Ordinanza n. 175 del 2002

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ORDINANZA N. 175

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 11 del decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 1995, n. 236 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 21 giugno 1995, n. 120, recante disposizioni urgenti per il funzionamento delle università), promosso con ordinanza emessa il 5 luglio 2000 dal Tribunale amministrativo regionale per il Molise, iscritta al n. 64 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visti l’atto di costituzione delle parti private nel giudizio principale nonchè l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 29 gennaio 2002 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;

uditi l’avvocato Orazio Abbamonte per le parti private nel giudizio principale e l’avvocato dello Stato Alessandro De Stefano per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che nel corso di un giudizio promosso avverso il decreto con cui il Rettore dell’università del Molise respingeva la domanda di reinquadramento formulata da alcuni dipendenti ai sensi dell’articolo 11 del decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 1995, n. 236 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 21 giugno 1995, n. 120, recante disposizioni urgenti per il funzionamento delle università), il Tribunale amministrativo regionale per il Molise, con ordinanza in data 5 luglio 2000, ha sollevato questione di legittimità costituzionale del predetto art. 11, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione;

che la disposizione censurata prevede che i dipendenti delle università per stranieri di Perugia e di Siena statizzati ai sensi degli artt. 26 e 27 della legge 29 gennaio 1986, n. 23 (Norme sul personale tecnico ed amministrativo delle università), nonchè i dipendenti tecnici e amministrativi assunti in ruolo ai sensi della legge 2 maggio 1984, n. 116 (Norme per il conferimento delle supplenze del personale non docente delle università e degli istituti di istruzione universitaria), anche se inquadrati su posti delle nuove carriere, possano beneficiare dell’inquadramento nei profili professionali delle qualifiche funzionali in base alle mansioni di fatto svolte;

che, secondo il giudice remittente, tale trattamento di favore sarebbe privo di ogni ragionevole giustificazione se considerato alla luce della ratio della disposizione, che intenderebbe ricollocare il personale non docente delle università, già in servizio alla data di entrata in vigore della legge 11 luglio 1980, n. 312 (Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato) e pertanto titolare delle qualifiche del sistema per carriere, nel nuovo ordinamento per qualifiche funzionali e mirerebbe ad estendere il criterio di inquadramento in base alle mansioni di fatto esplicate al personale assunto successivamente, ma sempre su posti appartenenti al vecchio ordinamento per carriere;

che nell’ordinanza di rimessione si ricorda che l’inquadramento per mansioni era stato originariamente disposto dall’art. 85 della legge n. 312 del 1980 nei riguardi del personale universitario in servizio alla data del 1° luglio 1979, ma, in seguito anche ai ritardi di alcune università nella attuazione del sistema delle qualifiche funzionali, anche successivamente a tale data altro personale non docente era stato inquadrato su posti previsti dal vecchio ordinamento per carriere, così da rendere necessario un nuovo intervento normativo, con l’obiettivo di reinquadrare detto personale nei profili professionali delle qualifiche funzionali sulla base delle mansioni effettivamente svolte (art. 1 legge 21 febbraio 1989, n. 63, recante "Disposizioni per alcune categorie di personale tecnico ed amministrativo delle università");

che, ad avviso del giudice a quo, tratto comune a tutte le disposizioni testè menzionate sarebbe la circostanza che il personale da inquadrare secondo il nuovo ordinamento era titolare di posizioni di lavoro qualificate secondo il sistema per carriere, sicchè la normativa appariva comunque diretta ad inquadrare per la prima volta tale personale nelle nuove figure professionali, mentre la fattispecie disciplinata nel censurato art. 11, relativa a personale già inquadrato su posti propri del nuovo ordinamento per qualifiche funzionali, verrebbe a configurare una ipotesi del tutto distinta, cui sarebbe estranea la finalità di disciplinare il passaggio dal vecchio al nuovo sistema di inquadramento;

che per tale motivo la disposizione oggetto dello scrutinio di costituzionalità finirebbe con l’attribuire una più favorevole collocazione professionale a personale già inquadrato secondo il nuovo assetto;

che l’avere riservato tale reinquadramento solo al personale statizzato delle università per stranieri di Perugia e di Siena ed al personale precario assunto in ruolo ai sensi della legge n. 116 del 1984 darebbe corpo ad una discriminazione in danno dei dipendenti di tutte le università che risultino già titolari di posizioni di lavoro definite in base all’ordinamento per profili professionali e qualifiche funzionali e svolgano di fatto mansioni più elevate rispetto a quelle ad essi formalmente conferite.

che, infatti, nessun peculiare elemento, secondo il TAR remittente, potrebbe valere a differenziare la situazione dei dipendenti statizzati delle predette università rispetto al restante personale universitario direttamente assunto ed inquadrato su posti propri del nuovo ordinamento;

che la parte privata, nell’atto di costituzione, ha aderito alla prospettazione del TAR remittente, evidenziando come la finalità della disposizione censurata sia quella di creare una perfetta corrispondenza, all’interno del personale tecnico e amministrativo delle università, tra pianta organica di fatto e inquadramenti giuridici;

che proprio tale finalità renderebbe manifesta la ingiustificata limitazione dell’inquadramento secondo le mansioni di fatto al solo personale universitario delle università per stranieri di Perugia e Siena;

che conseguentemente si chiede a questa Corte di estendere la disciplina di favore al restante personale universitario che versi in analoga situazione;

che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ed ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque infondata;

che la difesa erariale rileva come la disposizione censurata abbia un evidente carattere di specialità, e ritiene che questo ne dovrebbe escludere la generalizzazione;

che secondo l’Avvocatura, seppure la disciplina derogatoria apparisse priva di giustificazione, dovrebbe comunque dichiararsi l’illegittimità della norma di privilegio, non certo estendere indiscriminatamente la disciplina d’eccezione fino a conferirle connotati di generalità;

che inoltre la posizione del personale delle università di Perugia e di Siena presenterebbe aspetti del tutto peculiari, che giustificherebbero un loro differente trattamento;

che tali università avevano infatti carattere non statale, sicchè i rapporti di lavoro con il personale erano regolati in base a contratti di diritto privato, di modo che l’inquadramento del personale nei rispettivi livelli non era analogo a quello del personale delle università statali;

che dunque, a seguito della statizzazione dei due Atenei, con la correlativa equiparazione dei rapporti di lavoro a quelli delle altre università, restava da soddisfare l’esigenza di omologare i criteri di inquadramento attraverso la verifica degli inquadramenti precedentemente disposti e delle mansioni concretamente esercitate;

che, in conclusione, la disposizione censurata risulterebbe del tutto giustificata.

Considerato che la legge 11 luglio 1980, n. 312, nel disciplinare il passaggio dal sistema delle carriere a quello delle qualifiche funzionali, ha inquadrato il personale universitario in servizio alla data del 1° luglio 1979 secondo il criterio delle mansioni di fatto svolte (art. 85);

che l’articolo 1 della legge 21 febbraio 1989, n. 63, ha successivamente disposto l’inquadramento per mansioni in favore di coloro che siano stati assunti o inquadrati dopo il 1° luglio 1979 su posti di ruolo delle carriere previste dal precedente ordinamento o che comunque non abbiano potuto beneficiare dell’inquadramento per mansioni previsto dalla legge n. 312 testè citata;

che l’art. 11 del decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120 – oggetto della questione odierna - , oltre ad estendere la possibilità di inquadramento secondo mansioni al personale assunto su posti di ruolo del sistema per carriere fino al 31 agosto 1992, ha disposto in favore dei dipendenti delle università per stranieri di Perugia e di Siena, nonchè dei dipendenti tecnici e amministrativi "precari" assunti in ruolo ai sensi della legge 2 maggio 1984, n. 116, l’inquadramento nei profili professionali delle qualifiche funzionali secondo le mansioni di fatto svolte;

che il giudice remittente, assumendo che l’art. 11 citato consenta un "nuovo" inquadramento per mansioni alle categorie di personale sopra enumerate, che ne avrebbero già beneficiato all’atto dell’inquadramento su posti del nuovo ordinamento per qualifiche, denuncia l’irragionevole discriminazione prodotta in danno del restante personale universitario, pur esso inquadrato nei profili professionali delle qualifiche funzionali e tuttavia non ammesso al nuovo inquadramento per mansioni;

che proprio tale premessa argomentativa si rivela tuttavia erronea;

che deve in primo luogo negarsi che il personale della università per stranieri di Perugia sia stato inquadrato secondo i criteri posti nell’art. 85 della legge n. 312 del 1980;

che la Corte dei conti, con la deliberazione della sezione di controllo n. 68 del 27 aprile 1993, muovendo dal presupposto che il rapporto che legava l’università per stranieri di Perugia al proprio personale fosse di natura privatistica, aveva affermato che i dipendenti della suddetta università non erano destinatari della legge n. 312 del 1980 in quanto essi, al tempo dell’entrata in vigore di questa legge, non erano ancora stati inseriti nei ruoli statali, ed aveva aggiunto che nei loro confronti non trovava applicazione neppure la disciplina dettata dall’art. 1 della legge n. 63 del 1989, concludendo che il personale non docente non aveva titolo a conseguire l’inquadramento nella qualifica superiore, in corrispondenza alle mansioni esercitate;

che, alla luce di tale indirizzo interpretativo, che trova conferma nella giurisprudenza amministrativa, risulta evidente come al personale non docente dell’università per stranieri di Perugia e di Siena, inquadrato in ruolo in base alla normativa speciale di cui agli artt. 26 e 27 della legge 29 gennaio 1986, n. 23, non sia applicabile la normativa transitoria diretta a governare il passaggio dal sistema delle carriere a quello delle qualifiche funzionali;

che del resto l’art. 8 della legge 19 ottobre 1999, n. 370 (Disposizioni in materia di università e di ricerca scientifica e tecnologica), ha chiarito che la disposizione sulla quale si appunta il dubbio di legittimità costituzionale all’esame di questa Corte "si interpreta, per la parte riguardante il personale delle Università per stranieri di Perugia e Siena, nel senso che i benefici di cui all’art. 1 della legge 21 febbraio 1989, n. 63 si applicano al personale tecnico ed amministrativo inquadrato nei ruoli delle predette Università con la sola esclusione di quello che, successivamente all’inquadramento di cui all’art. 27 della legge 29 gennaio 1986, n. 23, abbia già eventualmente usufruito dei benefici di cui all’art. 85 della legge 11 luglio 1980, n. 312";

che dunque il legislatore, in sede di interpretazione autentica, ha inteso inequivocabilmente escludere che la disposizione censurata possa trovare applicazione nei confronti di personale delle università di Perugia e Siena, il quale, dopo la statizzazione dei due atenei ed il conseguente mutamento di regime del rapporto di lavoro, abbia beneficiato di un inquadramento nei profili professionali delle qualifiche funzionali secondo le mansioni di fatto esplicate;

che, quanto infine al personale precario assunto ai sensi della legge n. 116 del 1984, il relativo inquadramento é avvenuto a seguito del superamento di un concorso nazionale riservato per l’immissione nelle qualifiche funzionali iniziali per le quali tale personale fosse in possesso dei prescritti requisiti e in quelle per le quali fosse stata conferita la supplenza o che corrispondessero alla relativa carriera (art. 2 legge 2 maggio 1984, n. 116);

che anche in tal caso, dunque, l’inquadramento non é avvenuto sulla base delle mansioni effettivamente svolte, che costituivano semmai il presupposto per la partecipazione al concorso nazionale riservato;

che pertanto l’art. 11 del decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120, trovando applicazione nei confronti di categorie di personale, che, a vario titolo, non siano state inquadrate nei profili professionali delle qualifiche funzionali secondo il criterio delle mansioni svolte, si sottrae alle censure di costituzionalità ad esso mosse, in quanto appare diretto non già a definire un regime giuridico di favore, bensì a perequare la posizione delle categorie di personale in essa considerate a quella del restante personale tecnico amministrativo delle università, il quale, avvalendosi dell’art. 85 della legge n. 312 del 1980 e, successivamente, dell’art. 1 della legge n. 63 del 1989, aveva già beneficiato di un inquadramento "per mansioni" nei profili professionali delle qualifiche funzionali;

che la questione di legittimità costituzionale, formulata sulla scorta di un erroneo presupposto interpretativo, deve essere dichiarata manifestamente infondata;

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 11 del decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 1995, n. 236 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 21 giugno 1995, n. 120, recante disposizioni urgenti per il funzionamento delle università), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Molise con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 maggio 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 10 maggio 2002.