Ordinanza n. 202/2002

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ORDINANZA N.202

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI         

- Riccardo CHIEPPA  

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI    

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK        

- Francesco AMIRANTE        

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 438 del codice di procedura penale, promosso, nell'ambito di un procedimento penale, con ordinanza emessa il 27 febbraio 2001 dal Tribunale di Saluzzo, iscritta al n. 659 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 2001.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 aprile 2002 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che il Tribunale di Saluzzo ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97, 101 e 111 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 438 del codice di procedura penale, <<nella parte in cui non prevede il diritto del pubblico ministero di intervenire sulla richiesta di rito abbreviato formulata dall'imputato esprimendo consenso o dissenso motivato, nonchè effettuando autonoma richiesta di integrazione probatoria, e nella parte in cui non prevede autonomo potere del giudice di decidere sulla ammissibilità della richiesta>>;

che il rimettente premette che, a seguito di una richiesta di rito abbreviato avanzata dall'imputato, il pubblico ministero ha eccepito la illegittimità costituzionale dell'art. 438 cod. proc. pen., per contrasto con gli artt. 101 e 111 Cost.;

che il giudice a quo, nel condividere le osservazioni del pubblico ministero, sostiene che le modifiche alla disciplina del giudizio abbreviato, introdotte dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479, hanno reso l'istituto non più conforme ai richiamati parametri costituzionali;

che, ad avviso del rimettente, il mancato riconoscimento in capo al pubblico ministero della possibilità di interloquire in merito alla richiesta dell’imputato di giudizio abbreviato, e la mancata previsione sia della possibilità di chiedere una eventuale integrazione probatoria, sia di proporre appello avverso la sentenza di condanna - al di là della limitata ipotesi della modifica del titolo del reato - sarebbero in contrasto con l'art. 111 Cost. e, in particolare, con il principio che ogni processo deve svolgersi nel contraddittorio delle parti e in condizioni di parità davanti ad un giudice terzo e imparziale;

che la disciplina del rito abbreviato violerebbe inoltre l'art. 101 Cost. perchè, trasformando il diritto dell'imputato alla scelta del rito in un <<diritto soggettivo assoluto a conseguire in via automatica il beneficio della riduzione di pena>>, renderebbe il giudice <<soggetto alla volontà di una sola parte processuale>>;

che la attribuzione agli imputati di vantaggi significativi e del tutto ingiustificati violerebbe il principio di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione, in quanto la riduzione della pena anche nelle ipotesi in cui il giudice deve procedere ad <<una lunga e dispendiosa attività d'integrazione probatoria>> contraddice la ratio del rito speciale, consistente nella abbreviazione dei tempi processuali per il mancato svolgimento dell'istruttoria dibattimentale;

che il rimettente ritiene infine violato l'art. 3 Cost. per la equiparazione di situazioni del tutto diverse riguardanti, da un lato, gli imputati che chiedono il giudizio abbreviato ex art. 438, comma 1, cod. proc. pen. e che in tal modo consentono una effettiva riduzione dei tempi processuali e, dall'altro, gli imputati che, richiedendo una attività di integrazione probatoria, ne provocano, sostanzialmente, la dilatazione;

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, richiamando la sentenza n. 115 del 2001, con la quale analoghe questioni sono state dichiarate non fondate.

Considerato che con sentenza n. 115 del 2001 la Corte ha dichiarato non fondate le medesime questioni di legittimità costituzionale dell'art. 438 cod. proc. pen., sollevate in riferimento agli stessi parametri e sulla base di argomentazioni sostanzialmente analoghe a quelle prospettate dall'attuale rimettente;

che, successivamente, con ordinanza n. 425 del 2001 la Corte ha dichiarato manifestamente infondate identiche questioni di legittimità costituzionale sollevate, in riferimento agli stessi parametri, dal medesimo Tribunale;

che altre analoghe questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Saluzzo, sono state dichiarate manifestamente infondate con ordinanza n. 427 del 2001;

che, non essendovi motivi per discostarsi dalle considerazioni svolte e dalle conclusioni raggiunte nelle menzionate decisioni, le questioni vanno dichiarate manifestamente infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 438 del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 97, 101 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Saluzzo con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 maggio 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 16 maggio 2002.