, il 4 agosto 2001 dal Tribunale di S. Angelo dei Lombardi e il 3 maggio 2001 dal Tribunale di Castrovillari, rispettivamente iscritte ai nn. 813 e 879 del registro ordinanze 2001 ed al n. 161 del registro ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 41 e 43, prima serie speciale, dell'anno 2001 e n. 17, prima serie speciale, dell'anno 2002.

Visti gli atti di costituzione di IntesaBCI Gestione Crediti s.p.a. e Banca Popolare di Lodi soc. coop. a r.l. nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 ottobre 2002 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto che il Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Fasano, – nel corso di un giudizio avente, tra l'altro, ad oggetto la questione di nullità della clausola di interessi, in misura divenuta superiore al cosiddetto tasso soglia, contenuta in un contratto di finanziamento stipulato nel 1988 - con ordinanza del 26 giugno 2001, depositata il 9 luglio 2001, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 394 (Interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura), convertito, con modificazioni, in legge 28 febbraio 2001, n. 24, secondo il quale, ai fini dell'applicazione dell'art. 1815, secondo comma, del codice civile, l'usurarietà degli interessi va valutata esclusivamente al momento della pattuizione;

che, ad avviso del rimettente, la norma censurata – che, nonostante la dichiarata natura interpretativa, avrebbe in realtà innovato il sistema legislativo, abrogando la fattispecie di usura consistente nel farsi dare, anziché promettere, interessi usurari – sarebbe irragionevole e contraddittoria, e perciò in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, sotto svariati profili, atteso che: 1) lascerebbe intatta la rilevanza penale del farsi dare "altri vantaggi usurari"; 2) conserverebbe comunque rilevanza penale alla dazione di interessi usurari ai fini della prescrizione del reato; 3) determinerebbe disparità di trattamento tra creditori, quanto alla sanzione di nullità della clausola di interessi, in ragione del momento in cui la clausola è stata stipulata; 4) cancellerebbe la più efficace delle sanzioni privatistiche dell'usura; 5) determinerebbe disparità di trattamento con riguardo a quei contratti di finanziamento "nei quali il tasso di interesse è soggetto allo jus variandi, da parte della banca, che non rientra nella "promessa" dell'interesse usurario né nella "dazione" ma è il risultato di un unilaterale potere, riconosciuto al mutuante, di modificare il tasso di interesse in epoca successiva alla pattuizione anche, in ipotesi, superando il limite del c.d. tasso soglia";

che la medesima norma violerebbe, inoltre, il diritto di difesa, tutelato dall'art. 24 della Costituzione, compromettendo il legittimo affidamento sulla certezza delle situazioni giuridiche in capo a coloro i quali abbiano agito in giudizio per far dichiarare la nullità di clausole "obiettivamente in contrasto con le norme imperative dettate dalla l. 108/96";

che si è costituita in giudizio la s.p.a. IntesaBCI Gestione Crediti, convenuta nel giudizio a quo, concludendo per la manifesta inammissibilità o manifesta infondatezza o, in subordine, per l'inammissibilità o l'infondatezza della questione;

che il Tribunale di S. Angelo dei Lombardi – nel corso di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo - con ordinanza emessa il 4 agosto 2001, depositata il 6 settembre 2001, ha sollevato questione di legittimità costituzionale della stessa norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 41, secondo e terzo comma, e 47, primo comma, della Costituzione, nonché, in via subordinata, in riferimento ai soli artt. 3 e 24 della Costituzione, con specifico riguardo agli interessi moratori;

che la norma impugnata – ad avviso del rimettente – si porrebbe in contrasto con il principio di eguaglianza per l'irrazionale disparità di trattamento tra mutuatari, a seconda che il contratto sia stato stipulato prima o dopo l'entrata in vigore della legge n. 108 del 1996, essendo solo nel secondo caso valutabile l'usurarietà del tasso di interesse con riferimento al cosiddetto tasso soglia;


che la medesima norma violerebbe inoltre l'art. 24 della Costituzione in quanto – secondo il medesimo rimettente – nel caso di contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della legge n. 108 del 1996, resterebbe precluso al giudice qualsiasi tipo di valutazione in ordine alla usurarietà del tasso di interesse, stante l'intervenuta abrogazione della previgente disciplina;

che sarebbe altresì violato l'art. 41, secondo e terzo comma, della Costituzione a causa della mancata valutazione, nell'intervento legislativo, dei fini sociali rispetto ai quali l'attività economica privata non può porsi in contrasto, dell'"orientamento giuridico comunitario" a tutela del consumatore e delle stesse finalità della legge n. 108 del 1996 e dell'art. 1469-bis, numero 6, del codice civile (recte: art. 1469-bis, terzo comma, numero 6, cod. civ.);

che per le medesime ragioni la norma, "prescindendo da una razionale, giusta, adeguata, coordinata disciplina del credito", si porrebbe, altresì, in contrasto con l'art. 47 della Costituzione;

che comunque, in via subordinata, la medesima norma si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione relativamente agli interessi moratori, "perché l'obbligo del loro pagamento comunque sorge nel momento della mancata restituzione del denaro dato in prestito e la loro usurarietà non può che essere valutata che in relazione a tale momento";

che si è costituita in giudizio la Banca Popolare di Lodi soc. coop. a r.l., creditrice opposta nel giudizio a quo, concludendo per la manifesta inammissibilità o manifesta infondatezza o, in subordine, per l'inammissibilità o l'infondatezza della questione;

che anche il Tribunale di Castrovillari, con ordinanza del 3 maggio 2001, ha sollevato – nel corso di un giudizio di opposizione all'esecuzione - questione di legittimità costituzionale della stessa norma in riferimento agli artt. 3, 24, 47 e 77 della Costituzione;

che ad avviso del rimettente la norma impugnata, oltre ad essere lesiva – in base a considerazioni analoghe a quelle svolte nelle ordinanze già esaminate – del principio di eguaglianza, del diritto di difesa e della tutela del risparmio, si porrebbe altresì in contrasto con l'art. 77 della Costituzione per la mancanza assoluta dei presupposti giustificativi dell'adozione dei decreti-legge, considerato il lungo tempo già trascorso dall'entrata in vigore della legge interpretata;

che è intervenuto nei tre giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo nei primi due per la declaratoria di inammissibilità o infondatezza della questione e, nel terzo, per la declaratoria di manifesta infondatezza, apparendo la questione del tutto analoga ad altre dichiarate non fondate con sentenza n. 29 del 2002.

Considerato preliminarmente che i tre giudizi, avendo ad oggetto la medesima norma, vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia;

che le censure riferite agli artt. 3, 24, 47 e 77 della Costituzione sono del tutto identiche a quelle già dichiarate non fondate con sentenza n. 29 del 2002;

che la censura sollevata dal Tribunale di S. Angelo dei Lombardi in riferimento all'art. 41, secondo e terzo comma, della Costituzione, si fonda, come le altre, sulla premessa della originaria applicabilità della legge n. 108 del 1996 anche ai contratti in corso al momento della sua entrata in vigore e della conseguente irragionevole innovatività della norma censurata;

che proprio la fondatezza di tale premessa è stata esclusa nella menzionata sentenza n. 29 del 2002, laddove si afferma che "l'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 394 del 2000, nel precisare che le sanzioni penali e civili di cui agli artt. 644 cod. pen. e 1815, secondo comma, cod. civ. trovano applicazione con riguardo alle sole ipotesi di pattuizioni originariamente usurarie, impone – tra le tante astrattamente possibili – un'interpretazione chiara e lineare delle suddette norme codicistiche, come modificate dalla legge n. 108 del 1996, che non è soltanto pienamente compatibile con il tenore e la ratio della suddetta legge ma è altresì del tutto coerente con il generale principio di ragionevolezza";

che le questioni vanno, perciò, tutte dichiarate manifestamente infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 394 (Interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura), convertito, con modificazioni, in legge 28 febbraio 2001, n. 24, sollevate, con le ordinanze in epigrafe, dal Tribunale di Brindisi - sezione distaccata di Fasano, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di S. Angelo dei Lombardi, in riferimento agli artt. 3, 24, 41, secondo e terzo comma, e 47, primo comma, della Costituzione, e dal Tribunale di Castrovillari, in riferimento agli artt. 3, 24, 47 e 77 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 ottobre 2002.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 31 ottobre 2002.