Ordinanza n. 300/2002

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.300

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-          Cesare Ruperto, Presidente

-          Riccardo Chieppa

-          Gustavo Zagrebelsky

-          Valerio Onida

-          Carlo Mezzanotte

-          Fernanda Contri

-          Guido Neppi MOdona

-          Piero Alberto Capotosti

-          Annibale Marini

-          Giovanni Maria Flick

-          Francesco Amirante

-          Ugo De Siervo

-          Romano Vaccarella

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 54, terzo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), promosso con ordinanza emessa l’8 maggio 2001 dal Tribunale di sorveglianza di Torino nel procedimento di sorveglianza relativo a G.F., iscritta al numero 876 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2001.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio dell’8 maggio 2002 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Torino, dopo aver puntualizzato di aver promosso d’ufficio un procedimento in vista della eventuale revoca della liberazione anticipata compresa in un provvedimento di cumulo, essendosi il condannato reso responsabile di una grave infrazione disciplinare per la quale era verosimile l’inizio di un procedimento penale, poi, peraltro, non avviato per difetto di querela della persona offesa, ha sollevato – in riferimento agli artt. 3, 27, secondo comma, e 112 della Costituzione - questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, terzo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui non prevede che causa di revoca della liberazione anticipata possa essere, oltre alla condanna per delitto, anche l’accertamento, da parte del tribunale di sorveglianza, di un fatto costituente delitto perseguibile a querela per il quale la querela non é stata presentata;

che a parere del giudice rimettente la disciplina impugnata si porrebbe in contrasto con gli artt. 27, secondo comma, e 3 Cost., in quanto il livello di casualità della revoca, determinato dalla libertà di scelta nella presentazione o meno della querela, renderebbe eventuale la correlazione tra la fruizione del beneficio ed il merito penitenziario, incrinando la funzione rieducativa della pena e ponendo al tempo stesso le basi per "abnormi disparità di trattamento" fondate su una decisione privata;

che del pari vulnerati risulterebbero gli artt. 112 e 3 Cost., in quanto la revoca di benefici immeritati assumerebbe connotazioni non dissimili da quelle che caratterizzano l’obbligatorietà della azione penale, sia perchè essa partecipa "dell’originaria obbligatorietà del perseguimento giudiziale del fatto (che, sia pure espresso con riferimento all’agire del pubblico ministero, pare esprimere un principio generale), sia perchè una revocabilità discrezionale sarebbe inconciliabile con il principio di uguaglianza";

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo dichiararsi non fondata la proposta questione.

Considerato che il giudice a quo ha iniziato d’ufficio il procedimento di sorveglianza, nell’ambito del quale é stato sollevato l’incidente di costituzionalità, al limitato fine – come sottolinea l’ordinanza di rimessione - di "...valutare l’ipotesi della revoca della liberazione anticipata..." concessa nei confronti di un condannato, ponendo a base di tale "ipotesi" una "grave infrazione disciplinare" commessa dal condannato medesimo e per la quale poteva reputarsi "probabile" la relativa persecuzione anche in sede penale: così da consigliare l’apertura del procedimento di revoca del beneficio, "...da istruirsi parallelamente all’eventuale processo penale, all’esito del quale, sarebbe stato decidibile";

che alla stregua di tali premesse in fatto emerge, dunque, con chiarezza che il Tribunale rimettente ha iniziato il procedimento di sorveglianza – nel quale é stato poi iscritto il quesito di costituzionalità – al di fuori di qualsiasi base normativa, posto che é lo stesso rimettente a riconoscere che tale procedimento sarebbe stato "decidibile" soltanto all’esito "dell’eventuale" processo penale: una decisione "eventuale", quindi, non soltanto nel merito ma – anche e soprattutto – in rito, in quanto subordinata al realizzarsi di un presupposto non soltanto anch’esso "eventuale" (la condanna), ma addirittura a sua volta dipendente da altra condizione, pure essa "eventuale" (l’inizio del processo penale);

che, pertanto, il procedimento di sorveglianza in oggetto finisce per risultare del tutto eccentrico rispetto al sistema così come positivamente delineato: infatti l’intera sequenza degli atti cui il Tribunale ha nella specie dato vita si configura come una atipica "inchiesta preliminare", priva di una norma che ne legittimasse (e ne imponesse) l’insorgenza; e destinata a chiudersi o con un "non provvedimento" ("non doversi provvedere in ordine alla revoca", come riconosciuto dal rimettente), o con l’effettivo inizio di un legittimo procedimento di sorveglianza per la revoca della liberazione anticipata, ove fosse intervenuta una sentenza di condanna. D’altra parte, non é senza significato, agli effetti che qui rilevano, la circostanza che l’art. 103 del regolamento penitenziario stabilisca, proprio in tema di liberazione anticipata, che l’organo del pubblico ministero competente per l’esecuzione sia tenuto a comunicare al tribunale di sorveglianza "la sentenza di condanna inflitta al soggetto per delitto non colposo commesso durante l’esecuzione della pena": così testimoniando come l’ordinamento non tolleri, in materia, inchieste o accertamenti "preliminari" e configuri – a seguito della sentenza n. 186 del 1995 – la condanna, non più come condizione necessaria e sufficiente per la revoca della liberazione anticipata, ma come "presupposto" che legittima l’inizio del relativo procedimento;

che, di conseguenza, la questione proposta deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 54, terzo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 27, secondo comma, e 112 della Costituzione, dal Tribunale di sorveglianza di Torino con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giugno 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Depositata in Cancelleria il 28 giugno 2002.