Ordinanza n. 169 del 2002

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ORDINANZA N.169

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 43, comma 1, del codice di procedura penale, promossi, nell'ambito di diversi procedimenti penali, con ordinanze emesse il 20 e il 21 marzo 2001 dal Tribunale militare di Torino, iscritte ai nn. 736 e 737 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 2001.

Visti l'atto di costituzione dell'imputato nel procedimento relativo al giudizio promosso con l'ordinanza iscritta al n. 736 del registro ordinanze 2001, nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 26 marzo 2002 il Giudice relatore Guido Neppi Modona;

udito l'avvocato dello Stato Giuseppe Nucaro per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che con ordinanza del 20 marzo 2001 (r.o. n. 736 del 2001) il Tribunale militare di Torino ha sollevato, in riferimento agli artt. 25, primo comma, 101 e 108 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 43, comma 1, del codice di procedura penale, nella parte in cui, secondo l'interpretazione della Corte di cassazione, prevede, "nel caso di magistrato astenutosi o ricusato, la sua sostituzione con altro magistrato esterno, applicato per quel solo procedimento";

che il Tribunale rimettente - premesso che la Corte di cassazione ha ripetutamente affermato il principio, ribadito con la sentenza n. 3106 del 20 aprile 1999 emessa nel procedimento a quo, che la rimessione del processo ad altro giudice, ai sensi degli artt. 43, comma 2, e 11 cod. proc. pen., é consentita solo quando é impossibile procedere alla sostituzione del giudice astenutosi o ricusato mediante gli istituti di ordinamento giudiziario della supplenza e dell'applicazione - rileva come non possa "essere considerata legittima una applicazione, o una supplenza esterna, disposta discrezionalmente dal Presidente della Corte Militare d'Appello, destinata specificamente per un unico e determinato procedimento, in quanto si viene a costituire concretamente il giudice per un determinato procedimento, e quindi, posteriormente alla fissazione del processo, in contrasto con l'art. 25 Cost.";

che pertanto solo l'applicazione di un magistrato designato in base a criteri predeterminati, disposta per sopperire a esigenze di ufficio per una serie indefinita di processi, e comportante la "stabilità del magistrato applicato nell'ufficio di destinazione", potrebbe ritenersi compatibile con il parametro evocato;

che, ad avviso del rimettente, l'art. 43 cod. proc. pen., nell'interpretazione datane dalla Cassazione, violerebbe anche gli artt. 101 e 108 Cost.;

che infatti, nonostante l'art. 5-bis della legge 23 dicembre 1996, n. 652, imponga sempre la rimessione del procedimento al tribunale viciniore quando non sia possibile provvedere alla sostituzione del giudice mediante l'istituto della supplenza interna o, al massimo, dell'applicazione all'ufficio giudiziario, l'interpretazione reiteratamente seguita della disposizione censurata, consentendo di procedere sempre alla sostituzione dei magistrati togati costituenti il collegio mediante il meccanismo della supplenza "esterna" e dell'applicazione per il processo, rende "nella pratica pressochè inapplicabile il disposto degli artt. 43, comma 2, cod. proc. pen. e 5-bis della legge n. 652 del 1996", e si pone così in contrasto con l'art. 101 Cost.;

che, inoltre, seguendo l'interpretazione della Cassazione, nelle ipotesi di rimessione il relativo provvedimento dovrebbe essere preso "dal Presidente del Tribunale come organo monocratico, in quanto sarebbe assurdo integrare l'organo collegiale con altro magistrato esterno al solo fine di pronunciare una valida ordinanza di rimessione";

che la norma censurata si porrebbe quindi in contrasto anche con l'art. 108 Cost.: poichè l'ordinamento giudiziario militare, a differenza di quello ordinario, non prevede l'istituto del giudice monocratico, non essendo ad esso applicabile, in parte qua, il decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, sarebbe la "interpretazione creativa" della Corte di cassazione, e non l'opera del legislatore, a determinare "la creazione di un giudice monocratico nell'ordinamento giudiziario militare";

che, quanto alla rilevanza - premesso che nel caso in questione il Collegio giudicante é stato integrato da un "consigliere della Corte militare di Appello di Verona, inviato in supplenza esterna "per alcuni procedimenti" fissati per l'udienza del 7 novembre 1997", ma al posto del magistrato designato avrebbe potuto essere chiamato "qualunque altro magistrato militare con funzioni giudicanti" - il rimettente osserva che l'eventuale accoglimento della questione di legittimità costituzionale, determinando "la nullità di tutti i provvedimenti di applicazione e di supplenza effettuati", condurrebbe necessariamente alla rimessione del procedimento al Tribunale militare di La Spezia, rendendo "illegittima la competenza del Tribunale militare di Torino, che quindi, anche se oggi in composizione regolare, rimarrebbe carente di potere giurisdizionale, e pronuncerebbe, pertanto, una sentenza nulla";

che con ordinanza del 21 marzo 2001 (r.o. n. 737 del 2001) il Tribunale militare di Torino ha sollevato nell'ambito di altro procedimento penale analoga questione di legittimità costituzionale;

che nel giudizio a quo, diversamente dall'altro, la competenza del Tribunale militare di Torino non risulta peraltro individuata a seguito di pronuncia della Cassazione;

che in entrambi i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo, con identici atti, che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata;

che, in particolare, l'Avvocatura rileva che appare in linea con i principi costituzionali il ricorso alla rimessione del procedimento solo nei casi in cui non é in alcun modo possibile la sostituzione del giudice astenutosi o ricusato, atteso che la rimessione, come più volte affermato dalla Corte di cassazione, é un istituto di carattere eccezionale, in quanto implica la sottrazione dell'imputato al giudice naturale;

che con successive identiche memorie l’Avvocatura generale osserva che "l’apertura riconosciuta dalla Suprema Corte alla disposizione processuale in esame si pone quale misura eccezionale volta ad assicurare, con l’imparzialità del giudizio, il concreto rapido esercizio della funzione giurisdizionale in determinati particolari casi", sicchè la norma impugnata non appare lesiva del principio di cui all’art. 25 Cost.;

che nel giudizio promosso con la ordinanza iscritta al r.o. n. 736 del 2001 si é costituito l'imputato nel procedimento a quo, rappresentato e difeso dall'avvocato Gilberto Lozzi;

che la parte privata rileva che l'art. 43, comma 1, cod. proc. pen. consente la sostituzione del giudice astenutosi o ricusato esclusivamente mediante l'istituto della supplenza con altro magistrato dello stesso ufficio, non essendo invece prevista l'applicazione dall'esterno ad processum, chiaramente lesiva del principio del giudice precostituito per legge, come puntualizzato nella Relazione al Progetto preliminare del codice di procedura penale;

che in mancanza di supplenti dovrebbe dunque essere applicato il comma 2 dello stesso articolo, che contempla l'istituto della rimessione del processo ad altro ufficio giudiziario, in base ai criteri, obiettivi e predeterminati, di cui all'art. 11 cod. proc. pen.;

che a tale lettura dell'art. 43, comma 1, cod. proc. pen. si oppone la interpretazione che la Corte di cassazione, nel solco della sua costante giurisprudenza, ha ribadito nel processo a quo, e che pertanto tale norma, così interpretata, si pone in contrasto con l'art. 25 Cost., dato che a formare l'organo giudicante interverrebbe un magistrato scelto post factum per quel determinato processo;

che la parte privata, nel condividere, con riguardo sia alla non manifesta infondatezza sia alla rilevanza della questione, le argomentazioni svolte nell'ordinanza di rimessione, della quale vengono riportati ampi stralci, conclude per la declaratoria di incostituzionalità, in parte qua, dell'art. 43, comma 1, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 25, primo comma, 101 e 108 Cost.

Considerato che con due ordinanze sostanzialmente identiche, emesse in distinti procedimenti, il Tribunale militare di Torino censura l'art. 43, comma 1, del codice di procedura penale, per contrasto con gli artt. 25, primo comma, 101 e 108 della Costituzione, nella parte in cui, secondo l'orientamento interpretativo della Corte di cassazione, consente, nel caso di giudice astenutosi o ricusato, la sua sostituzione con altro magistrato esterno, applicato per quel solo procedimento;

che, stante l'identità delle questioni di legittimità costituzionale, deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi;

che quanto alla rilevanza, con riferimento all'ordinanza r.o. n. 736 del 2001 il rimettente - premesso che il collegio giudicante era stato integrato da un "consigliere della Corte militare di appello di Verona, inviato in supplenza esterna "per alcuni procedimenti" fissati per l'udienza del 7 novembre 1997" - osserva che l'eventuale accoglimento della questione di legittimità costituzionale "produrrebbe la nullità di tutti i provvedimenti di applicazione e di supplenza effettuati secondo i parametri fin qui considerati, […] con conseguente, necessaria rimessione del presente procedimento presso il Tribunale Militare di La Spezia";

che ad avviso del rimettente la competenza del Tribunale militare di Torino sarebbe dunque illegittima, in quanto, anche se oggi "con composizione regolare", il Tribunale "rimarrebbe carente di potere giurisdizionale, e pronuncerebbe […] una sentenza nulla";

che, come emerge dalla stessa ordinanza di rimessione, il collegio che ha sollevato la questione era composto da magistrati appartenenti all'organico del Tribunale militare di Torino e non risulta che in alcuna precedente udienza in cui il collegio era stato integrato dal giudice supplente siano stati assunti atti o presi provvedimenti processualmente rilevanti ai fini del giudizio a quo;

che pertanto la censurata "supplenza esterna" é rimasta del tutto priva di effetti e non é più comunque attuale;

che analoghe considerazioni in ordine alla rilevanza vengono svolte nell'ordinanza r.o. n. 737 del 2001, ove si dà parimenti atto che la questione di legittimità costituzionale viene sollevata da collegio in "composizione regolare";

che le questioni vanno pertanto dichiarate manifestamente inammissibili per difetto di rilevanza.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 43, comma 1, del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 25, primo comma, 101 e 108 della Costituzione, dal Tribunale militare di Torino, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 aprile 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 7 maggio 2002.