Ordinanza n. 265/2002

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ORDINANZA N.265

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

- Ugo DE SIERVO

- Romano VACCARELLA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 458, comma 1, del codice di procedura penale e del combinato disposto degli artt. 458, comma 1, e 556, comma 1, dello stesso codice, promossi, nell'ambito di diversi procedimenti penali, con ordinanze emesse il 25 giugno e il 26 settembre 2001 dal Tribunale di Savona, iscritte ai nn. 875 e 975 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 2001 e n. 3, prima serie speciale, dell'anno 2002.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell'8 maggio 2002 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che con due ordinanze, emesse nell'ambito di diversi procedimenti in data 25 giugno 2001 (r.o. n. 875 del 2001) e 26 settembre 2001 (r.o. n. 975 del 2001), il Tribunale di Savona, dapprima in composizione collegiale e poi in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale, rispettivamente, dell’art. 458, comma 1, del codice di procedura penale (r.o. n. 875) e del combinato disposto degli artt. 458, comma 1, e 556, comma 1, dello stesso codice (r.o. n. 975), nella parte in cui non prevedono "che nel caso di giudizio immediato l’imputato possa formulare la richiesta di giudizio abbreviato fino all’apertura del dibattimento di primo grado";

che nella ordinanza n. 875 del 2001 il Tribunale premette che la richiesta di giudizio abbreviato, essendo stata proposta "nei preliminari del dibattimento e dopo la scadenza del termine perentorio prescritto dall’art. 458, comma 1, c.p.p.", dovrebbe essere ritenuta inammissibile perchè tardiva ai sensi della disposizione impugnata;

che nella ordinanza n. 975 del 2001 il rimettente precisa che, a seguito di decreto di giudizio immediato del 30 aprile 2001, del quale era stato dato avviso al difensore il 3 maggio e che era stato notificato all’imputato il successivo giorno 7, il difensore munito di procura speciale aveva avanzato richiesta di giudizio abbreviato all’udienza dibattimentale del 19 settembre 2001;

che la richiesta, presentata oltre il termine previsto a pena di decadenza dal comma 1 dell’art. 458, sarebbe inammissibile, in quanto il comma 1 dell’art. 556 cod. proc. pen. non consente - in deroga alla disciplina generale - che la richiesta di riti alternativi possa essere proposta fino all’apertura del dibattimento anche nelle ipotesi in cui l’udienza preliminare sia venuta a mancare perchè si é proceduto con giudizio immediato;

che, nel merito, in entrambe le ordinanze i rimettenti rilevano che la disciplina denunciata violerebbe gli artt. 3 e 24 Cost.: l’imputato risulta infatti privato del diritto alla "difesa tecnica" proprio quando é chiamato ad una opzione da cui discendono effetti processuali e sostanziali di grande rilievo, con conseguente ingiustificata disparità di trattamento del soggetto nei cui confronti si procede con giudizio immediato rispetto a chi é tratto a giudizio nelle forme ordinarie ovvero mediante giudizio direttissimo o con citazione diretta, dal momento che in queste ipotesi il termine ultimo per la proposizione della richiesta di giudizio abbreviato cade in un’udienza nella quale l’imputato "é garantito dall’assistenza obbligatoria del difensore";

che a seguito del decreto che dispone il giudizio immediato l’imputato si troverebbe invece ad affrontare la scelta di chiedere o meno il giudizio abbreviato senza usufruire della assistenza obbligatoria del difensore, in quanto l’iniziativa di ricorrere alla difesa tecnica é rimessa alla sua "diligenza" e capacità di comprendere il significato dell’avviso relativo alla facoltà di chiedere il giudizio abbreviato, contenuto nel decreto notificatogli;

che le peculiarità del giudizio immediato, che richiede il previo interrogatorio dell'imputato e l'evidenza della prova, non giustificano, ad avviso del rimettente, tale disparità di trattamento, in quanto nell’interrogatorio dinnanzi al pubblico ministero la presenza del difensore non é obbligatoria e l’imputato non può prevedere la scelta del pubblico ministero di chiedere il giudizio immediato;

che, inoltre, nell’ipotesi in cui tale scelta venga poi effettuata, l'imputato non ha neppure diritto all’avviso di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen.;

che nei giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate;

che, in particolare, nell'atto di intervento relativo alla questione sollevata con l’ordinanza n. 875 del 2001 l’Avvocatura rileva che, alla stregua della giurisprudenza di legittimità, il termine concesso per la richiesta di giudizio abbreviato é frutto di una scelta legislativa "caratterizzata da una interna coerenza con un sistema di giudizi, diversi da quello ordinario, in cui la speditezza é il canone principale nella delimitazione della normativa positiva";

che, quanto alla questione sollevata con l’ordinanza n. 975 del 2001 l’Avvocatura si riporta integralmente alla memoria prodotta in relazione alla questione iscritta al n. 655 del r.o. del 2001 e decisa con la sentenza n. 120 del 2002.

Considerato che in entrambe le ordinanze i rimettenti dubitano, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale della disciplina - prevista dall'art. 458, comma 1, del codice di procedura penale, da solo (r.o. n. 875 del 2001) e in combinato disposto con l'art. 556, comma 1, dello stesso codice (r.o. n. 975 del 2001) - che, nel caso in cui venga emesso decreto di giudizio immediato, non consente di formulare richiesta di giudizio abbreviato sino all'apertura del dibattimento di primo grado;

che, stante la pressochè totale identità delle questioni sollevate, va disposta la riunione dei relativi giudizi;

che in sostanza i rimettenti lamentano che l'imputato si trovi a dover operare una scelta da cui derivano rilevanti conseguenze di ordine processuale e sostanziale senza essere necessariamente assistito dal difensore e, quindi, senza potersi avvalere della "difesa tecnica", mentre quando l'imputato é tratto a giudizio nelle forme ordinarie, ovvero quando si procede con giudizio direttissimo o con citazione diretta, il termine per formulare la richiesta di giudizio abbreviato coincide con un'udienza, sia essa quella preliminare ovvero quella dibattimentale, nella quale l'assistenza del difensore é obbligatoria;

che tale vuoto di "difesa tecnica" determinerebbe appunto una irragionevole disparità di trattamento e un'ingiustificata violazione del diritto di difesa;

che ad avviso dei rimettenti l'effettività del diritto di difesa sarebbe garantita solo ove l'imputato possa esercitare la facoltà di proporre la richiesta di giudizio abbreviato nel corso di un'udienza nella quale sia obbligatoria l'assistenza di un difensore;

che, al fine di sanare i denunciati profili di incostituzionalità, quando la richiesta di giudizio abbreviato venga formulata a seguito del decreto di giudizio immediato, il termine di decadenza dovrebbe quindi essere posticipato sino all'apertura del dibattimento;

che, ove si tenga conto della pluralità di moduli procedimentali che concorrono a formare il vigente sistema processuale, risulta fuorviante attribuire alle regole dettate per uno o più procedimenti il valore di modello a cui omologare la diversa disciplina prevista per altri riti, ispirata da peculiari situazioni e ragioni processuali che hanno indotto il legislatore, alla stregua di scelte non prive di coerenza sistematica, ad accelerare l'iter procedimentale, eliminandone fasi e momenti ritenuti superflui;

che, se le diverse scadenze del termine entro cui deve essere formulata la richiesta di giudizio abbreviato vengono apprezzate alla luce delle peculiarità dei differenti modelli di procedimento, emerge che ad essere chiamato a decidere sulla richiesta di tale rito é sempre il primo giudice investito del processo a seguito dell'esercizio dell'azione penale;

che, nel caso in cui l'azione penale venga esercitata mediante richiesta di giudizio immediato, rivolta a norma dell'art. 454 cod. proc. pen. al giudice per le indagini preliminari, é coerente con i caratteri di celerità e di economia processuale del giudizio abbreviato che sia tale giudice ad essere direttamente investito della richiesta del rito, evitandosi così un'inutile attivazione della fase dibattimentale;

che, al fine di soddisfare l'esigenza che la scelta del giudizio abbreviato possa essere esercitata consapevolmente, é necessario che all'imputato sia assicurata la possibilità di conferire preventivamente con il proprio difensore e che questi a sua volta possa avere a disposizione un tempo ragionevole per consultare gli atti del procedimento e per esprimere una ponderata valutazione circa la convenienza del rito;

che, proprio per dare concreta attuazione al diritto alla difesa tecnica, questa Corte con la sentenza n. 120 del 2002, successiva alle ordinanze di rimessione, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 458, comma 1, cod. proc. pen. nella parte in cui prevede che il termine entro cui l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato decorre dalla notificazione del decreto di giudizio immediato, anzichè dall'ultima notificazione, all'imputato o al difensore, rispettivamente del decreto ovvero dell'avviso della data fissata per il giudizio immediato;

che le questioni sollevate dai rimettenti debbono pertanto essere dichiarate manifestamente infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 458, comma 1, del codice di procedura penale e del combinato disposto degli artt. 458, comma 1, e 556, comma 1, dello stesso codice, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Savona, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 giugno 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 20 giugno 2002.