Ordinanza n. 224/2002

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ORDINANZA N. 224

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Massimo VARI, Presidente

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 59, commi 5 e 6, e 63 del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole), promosso con ordinanza del 19 settembre 2000 dal Tribunale di Taranto, iscritta al n. 515 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 13 marzo 2002 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto che, con ordinanza del 19 settembre 2000, pervenuta a questa Corte il 25 maggio 2001, il Tribunale di Taranto in composizione monocratica, in qualità di giudice dell’esecuzione penale – chiamato a decidere su una istanza di revoca di una sentenza di condanna definitiva, a seguito della affermata abrogazione della norma incriminatrice sulla cui base la condanna era stata pronunciata –, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 76 e 77, primo comma, della Costituzione, dell’articolo 63 del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole), nella parte in cui abroga l’articolo 21 della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall’inquinamento) e le tabelle A e C ad essa allegate, nonchè dell’articolo 59, commi 5 e 6, del medesimo d.lgs. n. 152 del 1999, nella parte in cui, prevedendo, ai fini della configurazione della fattispecie penalmente sanzionata dello scarico di acque reflue industriali, ovvero di una immissione occasionale, soltanto le sostanze indicate nella Tabella 5 dell’Allegato 5, e non anche i coliformi totali e fecali, esclude che questi ultimi possano costituire l’oggetto materiale della fattispecie incriminatrice;

che il remittente rileva che lo scarico da insediamento produttivo, contenente coliformi totali e fecali in concentrazioni superiori ai limiti fissati (n. 47 e n. 48 della Tabella C allegata alla legge n. 319 del 1976), costituiva reato contravvenzionale ai sensi dell’art. 21, terzo comma, della stessa legge n. 319 del 1976; che tale art. 21 é stato abrogato dall’art. 63 del d.lgs. n. 152 del 1999; che l’art. 59, commi 5 e 6, del d.lgs. n. 152 del 1999, invece, prevede una sanzione penale solo per lo scarico o la immissione occasionale che superi "i valori limite fissati nella tabella 3 dell’allegato 5 in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5, ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome"; che tra le sostanze indicate nella tabella 5 non figurano i coliformi totali e fecali; che la sostanza "Esterichia coli" (corrispondente a quelle precedentemente indicate come coliformi totali e fecali) é prevista solo nelle tabelle 3 e 4 dell’Allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 1999, e in relazione ad essa il superamento dei limiti é punito con sola sanzione amministrativa;

che, secondo il remittente, la depenalizzazione della fattispecie in esame, così realizzata – cui conseguirebbe l’impossibilità di assoggettare il fatto pregresso a sanzione, dato il carattere non retroattivo delle norme sanzionatorie amministrative –, sarebbe in contrasto con i criteri direttivi della delega sulla cui base é stato emanato il d.lgs. n. 152 del 1999, disposta dal Parlamento con l’art. 1 della legge n. 146 del 1994, e successivamente prorogata dall’art. 6 della legge n. 52 del 1996 e nuovamente prorogata e integrata dall’art. 17 della legge n. 128 del 1998;

che tali criteri, contenuti negli articoli 2, 7 e 37 della legge n. 146 del 1994, e ribaditi dagli artt. 2 e 7 della legge n. 52 del 1996 e dagli artt. 2, 8, 10 e 17 della legge n. 128 del 1998, avrebbero comportato, secondo il giudice a quo, il divieto di degradare ad illeciti amministrativi le condotte, in materia di tutela delle acque dall’inquinamento, qualificate come reati dalle leggi previgenti;

che pertanto, secondo il remittente, le norme denunciate sarebbero costituzionalmente illegittime per eccesso di delega;

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, in quanto si sostanzierebbe nella richiesta di una non consentita pronuncia additiva in malam partem in materia penale, e comunque infondata.

Considerato che, successivamente all’emissione dell’ordinanza di rimessione (depositata il 19 settembre 2000), é entrato in vigore il d.lgs. 18 agosto 2000, n. 258 (Disposizioni correttive e integrative del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, a norma dell'articolo 1, comma 4, della legge 24 aprile 1998, n. 128), pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale del 18 settembre 2000, il cui art. 23 ha fra l’altro sostituito il comma 5 dell’art. 59 del d.lgs. n. 152 del 1999, assoggettando alla sanzione penale dell’arresto fino a due anni e dell’ammenda da cinque a cinquanta milioni lo scarico che "supera i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’allegato 5 ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’autorità competente a norma degli articoli 33, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5";

che, in relazione a tale sopravvenienza normativa, spetta al giudice remittente pronunciarsi, ai fini della rilevanza della questione sollevata, sia sulla portata dell’innovazione, valutando se essa sia eventualmente tale da comportare nuovamente l’assoggettamento a sanzione penale della fattispecie considerata nel giudizio a quo, sia sui problemi che possono porsi in ordine all’incidenza, nel giudizio di revoca di una condanna definitiva a seguito di abrogazione della norma incriminatrice, di una norma sopravvenuta che, in ipotesi, ripristini la fattispecie penale già abolita;

che, pertanto, gli atti devono essere restituiti al giudice a quo per un nuovo esame della rilevanza della questione alla luce della normativa sopravvenuta.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Taranto.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2002.

Massimo VARI, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2002.