Ordinanza n. 343 del 2002

 CONSULTA ONLINE 

 

ORDINANZA N.343

 

ANNO 2002

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

- Cesare RUPERTO, Presidente

 

- Riccardo CHIEPPA    

 

- Gustavo ZAGREBELSKY                                      

 

- Valerio ONIDA           

 

- Carlo MEZZANOTTE

 

- Fernanda CONTRI      

 

- Guido NEPPI MODONA                                        

 

- Piero Alberto CAPOTOSTI                                     

 

- Annibale MARINI      

 

- Franco BILE                

 

- Giovanni Maria FLICK                                            

 

- Francesco AMIRANTE                                           

 

- Ugo DE SIERVO   

- Romano VACCARELLA                            

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), promosso con ordinanza emessa il 26 marzo 2001 dalla Commissione tributaria provinciale di Biella sul ricorso proposto da S.S. Max Eric di Donati e Lavagno contro Comune di Biella, iscritta al n. 577 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell’anno 2001.

 

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 5 giugno 2002 il Giudice relatore Annibale Marini.

 

Ritenuto che, con ordinanza emessa il 26 marzo 2001, la Commissione tributaria provinciale di Biella ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), «laddove non consente al contribuente [...] di dichiarare un valore inferiore a quello risultante dal calcolo aritmetico»;

 

che, ad avviso del rimettente, la norma impugnata, prevedendo che, per i fabbricati iscritti in catasto, il valore imponibile ai fini ICI è costituito da quello che risulta applicando all’ammontare delle rendite catastali, vigenti al 1° gennaio dell’anno di imposizione, i moltiplicatori determinati ai sensi dell’art. 52, ultimo comma, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, si porrebbe in contrasto sia con il diritto di difesa, in quanto precluderebbe al contribuente la dimostrazione dell’effettivo valore dell’immobile, sia con il principio di capacità contributiva, comportando l’applicazione dell’imposta «su un valore determinato in base a criteri astratti»;

 

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di inammissibilità o di infondatezza della questione;

 

che – per quanto riguarda il parametro di cui all’art. 53 della Costituzione - la parte pubblica ricorda innanzitutto che identica questione è stata dichiarata non fondata con sentenza n. 111 del 1997;

 

che, comunque, la determinazione del valore imponibile basata sulla rendita catastale con applicazione di moltiplicatori non contrasterebbe di per sé con il principio di capacità contributiva, rispondendo ad una scelta non irragionevole del legislatore dettata da evidenti esigenze applicative dell’imposta;

 

che l’accertata legittimità del criterio legale di determinazione della base imponibile dell’ICI renderebbe priva di consistenza anche la censura di violazione del diritto di difesa del contribuente;

 

che al contribuente sarebbe, comunque, riconosciuta piena tutela giurisdizionale avverso gli atti attributivi o modificativi della rendita catastale.

 

Considerato che questione identica a quella prospettata dall’odierno rimettente è stata dichiarata non fondata – in riferimento all’art. 53 della Costituzione - con sentenza n. 111 del 1997;

 

che in tale sentenza si afferma, tra l’altro, che il ricorso, per l’accertamento del valore imponibile, a criteri di determinazione legale basati – per evidenti ragioni di uniformità e semplificazione dell’accertamento - sui dati catastali non è di per sé in contrasto con l’evocato parametro costituzionale;

 

che non sussiste, quindi, nemmeno la denunciata violazione dell’art. 24 della Costituzione, considerando anche che la tutela giurisdizionale del contribuente è assicurata dalla possibilità di impugnazione degli atti attributivi o modificativi della rendita catastale,  riconosciuta dall’art. 74 della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure in materia fiscale), anche con riferimento ad atti emanati anteriormente al 1° gennaio 2000 e già divenuti definitivi;

 

che la questione va, pertanto, dichiarata manifestamente infondata.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Biella con l’ordinanza in epigrafe.

 

Cesare RUPERTO, Presidente

 

Annibale MARINI, Redattore

 

Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2002.