Ordinanza n. 314/2002

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ORDINANZA N.314

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Cesare                         RUPERTO                     Presidente

- Massimo                     VARI                              Giudice

- Riccardo                     CHIEPPA                              "

- Gustavo                      ZAGREBELSKY                 "

- Valerio                        ONIDA                                  "

- Carlo                           MEZZANOTTE                    "

- Fernanda                     CONTRI                                "

- Guido                          NEPPI MODONA                "

- Piero Alberto              CAPOTOSTI                         "

- Annibale                     MARINI                                "

- Giovanni Maria          FLICK                                               "

- Francesco                    AMIRANTE                          "

- Ugo                             DE SIERVO                          "

- Romano                      VACCARELLA                   "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 9, n. 2, della legge 28 marzo 2001, n. 149, recte: art. 9, comma 2, della legge 4 maggio 1983, n. 184, nel testo introdotto dall’art. 9 della legge 28 marzo 2001, n. 149 (Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante "Disciplina dell’adozione e dell’affidamento di minori", nonchè al titolo VIII del libro primo del codice civile), promosso con ordinanza emessa il 19 giugno 2001 dal Tribunale per i minorenni di Torino, iscritta al n. 893 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Udito nella camera di consiglio dell’8 maggio 2002 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto che il Tribunale per i minorenni di Torino, con ordinanza emessa il 19 giugno 2001, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, n. 2, della legge 28 marzo 2001, n. 149, recte: art. 9, comma 2, della legge 4 maggio 1983, n. 184, nel testo introdotto dall’art. 9 della legge 28 marzo 2001, n. 149 (Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante "Disciplina dell’adozione e dell’affidamento di minori", nonchè al titolo VIII del libro primo del codice civile), nella parte in cui non prevede il potere del Tribunale per i minorenni di disporre d’ufficio l’apertura della procedura di adottabilità nei confronti di un minorenne;

che la mancata previsione di un potere di iniziativa d’ufficio del Tribunale per i minorenni, organo collegiale a composizione mista, e l’esclusiva attribuzione di tale potere al pubblico ministero, organo monocratico, violerebbe, ad avviso del giudice a quo, gli artt. 2, 3, 30, 31, secondo comma, e 32 della Costituzione;

che, in particolare, sarebbe leso l’art. 2 della Costituzione, in quanto la previsione dell’esclusivo potere di iniziativa del pubblico ministero non offre garanzie di inviolabilità dei diritti del minore ma anzi costituisce uno sbarramento privo di giustificazione all’accertamento delle violazioni dei diritti del minore;

che il contrasto con l’art. 3 della Costituzione deriverebbe dalla considerazione che nelle situazioni di grave pregiudizio permane il potere di intervento d’ufficio del tribunale per i minorenni, ai sensi dell’art. 333 del codice civile, mentre l’apertura della procedura di adottabilità é condizionata al ricorso del pubblico ministero, il quale, oltre ad offrire minori garanzie in quanto organo monocratico, impedisce, qualora non intenda esercitare il potere di iniziativa, una approfondita valutazione collegiale circa la sussistenza dello stato di abbandono;

che, con riferimento all’art. 30 della Costituzione, il Tribunale rimettente afferma che in caso di condotta pregiudizievole dei genitori, la tutela del minore é rimessa non già alla valutazione collegiale di giudici specializzati, bensì all’esercizio del potere di iniziativa del pubblico ministero;

che la violazione dell’art. 31, secondo comma, della Costituzione, deriverebbe dalla constatazione che la gratuità delle procedure, la celerità dei tempi per il compimento di atti e l’impegno anche economico degli enti territoriali rappresentano misure dirette a favorire l’attuazione degli strumenti di protezione del minore, mentre il condizionamento dell’avvio della procedura di adottabilità all’iniziativa del pubblico ministero sarebbe in contrasto con la indicata direzione e con la protezione del minore;

che, infine, sussisterebbe una lesione del diritto alla salute, intesa nella più ampia accezione di bene "psichico-affettivo", che potrebbe essere compromesso qualora alla condotta pregiudizievole di abbandono da parte dei genitori non facesse seguito l’iniziativa del pubblico ministero.

Considerato che l’art. 1, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2001, n. 150 (il quale non é nemmeno menzionato nell’ordinanza di rimessione, benchè anteriore di quasi due mesi alla pronuncia di questa) ha disposto che in via transitoria e fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal titolo II, capo II, della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modifiche, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto medesimo;

che tale decreto-legge é stato convertito, con modificazioni, nella legge 23 giugno 2001, n. 240, con la quale si é confermata l’applicabilità in via transitoria delle previgenti disposizioni processuali fino al 30 giugno 2002;

che pertanto fino alla predetta data del 30 giugno 2002 continuano ad applicarsi le disposizioni processuali contenute nella legge n. 184 del 1983, tra le quali quella prevista dal terzo comma dell’art. 9, che consente l’accertamento della situazione di abbandono anche d’ufficio dal giudice;

che, quindi, la sollevata questione di legittimità costituzionale é del tutto priva di rilevanza, in quanto il giudice a quo non può ancora applicare la norma impugnata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, n. 2, della legge 28 marzo 2001, n. 149, recte: art. 9, comma 2, della legge 4 maggio 1983, n. 184, nel testo introdotto dall’art. 9 della legge 28 marzo 2001, n. 149, (Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante "Disciplina dell’adozione e dell’affidamento di minori", nonchè al titolo VIII del libro primo del codice civile), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 30, 31, secondo comma, e 32 della Costituzione, dal Tribunale per i minorenni di Torino con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 4 luglio 2002.