Sentenza n. 271/2002

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SENTENZA N.271

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI         

- Riccardo CHIEPPA  

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

- Francesco AMIRANTE        

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 55 del regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127 (Testo delle disposizioni legislative in materia di brevetti per invenzioni industriali), promosso con ordinanza emessa il 2 marzo 2001 dalla Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell’Ufficio italiano brevetti e marchi sul ricorso proposto da Franco Prinari, iscritta al n. 816 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 aprile 2002 il Giudice relatore Franco Bile.

Ritenuto in fatto

1.- Con ordinanza del 2 marzo 2001, la Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell’Ufficio italiano brevetti e marchi ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 9 e 35 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 55 del regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127 (Testo delle disposizioni legislative in materia di brevetti per invenzioni industriali), in quanto la previsione, in esso contenuta, della sanzione della decadenza dal brevetto per invenzione industriale per il mancato pagamento, entro sei mesi dalla scadenza, della tassa annuale dovuta, sarebbe in contrasto con la tutela dello sviluppo della ricerca scientifica e tecnica e del diritto al lavoro, nonchè irragionevole, per non essere proporzionata alla gravità della violazione ed all’esigenza di tutela dell’interesse protetto.

La questione é stata sollevata nel corso del giudizio di impugnazione introdotto da Franco Prinari avverso il provvedimento del 16 dicembre 1998, con il quale l’Ufficio italiano brevetti e marchi ha dichiarato la sua decadenza dal brevetto rilasciatogli il 27 gennaio 1992, relativamente ad un’invenzione indicata con il titolo "servocambio fluidodinamico".

In ordine alla vicenda oggetto di giudizio la rimettente riferisce che l’Ufficio aveva dichiarato la decadenza dal brevetto, con provvedimento del 16 dicembre 1998, nel presupposto dell’omesso pagamento della tassa della quarta e quinta annualità, rispettivamente per il 1991 ed il 1992; che il Prinari aveva impugnato il provvedimento e ne aveva dedotto l’illegittimità per carenza di motivazione ed insussistenza del preteso inadempimento delle due annualità; che nelle conclusioni il ricorrente aveva chiesto anche sollevarsi questione di legittimità costituzionale dell’art. 55 cit. nella parte in cui non prevederebbe un formale atto di diffida per la regolarizzazione preventivo alla decadenza.

La rimettente – ritenuta la tempestività del ricorso - rileva che nel merito esso non apparirebbe fondato ed il provvedimento sarebbe legittimo, giacchè effettivamente non sarebbe stato provato dal ricorrente il pagamento delle due annualità per il 1991 ed il 1992.

2.- La rimettente argomenta, quindi, la non manifesta infondatezza della sollevata questione, osservando che la sanzione della decadenza non sarebbe funzionale alla tutela dell’interesse erariale al prelievo sulle concessioni governative ed anzi lo penalizzerebbe, in conseguenza della perdita delle annualità della tassa di mantenimento per la durata ventennale, che altrimenti avrebbe la privativa. In realtà la decadenza avrebbe una diversa finalità, alla stregua delle seguenti considerazioni: a) nel quadro della garanzia costituzionale della libertà di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.), le privative industriali si presenterebbero <<come regimi eccezionali dell’impresa, in quanto sottraggono temporaneamente alla concorrenza ….. le produzioni tecnicamente innovative>> dando luogo ad un <<privilegio>> per il titolare; b) tanto giustificherebbe l’imposizione al medesimo di particolari oneri e la previsione della sanzione della perdita del privilegio per il caso della loro inosservanza: il pagamento delle annualità di mantenimento sarebbe appunto uno di tali oneri; un altro sarebbe l’attuazione tempestiva e continuata dell’invenzione brevettata.

Tuttavia, pur individuata nei suddetti termini la funzione della decadenza per mancato pagamento delle annualità, tale sanzione sembra alla rimettente eccessivamente rigorosa, in quanto la previsione di oneri per la conservazione delle privative a garanzia della libertà di iniziativa economica dovrebbe avvenire in modo compatibile con gli altri valori costituzionali che il brevetto intende promuovere. Tra questi vi sarebbe quello della tutela del lavoro "in tutte le sue forme ed applicazioni" ex art. 35 della Costituzione e quello dello "sviluppo della ricerca scientifica e tecnica", posto che non potrebbe dubitarsi che l’attribuzione a chi innova o investe risorse economiche nell’innovazione della riserva del suo sfruttamento economico temporaneo <<stimoli il lavoro intellettuale di ricerca applicata all’innovazione tecnica, quanto la destinazione di risorse all’innovazione>>. Sotto tale profilo, secondo la rimettente, la decadenza dal brevetto per mancato pagamento di un tributo, come la tassa di concessione governativa, sarebbe <<una sanzione sovradimensionata rispetto all’inadempimento dell’obbligazione>> in questione, che potrebbe sanzionarsi con una soprattassa o penalità.

Inoltre, risulterebbe di dubbia razionalità, <<nella prospettiva del principio di parità di trattamento, da intendersi come principio di proporzionalità della regola alla realtà regolata (art. 3 della Costituzione)>>. Invero, la restituzione al regime di libera concorrenza dello sfruttamento imprenditoriale della innovazione ed il disconoscimento degli interessi ad una remunerazione del lavoro creativo e degli investimenti dell’inventore, provocati dalla decadenza, sembrerebbero <<risalire ad una illegalità (il mancato pagamento di una tassa) che con la costituzione economica ha poco o nulla a che fare>>, apparendo la regolarità del versamento del tributo funzionale ad interessi di gettito dell’Amministrazione e non già ad <<interessi correlati all’assetto, concorrenziale o monopolistico, del mercato e al contributo che l’assetto prescelto può dare alla crescita tecnologica del Paese>>.

L’irragionevolezza della sanzione della decadenza sarebbe, inoltre, ben più evidente, ove si consideri: a) che l’inadempimento di un onere ben più significativo (in quanto pregiudica l’interesse collettivo a fruire dell’innovazione), quale quello dell’attuazione dell’invenzione brevettata non é sanzionato con la decadenza, bensì con la soggezione del brevettante inerte a licenza obbligatoria "a favore di ogni interessato che ne faccia richiesta" (giusta l’art. 54 del r.d. n. 1127 del 1939, come novellato dal d.P.R. 26 febbraio 1968, n. 849), in linea con quanto dispone il diritto internazionale della proprietà industriale, e particolarmente l’art. 5/A della Convenzione dell’Unione di Parigi del 20 marzo 1883, nel testo riveduto a Stoccolma il 14 luglio 1967 e ratificato in Italia con la legge 28 aprile 1976, n. 424 (Ratifica ed esecuzione di accordi internazionali in materia di proprietà intellettuale, adottato a Stoccolma il 14 luglio 1976) e l’art. 31 del recente Accordo TRIPS (testo di Marrakech del 15 aprile 1994), ratificato in Italia con la legge 29 dicembre 1994, n. 747 (Ratifica ed esecuzione degli atti concernenti i risultati dei negoziati dell’Uruguay Round, adottati a Marrakech il 15 aprile 1994); b) che il diritto comunitario e nazionale (vengono citati gli artt. 30, 81 e 82 del Trattato CE e gli artt. 2 e 3 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, Norme per la tutela della concorrenza e del mercato) a tutela della libertà di concorrenza e della libera circolazione dei prodotti e dei servizi nel mercato interno, pur non rifiutando la privativa offrono come strumento per temperarne gli effetti la repressione della posizione dominante; c) che la precarietà in difetto di regolare versamento della tassa di mantenimento non sussiste per altri diritti di proprietà intellettuale, come la registrazione delle topografie dei prodotti a semiconduttori (legge 21 febbraio 1989, n. 70, Norme per la tutela giuridica delle topografie dei prodotti a semiconduttori), per cui non é prevista una tassa di mantenimento (art. 12 della tariffa allegata al d.P.R. n. 641 del 1972, Disciplina delle tasse sulle concessioni governative), mentre per le c.d. "creazioni utili" (come il software e le banche di dati), che si concreterebbero in <<innovazioni preordinate, al pari delle invenzioni, a risolvere problemi prevalentemente tecnici>>, non é nemmeno prevista una tassa di concessione all’atto della costituzione, in relazione al riconoscimento - pur acquisito, secondo la rimettente, <<all’esito di itinerari normogenetici ben poco lineari>> - della protezione concessa dalla legge sul diritto d’autore (viene citato l’art. 2, nn. 8 e 9 del testo vigente della legge 22 aprile 1941, n. 633, Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio).

Sulla base di tali premesse, la rimettente ha sollevato d’ufficio la questione nei termini innanzi esposti.

3. - E’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato memoria, nella quale ha sostenuto l’infondatezza della sollevata questione, premettendo anzitutto che nell’ordinamento esistono moltissime norme che sanzionano con la decadenza il mancato adempimento di un onere, di qualsivoglia natura, in un determinato termine e che la sanzione apparirebbe giustificata, di volta in volta, dall’esigenza di tutela di contrapposti interessi superiori o di pari livello. Allo stesso modo vi sarebbero altrettanti casi in cui la sanzione sarebbe meno pesante, ma la scelta fra il maggiore o minore rigore sarebbe rimessa al legislatore. La contestazione della ragionevolezza della scelta operata nella fattispecie, svolta dalla rimettente sotto il profilo della violazione del principio di proporzionalità, sarebbe smentita dalla considerazione che la finalità della decadenza di cui trattasi non sarebbe solo di tutelare l’interesse erariale, ma anche quello alla libertà di iniziativa economica.

D’altro canto, la situazione di cui alla norma denunciata non sarebbe assimilabile a quella dell’inadempimento dell’onere di attuazione del brevetto, perchè tale inadempimento potrebbe essere conseguenza di una scelta tattica e provvisoria del brevettante, <<che può avere interesse a congelare la situazione, scelta che il legislatore ha ritenuto contrastabile efficacemente con l’apertura in favore dei terzi per l’ottenimento di una licenza obbligatoria>>, mentre l’inerzia del brevettante, in caso di mancato pagamento della tassa, in quanto protrattasi oltre un ragionevole lasso di tempo, sarebbe stata ritenuta sintomo di <<un disinteresse a cospetto del quale non v’é ragione di mantenere la tutela speciale>>.

Nell’imminenza della camera di consiglio, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria illustrativa, nella quale, richiamando l’art. 90 del r.d. n. 1127 del 1939, argomenta che, per effetto di esso, il titolare del brevetto incorso nella decadenza potrebbe usufruire di un ulteriore termine per evitarla, sia pure nei casi in cui possa dimostrare di avere usato la massima diligenza ai fini dell’osservanza del termine scaduto. Tale argomento confermerebbe l’insussistenza della irragionevolezza della scelta del legislatore di far discendere la decadenza dal mancato pagamento della tassa annuale.

Considerato in diritto

1. - La Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell’Ufficio italiano brevetti e marchi propone - in riferimento agli articoli 3, 9 e 35 della Costituzione – la questione di legittimità costituzionale dell’art. 55 del regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127 (Testo delle disposizioni legislative in materia di brevetti per invenzioni industriali), secondo cui <<il brevetto decade per mancato pagamento entro sei mesi dalla scadenza della tassa annuale dovuta>>.

2. - La legittimazione della Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell’Ufficio italiano brevetti e marchi a sollevare giudizi di costituzionalità in via incidentale é stata affermata implicitamente dall’ordinanza n. 77 del 1971, ed espressamente dalla sentenza n. 158 del 1995 e da altre.

3. – La questione non é fondata.

4. – La violazione degli artt. 9 e 35 della Costituzione é argomentata dalla rimettente sotto il profilo che la sanzione comminata per il mancato tempestivo pagamento della tassa annuale sarebbe eccessivamente rigorosa, in particolare sotto il profilo della sua incompatibilità con i valori costituzionali della promozione dello "sviluppo della ricerca scientifica e tecnica" (art. 9) e della tutela del lavoro "in tutte le sue forme ed applicazioni" (art. 35).

5. - La norma impugnata non viola l’art. 9 della Costituzione.

L’interesse tutelato da tale precetto - soddisfatto nel momento in cui, consentendosi all’autore dell’invenzione industriale di brevettarla, si rende particolarmente conveniente la correlata attività inventiva - non é certamente sacrificato dalla comminazione della decadenza dal brevetto per il mancato pagamento della tassa annuale. Infatti, essendo stata l’attività inventiva già svolta, il solo modo in cui la <<ricerca tecnica>> può al riguardo progredire attiene alle modalità di sfruttamento dell’invenzione, e la decadenza dal brevetto comporta, con la generale fruibilità dell’invenzione, l’ampliamento della platea di coloro che a quello sfruttamento possono procedere.

6. - Infondata é anche la censura di violazione dell’art. 35 della Costituzione.

Il parametro - invocato in modo generico - non é pertinente, in quanto il lavoro intellettuale dell’inventore trova riconoscimento all’atto della concessione del brevetto, mentre il pagamento della tassa annuale di mantenimento coinvolge piuttosto la possibilità dello sfruttamento economico dell’invenzione, che é tutelato invece dall’art. 41 della Costituzione, non considerato dall’ordinanza di rimessione.

E comunque, ove pure la decadenza dal brevetto incidesse sull’attività lavorativa del brevettante, la preclusione della continuazione di questa attività derivante dalla decadenza - correlandosi al mancato pagamento della tassa annuale, e quindi caratterizzandosi in termini sanzionatori - non può di per sè ledere l’art. 35 della Costituzione.

7. – Il contrasto con l’art. 3 Cost. é ravvisato anzitutto sotto il profilo dell’irragionevolezza intrinseca della sanzione per difetto di proporzione, in quanto la restituzione al regime di libera concorrenza dello sfruttamento imprenditoriale dell’innovazione ed il disconoscimento dell’interesse ad una remunerazione del lavoro creativo e degli investimenti dell’inventore, provocati dalla decadenza, sembrano alla rimettente <<risalire ad una illegalità (il mancato pagamento di una tassa) che con la costituzione economica ha poco o nulla a che fare>>, essendo la regolarità del versamento del tributo funzionale ad interessi di gettito dell’Amministrazione (che potrebbero essere soddisfatti con l’imposizione di una soprattassa o penalità) e non già ad <<interessi correlati all’assetto, concorrenziale o monopolistico, del mercato e al contributo che l’assetto prescelto può dare alla crescita tecnologica del Paese>>.

8. - La censura é infondata.

La norma impugnata prevede sostanzialmente una sanzione per il mancato pagamento di una tassa di concessione governativa.

Orbene, in tema di sanzioni, quale che sia la natura della violazione sanzionata, il legislatore ha un’ampia discrezionalità in ordine all’individuazione delle condotte sanzionabili, nonchè della tipologia e della misura delle sanzioni (cfr., da ultimo, ordinanze n. 282, n. 260, n. 60 e n. 33 del 2001 e n. 175 del 2000).

Ciò non significa che il concreto esercizio di tale potere discrezionale sia sottratto al controllo di conformità al principio di ragionevolezza, ma comporta che la violazione di quest’ultimo sia configurabile solo se l’irragionevole esercizio della discrezionalità risulti in modo palese (cfr. ordinanza n. 60 del 2001), nel senso che la concreta determinazione della sanzione da parte del legislatore esuli all’evidenza dal novero delle possibili scelte adeguate al caso, e quindi sconfini nell’arbitrarietà.

Nella specie, é vero che - come afferma la rimettente – la norma impugnata tutela un interesse erariale (correlandosi la sanzione al mancato pagamento di una tassa di concessione) e che questo interesse potrebbe essere soddisfatto anche con il pagamento di una soprattassa o di una penalità o comunque in modo diverso dalla decadenza dal brevetto.

Ma il legislatore - scegliendo, in una vasta tipologia di sanzioni astrattamente applicabili, proprio la decadenza dal brevetto come la misura più adatta a colpire il mancato pagamento della tassa annuale – ha evidentemente inteso collegare il mantenimento della privativa ad un persistente interesse del brevettante.

Questa scelta - volta a garantire l’effettiva attuazione della privativa - non può considerarsi irragionevole, tenendo anche conto dell’art. 47 del r.d. n. 1127 del 1939, che ammette il brevettante al pagamento tardivo della tassa annuale, con una soprattassa, nei sei mesi successivi alla scadenza del termine di pagamento, e dell’art. 90 dello stesso decreto, che concede al brevettante incorso nella decadenza pur avendo usato la massima diligenza esigibile di chiedere, entro l’anno dalla scadenza del termine, di essere <<reintegrato nei suoi diritti>> e di poter quindi effettuare, nei sei mesi successivi a tale scadenza, il pagamento tardivo della tassa annuale, con una soprattassa.

9. - In secondo luogo, il contrasto con l’art. 3 Cost. é prospettato dal giudice rimettente sotto il profilo che la fattispecie in esame sarebbe disciplinata in modo ingiustificatamente diverso rispetto al trattamento riservato: a) al ben più significativo inadempimento, idoneo a pregiudicare l’interesse collettivo a fruire dell’innovazione, consistente nella mancata attuazione dell’invenzione brevettata, sanzionato non con la decadenza, bensì con la soggezione del brevettante inerte a licenza obbligatoria "a favore di ogni interessato che ne faccia richiesta" (art. 54 del r.d. n. 1127 del 1939, novellato dal d.P.R. 26 febbraio 1968, n.849); b) ad altri diritti di proprietà intellettuale, come la registrazione delle topografie dei prodotti a semiconduttori (legge 21 febbraio 1989, n. 70), per cui non é prevista una tassa di mantenimento (art. 12 della tariffa allegata al d.P.R. n. 641 del 1972), o come le c.d. "creazioni utili" (quali le banche di dati), per cui non é prevista nemmeno una tassa di concessione all’atto della costituzione, in relazione al riconoscimento della protezione concessa dalla legge sul diritto d’autore (art. 2, n. 9, della legge 22 aprile 1941, n. 633, come modificato dall’art. 2 del d.lgs. 6 maggio 1999, n.169).

10. – Anche questa censura é infondata.

La diversa sanzione comminata dal citato art. 54 per il caso di mancata attuazione del brevetto non é comparabile alla decadenza per mancato pagamento della tassa annuale, perchè il comportamento sanzionato é del tutto diverso da quello considerato dalla norma impugnata; perchè di fronte ad esso il brevettante non ha rimedi che lascino immutata la sua situazione (e dunque solo in apparenza la sanzione appare meno grave della decadenza); e perchè il comportamento sanzionato presuppone il pagamento della tassa in questione.

Infine, le altre due situazioni ricordate non prevedono, rispettivamente, nè la tassa di mantenimento nè quella di concessione e tale diverso regime - espressione di discrezionalità del legislatore - rende di conseguenza impossibile un confronto con la situazione di cui alla norma censurata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 55 del regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127 (Testo delle disposizioni legislative in materia di brevetti per invenzioni industriali), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 9 e 35 della Costituzione, dalla Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell’Ufficio italiano brevetti e marchi, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 giugno 2002.

F.to:

Cesare RUPERTO, Presidente

Franco BILE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 24 giugno 2002.