Ordinanza n. 350 del 2002

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ORDINANZA N. 350

 

ANNO 2002

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori:

 

-     Cesare                    RUPERTO                    Presidente

 

-     Riccardo                CHIEPPA                       Giudice

 

-     Gustavo                 ZAGREBELSKY                   "

 

-     Valerio                   ONIDA                                   "

 

-     Carlo                     MEZZANOTTE                     "

 

-     Fernanda               CONTRI                                 "

 

-     Guido                    NEPPI MODONA                  "

 

-     Piero Alberto         CAPOTOSTI                          "

 

-     Annibale                MARINI                                 "

 

-     Franco                   BILE                                       "

 

-     Giovanni Maria     FLICK                                    "

 

-     Francesco              AMIRANTE                           "

 

-     Ugo                        DE SIERVO                           "   

 

-     Romano                 VACCARELLA                     "   

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 35, 27 e 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), nel testo modificato dalla legge 28 marzo 2001, n. 149 (Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori”, nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile), promosso con ordinanza emessa il 16 ottobre 2001 dal Tribunale di Vicenza, iscritta al n. 966 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2002.

 

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 5 giugno 2002 il Giudice relatore Fernanda Contri.

 

Ritenuto che il Tribunale di Vicenza ha sollevato,  in riferimento agli artt. 2, 3, 10 e 11 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 35, 27 e 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia),  nella parte in cui, in caso di adozione di un minore straniero, dispongono l'attribuzione automatica all'adottato del solo cognome degli adottanti, non consentendo al giudice di disporre che il minore conservi anche il cognome originario;

 

che il giudice a quo è investito dell'esame di una domanda, presentata dal pubblico ministero ai sensi degli artt. 69, 165, 166 e 167 del regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238 (Ordinamento dello stato civile), con la quale è stata promossa d’ufficio la formazione dell'atto di nascita di un minore adottato all’estero;

 

che con successiva domanda integrativa del 21 febbraio 2001, il pubblico ministero chiedeva che il minore potesse mantenere il cognome originario "in uno col cognome degli adottanti", facendo proprie le motivazioni di una istanza in tal senso presentatagli dai genitori adottivi;

 

che a fondamento di tale seconda domanda il pubblico ministero faceva presente come il minore avesse percepito negativamente la perdita del suo cognome originario, vivendo la stessa come una sorta di “amputazione della personalità” e che nello stesso nucleo familiare era già inserita la sorella dell'adottato;

 

che le ragioni esposte dall’istante venivano in seguito confermate dall’istruttoria disposta dal giudice, che accertava che la perdita del cognome era stata vissuta come una espropriazione da parte del minore;

 

che, ad avviso del Tribunale di Vicenza, la domanda del pubblico ministero non potrebbe, in applicazione delle disposizioni impugnate, trovare accoglimento, in quanto il Tribunale per i minorenni di Venezia, con decreto del 1° febbraio 1999, aveva riconosciuto il provvedimento dell'autorità straniera quale affidamento preadottivo del minore e successivamente, con decreto dell'8 agosto 2000, aveva dichiarato l'adozione del minore ordinando la trascrizione dell'atto nei registri dello stato civile;

 

che, secondo il giudice a quo, poiché l'art. 35 della legge n. 184 del 1983 richiama l'art. 27 della stessa legge, deve dedursi che l'adozione internazionale produce gli stessi effetti di quella nazionale e comporta di conseguenza l'automatica attribuzione al minore del solo cognome degli adottanti, come ribadito dal successivo art. 28;

 

che, ad avviso del rimettente, quanto alla attribuzione del cognome al minore adottato all’estero, va verificata la compatibilità con i principi costituzionali dell’impostazione seguita dal legislatore del 1983, confermata dalla novella del 1998, nella parte in cui essa viene "assunta in termini di tale assolutezza da non consentire deroghe neppure in comprovati casi particolari nei quali l'interesse del minore deponga in senso contrario";

 

che, ricordata la giurisprudenza della Corte in tema di tutela del nome quale diritto garantito dall'art. 2 Cost. (sentenze nn. 13 del 1994, 297 del 1996 e 120 del 2001), secondo il giudice a quo la forzosa soppressione del cognome della famiglia di origine potrebbe configurare una violazione del diritto all’identità personale dell'adottato;

 

che, sempre secondo il Tribunale di Vicenza, la rigidità delle disposizioni impugnate è irragionevole, in riferimento all'art. 3 Cost., in quanto non tiene in considerazione l'eventualità che in casi specifici e comprovati l'interesse del minore possa essere più tutelato dal mantenimento, piuttosto che dalla soppressione, del cognome di origine;

 

che, rileva ancora il rimettente, l'art. 10, terzo comma, della legge 22 maggio 1974, n. 357 (Ratifica ed esecuzione della convenzione europea in materia di adozione di minori, firmata a Strasburgo il 24 aprile 1967), prevede espressamente che, come regola generale, l'adottato possa assumere il cognome dell'adottante o aggiungerlo al proprio, secondo un'impostazione più rispettosa dei casi concreti;

 

che il giudice a quo ritiene che tale disposizione "si ponga come parametro per valutare la correttezza costituzionale della disciplina legale denunciata" in riferimento agli artt. 10 e 11 Cost., anche perché la legge n. 476 del 1998, nel modificare l'originaria disciplina della legge n. 184 del 1983 in materia di adozione internazionale, non avrebbe minimamente considerato le norme di detta Convenzione del 1967;

 

che nel giudizio di legittimità costituzionale è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare inammissibile o, in subordine, infondata la questione sollevata dal Tribunale di Vicenza;

 

che preliminarmente la difesa erariale rileva come il riferimento, quali parametri di illegittimità costituzionale, agli artt. 10 e 11 Cost. risulti non pertinente, non avendo il Paese di provenienza del minore sottoscritto le Convenzioni internazionali citate nell'ordinanza di rimessione e non venendo in questione né il rispetto di norme internazionali di natura consuetudinaria, né alcuna limitazione alla sovranità nazionale;

 

che l'Avvocatura osserva che può dubitarsi della rilevanza della questione nel procedimento a quo, che concerne la ricostruzione e la formazione di un atto di stato civile e non gli effetti della già disposta adozione, rilevando come il giudice a quo non  si sia dato minimamente carico di esaminare la disposizione di cui all'art. 95, comma 3, del d.P.R. n. 396 del 2000 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127), secondo cui l'interessato può comunque richiedere il riconoscimento del diritto al mantenimento del cognome originariamente attribuitogli se questo costituisce ormai un autonomo segno distintivo della sua identità personale;

 

che l'Avvocatura ritiene che le norme censurate non siano incompatibili coi principi costituzionali invocati, in quanto dettate per favorire la piena integrazione del minore nel nuovo nucleo famigliare, e che la questione abbia carattere manipolativo, in quanto volta ad introdurre una scelta discrezionale del giudice.

 

Considerato che il Tribunale di Vicenza dubita della legittimità costituzionale del combinato disposto  degli artt. 35, 27 e 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), nella parte in cui, per la adozione di minori stranieri, prevedendo l'automatica attribuzione all'adottato del solo cognome degli adottanti, non consentono che il tribunale possa stabilire che il minore possa conservare anche il cognome originario, per violazione: dell'art. 2 della Costituzione, essendo la possibilità di mantenere il cognome originario un diritto inviolabile della persona; dell’art. 3 Cost., sotto il profilo della ragionevolezza, dal momento che l'automatica attribuzione al minore del solo cognome degli adottanti non terrebbe in considerazione i singoli casi specifici; degli artt. 10 e 11 Cost., perché le disposizioni impugnate non terrebbero in alcuna considerazione le norme della Convenzione europea in materia di adozione di minori, firmata a Strasburgo il 24 aprile 1967, ratificata dalla legge 22 maggio 1974, n. 357;

 

che il giudice rimettente, investito della domanda del pubblico ministero volta alla formazione di un atto di stato civile, censura le disposizioni sull’adozione internazionali dei minorenni - delle quali non deve in alcun modo fare applicazione, essendo esse già state considerate dal competente tribunale per i minorenni - omettendo al contrario di valutare l’incidenza sul procedimento in corso dell’art. 95, comma, 3, del d.P.R. n. 396 del 2000 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127), che consente all'interessato di chiedere il riconoscimento del diritto al mantenimento del cognome originariamente attribuitogli, quando questo costituisce ormai un autonomo segno distintivo della sua identità personale;

 

che la questione sollevata dal Tribunale di Vicenza appare perciò manifestamente inammissibile per irrilevanza, perché le disposizioni impugnate non devono essere applicate dal giudice a quo, chiamato a decidere in materia diversa da quella dell’adozione, sulla quale si è già pronunciato il tribunale minorile competente.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto  degli artt. 35, 27 e 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), nel testo modificato dalla legge 28 marzo 2001, n. 149 (Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori”, nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 10 e 11 della Costituzione, dal Tribunale di Vicenza con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8  luglio 2002.

 

Cesare RUPERTO, Presidente

 

Fernanda CONTRI, Redattore

 

Depositata in Cancelleria il 16 luglio 2002.