Ordinanza n.371

del 2002

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ORDINANZA N.371

ANNO 2002

 

 REPUBBLICA ITALIANA

 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Cesare                                                RUPERTO                         Presidente

- Riccardo                                            CHIEPPA                           Giudice

- Gustavo                                             ZAGREBELSKY                          "

- Guido                                                 NEPPI MODONA                         "

- Piero Alberto                                    CAPOTOSTI                                    "

- Annibale                                            MARINI                                            "

- Franco                                                BILE                                                   "

- Giovanni Maria                                FLICK                                                "

- Francesco                                          AMIRANTE                                    "

- Ugo                                                    DE SIERVO                                     "

- Romano                                             VACCARELLA                             "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 455 del codice di procedura penale, promosso, nell'ambito di un procedimento penale, dal Tribunale di Avellino con ordinanza del 6 novembre 2001, iscritta al n. 31 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 2002.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 3 luglio 2002 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che con ordinanza del 6 novembre 2001 il Tribunale di Avellino ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 455 del codice di procedura penale, nella parte in cui «non prevede che il giudice per le indagini preliminari, prima di emettere decreto di giudizio immediato o di rigettare la richiesta del pubblico ministero, debba consentire l'intervento della difesa, sia pure a livello meramente cartolare»;

che il Tribunale - che procede a seguito di decreto di giudizio immediato emesso dal giudice per le indagini preliminari su richiesta del pubblico ministero – premette che il difensore ha eccepito l'illegittimità costituzionale degli artt. 453, 454 e 455 cod. proc. pen., in relazione agli artt. 3, 24, 25 e 111 Cost., in quanto consentono l'emissione del decreto di giudizio immediato in assenza di contraddittorio con la difesa, che, «se sentita, avrebbe potuto contribuire ad orientare le determinazioni del giudicante»;

che ad avviso del rimettente la fase processuale conseguente alla richiesta del pubblico ministero di giudizio immediato, che si svolge effettivamente «in assenza di ogni forma di contraddittorio e senza possibilità alcuna, per la difesa, di interloquire», se poteva conciliarsi con il sistema normativo anteriore all'entrata in vigore della legge costituzionale che ha modificato l'art. 111 Cost., appare ora in evidente distonia con i principi del giusto processo;

che le recenti riforme legislative (quali la legge sul giusto processo, sulla difesa d'ufficio, sulle indagini difensive) sarebbero appunto volte a garantire l'effettività del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento e ad assicurare il pieno contraddittorio e la parità delle parti sin dalla fase delle indagini preliminari, dando così attuazione ai principi enunciati dall'art. 111 Cost. «in ogni fase del procedimento, come emerge dal contenuto del terzo comma […] che attiene anche alle indagini preliminari»;

che, anche ove «si volesse dissentire da tale interpretazione», non vi sarebbe dubbio che «la richiesta del pubblico ministero di emissione del decreto di giudizio immediato, integrando una delle possibili forme di esercizio dell'azione penale […], determini il sorgere della fase processuale in senso proprio»;

che tale fase non potrebbe quindi prescindere dalle garanzie del contraddittorio e della parità tra le parti, mentre la disciplina censurata «consente l'emissione del decreto di giudizio immediato sulla base della sola richiesta del pubblico ministero, senza alcuna possibilità di contraddittorio con la difesa, sia pure a livello meramente cartolare»;

che, quanto alla rilevanza della questione, il rimettente precisa che «l'accoglimento della stessa comporterebbe la nullità di ordine generale del decreto di giudizio immediato e la regressione del procedimento»;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata, sul presupposto che prima di richiedere il giudizio immediato il pubblico ministero debba comunque notificare all'imputato l'avviso di conclusione delle indagini di cui all'art. 415-bis cod. proc. pen. e in quanto l'art. 111 Cost., «nel prevedere l'effettività del diritto di difesa», fa espresso riferimento alla sola fase del processo.

Considerato che il rimettente vorrebbe che l'art. 455 cod. proc. pen. abilitasse la difesa ad interloquire, sia pure mediante una forma di contraddittorio meramente «cartolare», sulla richiesta di giudizio immediato del pubblico ministero;

che la disciplina censurata violerebbe gli artt. 24 e 111 Cost., grazie ai quali l'effettività del diritto di difesa deve essere garantita in ogni stato e grado del procedimento e il pieno contraddittorio e la parità delle parti dovrebbero essere assicurati sin dalla fase delle indagini preliminari;

che l'emissione del decreto di giudizio immediato, determinando l'inizio della fase processuale e costituendo il momento di passaggio al dibattimento, non potrebbe comunque prescindere dalla garanzia del contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, secondo quanto disposto dal secondo comma dell'art. 111 Cost.;

che, diversamente da quanto ritiene il rimettente, i presupposti e la peculiare struttura del giudizio immediato non privano la difesa della possibilità di interloquire prima dell'emissione del decreto che dispone tale giudizio;

che, infatti, il pubblico ministero può presentare richiesta di giudizio immediato solo se, secondo quanto disposto dall'art. 453, comma 1, cod. proc. pen., la persona sottoposta alle indagini sia stata interrogata sui fatti da cui emerge l'evidenza della prova, ovvero se - a seguito di invito a presentarsi emesso a norma dell'art. 375, comma 3, secondo periodo, cod. proc. pen. e contenente anche l'indicazione degli elementi e delle fonti da cui risulta l'evidenza della prova e l'avvertimento che potrà essere presentata richiesta di giudizio immediato - la persona indagata non sia comparsa, sempre che non abbia addotto un legittimo impedimento o non sia irreperibile;

che, attraverso l'interrogatorio svolto con l'osservanza di tali garanzie, la persona sottoposta alle indagini è posta in condizione di esercitare le più opportune iniziative defensionali, anche mediante la presentazione al giudice per le indagini preliminari di memorie ex art. 121 cod. proc. pen., al fine di contestare la fondatezza dell'accusa e, quindi, di contrastare l'eventuale emissione del decreto che dispone il giudizio immediato (v. ordinanza n. 203 del 2002);

che quella forma di contraddittorio, quantomeno cartolare, che ad avviso del giudice rimettente consentirebbe di porre rimedio alla supposta incostituzionalità della norma censurata, risulta pertanto già assicurata dalla disciplina vigente;

che al giudice del dibattimento è altresì attribuito, ex artt. 178, comma 1, lettera c), e 180 cod. proc. pen., il potere di sindacare la ritualità, formale e sostanziale, del presupposto del previo interrogatorio, per la cui validità è necessario che all'imputato, con specifico riferimento al fatto per cui è tratto a giudizio, siano state effettivamente contestate le prove d'accusa e sia stata effettivamente offerta la possibilità di esporre le proprie linee difensive;

che, sotto il profilo della possibilità di esercitare il diritto di difesa al fine di evitare l'emissione del decreto che dispone il  giudizio immediato, non è pertanto ravvisabile alcuna violazione dei parametri evocati;

che, quanto alle censure formulate in riferimento all'art. 111, secondo comma, Cost., questa Corte ha avuto recentemente occasione di affermare che il principio per il quale il processo deve svolgersi nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, non è evocabile in relazione alle forme introduttive del giudizio (v., per quanto riguarda il giudizio abbreviato, sentenza n. 115 del 2001), le quali, per quanto concerne il giudizio immediato, trovano giustificazione nelle peculiari esigenze di celerità e di risparmio di risorse processuali che connotano tale rito alternativo (v. ordinanza n. 203 del 2002);

che la questione va pertanto dichiarata manifestamente infondata in relazione ad entrambi i parametri costituzionali richiamati dal rimettente.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 455 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Avellino, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2002.