Ordinanza n.368

del 2002

ORDINANZA N.368

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Cesare                                                RUPERTO         Presidente

- Riccardo                                            CHIEPPA               Giudice

- Gustavo                                             ZAGREBELSKY           "

- Valerio                                               ONIDA                               "

- Carlo                                                   MEZZANOTTE               "

- Guido                                                 NEPPI MODONA          "

- Piero Alberto                                    CAPOTOSTI                     "

- Franco                                                BILE                                    "

- Giovanni Maria                                FLICK                                 "

- Francesco                                          AMIRANTE                     "

- Ugo                                                    DE SIERVO                      "

- Romano                                             VACCARELLA              "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 392 e 393 del codice di procedura penale, promosso, nell'ambito di un procedimento penale, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ancona con ordinanza del 2 agosto 2001, iscritta al n. 933 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 2001.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 19 giugno 2002 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che con ordinanza del 2 agosto 2001 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ancona ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 392 e 393 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedono che la richiesta di incidente probatorio possa essere presentata nella fase delle indagini preliminari anche quando i relativi termini sono già scaduti;

che il rimettente premette che aveva accolto una richiesta di incidente probatorio presentata da persone sottoposte alle indagini sul presupposto che si trattava di perizia che, se disposta nel dibattimento, ne avrebbe potuto determinare una sospensione superiore a sessanta giorni, e che nel corso dell'udienza fissata per l'espletamento dell'incidente probatorio il pubblico ministero, dopo aver chiesto la proroga del termine delle indagini preliminari, aveva comunicato che il termine era già scaduto da tempo;

che il giudice a quo rileva che il provvedimento di ammissione dell'incidente probatorio dovrebbe essere revocato, in quanto a norma degli artt. 392, comma 1, e 393, comma 1, cod. proc. pen. l'incidente può essere chiesto solo "nel corso" ed "entro i termini" delle indagini preliminari;

che ad avviso del rimettente la situazione in esame non rientra nella sfera di operatività della sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 1994, che ha esteso alla fase dell’udienza preliminare la possibilità di chiedere ed eseguire l'incidente probatorio, ma nel caso di specie sussisterebbero le medesime ragioni che avevano allora indotto la Corte ad accogliere la questione di legittimità costituzionale degli artt. 392 e 393 cod. proc. pen.;

che il giudice a quo ritiene violati gli artt. 3 e 24 Cost., in quanto i termini di decadenza stabiliti dalla disciplina censurata sarebbero «privi di ogni ragionevole giustificazione e lesivi del diritto alla prova e, quindi, dei diritti di azione e difesa»;

che, in particolare, dopo l'intervento della Corte costituzionale sarebbe irragionevole che l'incidente probatorio possa essere chiesto sia in pendenza dei termini per le indagini preliminari, sia dopo la richiesta di rinvio a giudizio, ma non nella fase intermedia;

che la disciplina censurata sarebbe in contrasto anche con l'art. 111, terzo comma, Cost., nella parte in cui prevede che la persona accusata di un reato disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa, in quanto l'indagato, ove venga «tardivamente a conoscenza delle indagini, è costretto ad attendere la richiesta di rinvio a giudizio prima di poter avanzare quella di incidente probatorio»;

che sarebbero inoltre violati gli artt. 3 e 111, secondo comma, Cost., sotto il profilo della disparità di trattamento e della lesione del principio di parità tra le parti, in quanto, mentre il pubblico ministero, conoscendo lo sviluppo delle indagini preliminari, può presentare in ogni momento richiesta di incidente probatorio, per la persona sottoposta alle indagini il termine per la richiesta verrebbe a dipendere dal momento della conoscenza della pendenza del procedimento, con il rischio di perdere la possibilità di ricorrere a un mezzo istruttorio «indispensabile per l'acquisizione al processo di elementi - in tesi - necessari all'accertamento dei fatti e per garantire l'effettività del diritto delle parti alla prova, che sarebbe altrimenti irrimediabilmente perduta» (sentenza n. 77 del 1994);

che tale preclusione non potrebbe ritenersi compensata dalle facoltà riconosciute all'indagato dall'art. 415-bis cod. proc. pen., dal momento che tale norma  non prevede alcun obbligo del pubblico ministero di compiere le indagini eventualmente richieste dall'imputato e di acquisire prove utilizzabili in dibattimento;

che la possibilità di chiedere l'incidente probatorio in udienza preliminare non eliminerebbe l'interesse dell'indagato a  presentare anticipatamente la relativa richiesta per dimostrare subito la propria innocenza;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;

che l'Avvocatura rileva, in particolare, che, anche a seguito degli interventi della Corte costituzionale, il sistema offre già rimedi adeguati per i casi di assoluta "urgenza", dal momento che l'incidente probatorio può essere espletato anche nella fase dell'udienza preliminare e nel predibattimento ex artt. 467 o 554 cod. proc. pen.;

che con successiva memoria l'Avvocatura insiste sul rilievo che, «se la funzione dell'incidente probatorio è quella dell'acquisizione cautelare e anticipata della prova […], non v'è ragione nel caso all'esame […] per temere una lesione del diritto dell'imputato a far acquisire al processo le prove ritenute opportune, atteso che tutte le prove sono previste dal legislatore come normalmente acquisibili dinanzi al giudice del dibattimento».

Considerato che il rimettente dubita della legittimità costituzionale degli artt. 392 e 393 cod. proc. pen. in quanto prevedono che l’incidente probatorio non possa essere chiesto, e quindi ammesso, dopo la scadenza dei termini delle indagini preliminari;

che la disciplina censurata si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., in quanto determinerebbe la violazione del diritto alla prova e, quindi, del diritto di difesa e del principio della parità tra le parti;

che in particolare, dopo che questa Corte con la sentenza n. 77 del 1994 ha reso possibile chiedere l’incidente probatorio anche nel corso dell’udienza preliminare, ad avviso del rimettente sarebbe del tutto privo di ragionevolezza che la richiesta di incidente non possa essere presentata nella fase intermedia tra la scadenza del termine delle indagini preliminari e l’inizio dell’udienza preliminare;

che, in relazione ad una questione analoga a quella oggetto del presente giudizio, la Corte ha avuto occasione di precisare nell’ordinanza n. 118 del 2001 che la ratio dell’estensione operata dalla sentenza n. 77 del 1994 va ricercata nell’esigenza di «garantire l’effettività del diritto delle parti alla prova, che sarebbe altrimenti irrimediabilmente perduta» ove la necessità di assicurare una prova indifferibile sorga «per la prima volta dopo la richiesta di rinvio a giudizio», e che pertanto è il pericolo della perdita irrimediabile della prova a imporne l’assunzione anticipata;

che, di conseguenza, da un lato, ove tale esigenza si presenti tra la conclusione delle indagini e l’inizio dell’udienza preliminare, «non potrebbe non essere assicurata alle parti, anche in tale fase, la facoltà di richiedere l’assunzione della prova in via di incidente; dall’altro sarebbe palesemente incongruo differire la vocatio in ius per l’assunzione di una prova per la quale non sia ravvisabile alcun pericolo nel ritardo»;

che il caso oggi all’esame della Corte si riferisce ad una perizia che dovrebbe essere assunta ex art. 392, comma 2, cod. proc. pen., in quanto, se disposta nel dibattimento, ne determinerebbe presumibilmente una sospensione superiore a sessanta giorni;

che la prova che il rimettente vorrebbe assumere con incidente probatorio non è tra quelle suscettibili di essere esposte al rischio di irrimediabile dispersione, mentre è esclusivamente in considerazione di tale rischio che questa Corte ha ravvisato l’esigenza di «garantire l’effettività del diritto delle parti alla prova», a sua volta espressione del diritto di difesa;

che consentire l'assunzione mediante incidente probatorio di prove non esposte al rischio di irrimediabile dispersione anche dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari comporterebbe una profonda alterazione dei rapporti tra tale fase e il giudizio  e una irragionevole dilatazione della durata delle indagini e, quindi, dei tempi del procedimento;

che, in assenza del pericolo di perdita irrimediabile della prova, anche le censure prospettate dal rimettente in riferimento agli artt. 3 e 111  Cost. si rivelano prive di fondamento;

che la questione va pertanto dichiarata manifestamente infondata in riferimento a tutti i parametri evocati dal rimettente.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 392 e 393 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ancona, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2002.